Cultura

È nato Patria Grande: il portale d’informazione sull’America Latina

Patria Grande è un portale d’informazione nato a causa delle difficoltà che oggi si hanno nel veicolaire un punto diverso sulle vicende latinoamericane. Questo sito d’informazione vuole dare un punto di vista che riesca ad essere altro rispetto a quello filostatunitense.

Patria Grande

Patria Grande

Patria Grande vuole riportare notizie da fonti autorevoli, per aggirare un blocco di comunicazione che limita la diffusione veritiera di alcune notizie e di altre che non vengono diffuse. Nel portale ci sono giornalisti e militanti che, dal Continente e dall’Italia, si spendono per questa causa e per un’informazione che sia il meno possibile plagiata.

Il nome del sito Grande Patria viene dal sogno di Simon Bolivar che scaturisce dall’idea del socialismo moderno.

Come afferma Michela Arricale, avvocato e militante storica della sinistra in Irpinia:

Veniamo da esperienze diverse ma abbiamo deciso di sforzarci per proporre un terreno unitario d’informazione e solidarietà con l’America Latina, che vogliamo sognare come una unica Patria Grande.

All’interno del nuovo sito si troveranno articoli in italiano e in altre lingue, per favorire il contributo di tutti i media alternativi dotati di credibilità politica e professionale nell’ambito latinoamericano.

Candidata Europee 2019

Michela Arricale

Prosegue Michela Arricale nel delucidare meglio le esigenze di Patria Grande:

Crediamo ci sia bisogno di ripristinare informazioni corrette e che trovino spazio le ragioni e le battaglie di chi nei media ufficiali è senza voce. Pensiamo che Patria Grande possa essere un luogo dove tutti i soggetti della solidarietà e tutti gli operatori dell’informazione possano trovare la loro casa.

Dall’inizio del terzo millennio, quando si celebravano i funerali delle ideologie che hanno animato il ‘900, proprio l’America Latina è diventata il paradigma dello scontro tra idealità inconciliabili. Dal golfo del Messico fino al Polo Sud è uno scontro tra due modelli socioeconomici opposti: uno, per molti aspetti ancora dominante, ha nel liberismo monetarista la sua identità, aumenta le ricchezze per pochi e la povertà per molti; l’altro, di orientamento socialista, nel suo governare ha indicato l’idea di crescita economica quale strumento per la riduzione delle disuguaglianze, ridurre la povertà e costruire nel rispetto degli indicatori dell’indice Gini il suo modello di governo.

È uno scontro che riproduce in questa fase storica il conflitto tra capitalismo e socialismo con l’esperienza socialista che viene osteggiata, negata nelle sue ragioni e occultata nel suo sviluppo.

Oggi alle ore 18:oo presso la Libreria Odradek in Via dei Banchi Vecchi 57 a Roma si terrà la presentazione di Patria Grande.

Noi vi facciamo un grosso in bocca al lupo!

I quattro dell’Ave Donato Zoppo: 1969, Beatles, Harrison ed una canzone

Zebra Crossing in verticale sulla copertina di questo suo ultimo libro, come una foto in negativo, dati i colori invertiti, e quattro strisce nere in tutto, come a significare le quattro distinte personalità che furono i Beatles alla fine dei frizzanti anni 60.

Something di Donato Zoppo

Something di Donato Zoppo

John, Paul, Ringo e, soprattutto, lui, George, alias The Quiet One, il tipo più tranquillo dei quattro, dove dietro quella pacatezza si nascondono in realtà delle qualità ineccepibili, soffocate dall’incombenza creativa del duo Lennon- McCartney.

L’ultimo lavoro del giornalista e scrittore sannita Donato Zoppo, Something – Il 1969 dei Beatles e una canzone leggendaria (G.M. Press), per la collana Songs, consiste in una delicatissima ricerca nell’interiorità del chitarrista e compositore George Harrison, ed in particolare nella storia che interessò quest’ultimo durante la composizione del brano Something, compreso nel celebre disco Abbey Road – e rieccole le strisce!-, un album che pose davvero fine, anche se in una maniera stilistica davvero notevole, alla tormentata parentesi che interessò i Fab Four durante l’ultimo periodo della loro faticosa convivenza.

Sta in una tasca, questo libro, e se posso permettermi, la ridotta dimensione, insieme all’artwork molto minimal della copertina, donano a questo saggio una preziosità che ha bisogno però di essere svelata con la stessa destrezza con cui si legge un libro di ricette “finger food”; la sua ridotta mole di cento pagine racchiude in realtà un mondo che allo scrittore musicologo avrebbe occupato una considerevole porzione di tempo, e se si pensano alle meticolose ricerche svolte, e all’incredibile capacità di comprimere il tutto in una soluzione da “easy reading”, può far venire in mente, a qualche appassionato dell’età del jazz, l’eleganza con cui Pietro Citati descrisse nell’altresì piccolo saggio La Morte della Farfalla la focosa e infine tormentata vicenda di Francis Scott Fitzgerald e della sua Zelda.

Donato Zoppo

Donato Zoppo

Sì, signore e signori seguaci del rock ‘n roll: “l’amour fou” come quello dei Fitzgerald c’entra eccome in questa ultima fatica di Donato Zoppo: il brano che emerge dai delicati momenti di tensione, ma anche di straordinarie capacità interpretative e musicali degli ultimi Beatles, partorito dalla mente di George Harrison, Something, è in realtà una canzone d’amore, e probabilmente una delle più belle del secolo scorso, riadattata in qualcosa come altre centocinquanta cover interpretate da artisti famosi e non. La stupenda dedica che il chitarrista dei Beatles fece in onore di Patricia Anne Boyd, meglio conosciuta come Pattie, allora sua moglie, considerata come una delle muse ispiratrici del rock. Anche Layla di Eric Clapton fu scritta per lei, ma questo avvenne qualche anno dopo, e fu un’altra storia…

Quasi come a immaginare Brian Jones dei Rolling Stones, oggi pressoché dimenticato, che proprio in quel 1969 perse la vita a ventisette anni in circostanze misteriose, e rivalutarlo come se non avesse voluto mai soccombere ai fumi delle droghe e ai cocktail di farmaci e alcolici, e si fosse fatto rivalutare come la vera stella tra i mostri sacri Jagger e Richards, rinascendo a nuova vita.

Così George Harrison, per davvero, lavorò strenuamente per la paura che i suoi brani venissero rifiutati, tra la ragguardevole lista delle canzoni funzionalissime di John Lennon e Paul McCartney, e non si perse troppo d’animo, come Brian Jones – quest’ultimo però licenziato dagli Stones- , e senza dar spazio alle frustrazioni che gli suggerivano scarsa autostima, s’intromise con la forza delle sue ottime capacità inventive già nel mastodontico White Album dell’anno precedente.

Eravamo nel 1968 e gli scontri sociali incombevano, mentre i Fab Four davano vita al disco che ispirasse una “rivoluzione”, sia in termini di long playing che di iniziazione all’importanza dei Working Class Heroes lennoniani. Proprio lì il nostro George Harrison vi inserì un suo pezzo che conquistò un 45 giri, il lato B di Lady Madonna, ossia The Inner Light.

Altri ce ne furono in passato, e tutti accentuarono il tocco espressivo in continuo mutamento che gratifica ed intensifica gli album in questione, come la Taxman di Revolver del 1966.

Riaccostandoci ancora un’ultima volta al mito di Brian Jones, come quest’ultimo, anche George Harrison sviluppò la tecnica del sitar, particolare strumento a corde dal suono avvolgente, e Donato Zoppo, in tale occasione, ci ricorda quanto sia stato importante il suo avvicinamento alla cultura indiana, soprattutto se si prendono in considerazioni le “liaisons”che intercorrono tra questi esempi di artisti particolarmente ispirati e le altre culture, anche quelle all’apparenza più lontane, che in qualche modo hanno condizionato il loro modo di scrivere, e di porsi, soprattutto, intensificandone il riflesso ai più curiosi e organizzandone una vera e propria cultura di massa.

Donato Zoppo applica un ragionamento sano e funzionale, anche se volutamente sintetizzato al meglio, per irradiare la giusta luce su un personaggio chiave come George Harrison, che con la sua forza emotiva e il suo carisma, quest’ultimo però svelatosi in conseguenza alle rotture interne dei Beatles causate anche da scartoffie legali per i diritti d’autore da tutelare, arrivò addirittura a minacciare l’uscita dalla band, se gli altri non avessero tirato dritto e badato anche alle sue, di richieste. Lo fece anche Ringo, a suo tempo, l’anno precedente, e stranamente la data coincise perfettamente con l’istanza di divorzio di Cynthia Lennon nei confronti del marito.

Spiega Donato Zoppo:

Harrison è un po’ più distaccato rispetto alla fama, è attento a quello che gli accade intorno, dai guru indiani che inanella con devozione sulla copertina di Sgt. Pepper agli aspetti economici del suo lavoro, dall’interesse per la soul music e il folk rock all’amicizia con Bob Dylan. Mentre gli exploit individuali di John e Paul sono percepiti come interni al microcosmo Beatles (…), gli episodi firmati Harrison risultano come suoi, non organici al gruppo. In pratica un solista all’interno della sua band, le cui canzoni sono scatti d’individualità.

Insieme alla storia di una canzone, che è l’apoteosi del pensiero di un chitarrista mito; il 1969, anno di meraviglie musicali, concerti cult e di utopie figlie della fu Summer of Love; i Beatles, che attraversarono tutti i Sixties, influenzandoli con il loro stile in continuo mutamento; George Harrison, figlio di un’apertura musicale e culturale che avrebbe innalzato lo stendardo di più culture condivise; tutto ciò si affronta nel saggio Something.

Mi chiedo: questo percorso biografico sui Beatles, probabilmente iniziato da Donato Zoppo già nella prefazione al libro Revolution di Francesco Brusco, saggio che racconta il ’68 dei Fab Four, avrà dunque un sequel, così come ha affrontato negli anni le sue ricerche su Lucio Battisti?

Io spero di sì, considerando la qualità dei suoi lavori precedenti su Area, King Crimson, PFM, o Genesis, e spero davvero che ancora possa focalizzare l’attenzione su un musicista in particolare, valutandone la sua ottica all’interno di un microcosmo di una rock band, sottolineando gli effetti di un successo senza limiti, azzerandone le potenzialità d’immagine, ed acutizzando la valutazione caratteriale e comportamentale, e di quanto possa essere quest’ultima distorta dagli onori dell’Olimpo dei più Grandi.

Carmine Maffei

Malamore: la personale di Valentina Del Gaudio sul femminicidio

Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, una ricorrenza istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Questa data non è stata scelta a caso ma per ricordare l’assassinio delle tre sorelle Mirabal, avvenuto appunto il 25 novembre del 1960.

Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal, vissute durante gli anni della dittatura trujillista, tra le più dure dell’America Latina, decisero di impegnarsi nella lotta contro l’oppressione, prendendo parte al Movimento 14 di giugno, sotto la direzione di Manolo Travares Justo, all’interno del quale Minerva e Maria Teresa Mirabal si facevano chiamare con il nome in codice Mariposas (farfalle).

Questo gruppo politico clandestino si diffuse molto rapidamente e venne scoperto dalla polizia segreta di Trujillo, che perseguitò tutti i membri. Le sorelle Mirabal e i rispettivi coniugi furonno arrestati ma le donne vennero liberate alcuni mesi dopo, a differenza dei mariti che restarono in prigione.

Malamore di Valentina Del Gaudio

Malamore di Valentina Del Gaudio

Il 25 novembre del 1960 mentre le sorelle Mirabal, accompagnate dall’autista Rufino de la Cruz stavano andando a fare visita ai loro mariti nella città di Puerto Plata, vennero bloccate e furono condotte in una piantagione di canna da zucchero dove furono uccise a bastonate. I loro corpi senza vita furono rimessi nel veicolo su cui stavano viaggiando che venne fatto precipitare da un dirupo, per simulare un incidente.

Installazione di Valentina Del Gaudio

Installazione di Valentina Del Gaudio

Per commemorare la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, Valentina Del Gaudio ha esposto la sua personale dedicata al femminicidio. La mostra dell’artista resterà esposta per una settimana al Castello D’Aquino di Grottaminarda.

Valentina Del Gaudio

Opera di Valentina Del Gaudio

Malamore è il nome che Valentina Del Gaudio ha scelto per la sua mostra perché è l’amore malsano, incentrato sulla violenza fisica, verbale e psicologica, che ogni anno conduce molte donne alla morte.

La personale è molto toccante perché i quadri di Valentina Del Gaudio non si esprimono attraverso simbologie e tratti pittorici da interpretare; le figure rappresentate vengono messe a nudo nella loro sofferenza, solitudine e fragilità. Questi sono tutti stati d’animo e condizioni psicologiche che accompagnano le donne vittime di violenza prima di arrivare all’epilogo: la loro morte.

Prima di entrare nel cuore pulsante di Malamore, lo spettatore si trova all’interno di una installazione in cui vengono mostrati i significati di quelle azioni che appartengono all’amore violento da cui non può nascere nulla di positivo.

Quadro di Valentina Del Gaudio

Quadro di Valentina Del Gaudio

Valentina Del Gaudio pone l’attenzione non solo sulle vittime del femminicidio ma cerca di sensibilizzare anche le figure familiari che, molto spesso, si rendono conto della situazione in cui la vittima si trova e reagiscono con l’omertà, anch’essa una forma di violenza silenziosa che non aiuta a superare il problema e ad evitare la morte.

Le donne vittime di violenza vivono una situazione delicata: si sentono sole, abbandonate e, molto spesso, non si rendono conto della gravità del problema che stanno vivendo, che le condurrà alla morte. Dunque è anche compito dei familiari e degli amici cercare, per come si può, di essere un sostegno e di non lasciare che le donne vittime di violenza vivano nella loro paura e nella solitudine.

Catash: Francesca Tiresia Mazzoni e Carlo Corso esordiscono con il loro progetto

È nato Catash, il progetto di poesia performativa, composto da Francesca Tiresia Mazzoni e Carlo Corso.

Catash

Catash

Catash utilizza l’arte della parola in versi fondendola con il suono vibrante delle percussioni e del sound mediterraneo. I testi sono penetranti come lo è la musica che sottolinea l’intensità delle parole e dei contenuti trattati.

Usando le parole di Francesca Tiresia Mazzoni:

Catash è un connubio tra la poesia orale e la musica percussiva.

Francesca Tiresia Mazzoni

Francesca Tiresia Mazzoni

L’intento di Catash è quello di creare una connessione tra il linguaggio e il suono. Per scoprire meglio questo nuovo progetto non vi resta che guardare il video della performance tenutasi a Benevento.

Buona visione!

La poesia performativa di I AM/You FM

Nello Luciano, in arte I Am/You FM, apre il suo progetto per caso ma con un’idea di fondo che ha come tematica il rapporto dell’essere rispetto al mondo circostante e alla società moderna. Il nome I AM/You FM prende spunto da due concetti chiave: l’Essere in senso ontologico (I Am, io sono) e l’esigenza di comunicare (AM come modulazione di frequenza, minore di quella FM che, invece, ha un legame più lineare tra frequenza e messaggio).

Usando le stesse parole di Nello Luciano:

 Quello dell’Io sono, sottointendendo una prima persona in senso lato, è un concetto che viene obbligatoriamente messo in relazione a quello che viene filosoficamente chiamato mondo sensibile, più accessibile, più accessibile ma non per questo sentito come proprio.

I AM/You FM: video

I AM/You FM

I AM/You FM si avvicina alla poesia performativa nel 2010, quando si imbatte in Poeti in lizza, un torneo nazionale di Torino incentrato sulla poetry slam, un mondo completamente nuovo per lui perché ai tempi non esisteva ancora il suo progetto di poesia performativa.

Nello Luciano si nutre da sempre di classici: da piccolo resta affascinato dall”800 e dal ‘900, con una maggiore propensione per il neorealismo magico ovvero per autori come Italo Calvino, Franz Kafka, Milan Kundera e Dino Buzzati.

Successivamente I AM/You FM  si avvicina alla poesia come lettura. Oggi predilige il surrealismo dal punto di vista delle arti visive in senso lato (musica, cinema e pittura). Dalla fusione delle sue passioni: scrittura e musica nasce il suo progetto di poesia performativa.

Eddie Verso

Nello Luciano

I AM/You FM e la sua poesia performativa

I temi principali di cui parlano le poesie di I AM/You FM sono incentrati principalmente su tematiche filosofiche come l’aderenza dell’Io rispetto al mondo sensibile in epoca moderna con un riferimento velato al saggio La costruzione logica del mondo (1928) di Rudolf Carnap e Martin Heidegger per quanto riguarda le sue teorie sul concetto del nulla.

I AM/You FM è affascinato dalle tematiche che riguardano lo spazio ed il tempo associato al simbolismo e alle diverse strade d’interpretazione sociologica.

Il concetto di spazio ha influenzato molto la sua scrittura perché Nello Luciano è interessato alla riflessione sul rapporto tra uomo e spazio circostante ovvero come e quanto il mondo circostante ci forma e ci plasma.

Ecco un altro estratto di Fulgori, serata dedicata alla poesia performativa, svoltasi a Benevento e organizzata da Fautrix EcoVineria, Francesca Mazzoni e da Vittorio Zollo.

Dal primo ascolto della performance di I Am/You FM: le pause, l’incalzare delle parole pesate, pesanti e pensanti riportano alla mente la recitazione di Emidio Clementi, cantante dei Massimo Volume ma ogni suggestione è soggettiva, dunque a ciascuno la propria.

Buona scoperta!

In fondo alla caverna di Alessandro Perna: un viaggio di sola andata nel mondo penale minorile

In fondo alla caverna (2018), pubblicato da Graus Editore, è il primo romanzo di Alessandro Perna, avvocato penalista specializzato in legislazione penale minorile. Il libro è composto da diciassette storie, che mostrano il mondo penale minorile, fatto di esistenze in bilico tra legale ed illegale, abusi, violenze, vissuti tragici e diversità di ogni sorta.

In fondo alla caverna

In fondo alla caverna

Le vite dei protagonisti delle storie di Alessandro Perna sono legate da un filo indissolubile con il luogo sociale in cui sono cresciuti, dal contesto familiare che li ha segnati, a prescindere dall’estrazione sociale di appartenenza, ma anche dalla difficoltà di non poter vivere liberamente in contesti retrogradi e da cui si sente forte la discriminazione nei confronti della diversità, intesa in senso lato.

In fondo alla caverna non è scritto in forma narrativa: le frasi sono brevi, non c’è spazio per le figure retoriche, ogni storia viene rappresentata attraverso una scelta ponderata delle parole che sono taglienti, crude e non lasciano spazio all’immaginazione.

Per farvi entrare nel mood del romanzo, riportiamo l‘introduzione alle storie di In fondo alla caverna scritta dallo stesso autore:

Sorie.

Istantanee quotidiane.

Racconti di abbandono, ricerca; eccessi di rabbia.

Realtà ingurgitate, riflesse, sul fondo della caverna.

Sguardi disciplinati, allenati, orientati al basso.

Ombre che si riflettono sulle pareti.

Realtà incerte; crepe.

Percorsi tracciati.

Uno devia, si ritrova solo.

Percentuali basse.

Un altro si adagia, rinuncia, si arena.

Mare in perenne tempesta.

Minori; sonnambuli.

Acrobati.

Vertigini.

Fondo.

Vissuti scomodi.

Adepti, manovalanza.

Aspri costrutti d’illegalità, di inerzia; pigrizia.

Ordini chiari, incisi; incisivi.

Morsi sulla pelle.

Fame.

Sete.

Storie di ragazzi dimenticati.

Cortometraggi: immagini di case, finestre aperte, file di bucato,

strade in salita.

Aroma di caffè.

Storie di quartieri densi e affollati.

Luoghi elettrici.

Mille passi, mille volti; sanpietrini.

Disagio.

Storie di opportunità.

Storie di necessità.

Terreno dismesso.

Scelte facili.

Conseguenze amare, pesanti.

Contrappeso sul “bilancino” del fato.

Lo Stato resta estraneo.

Li incontri per strada, li ascolti, li osservi.

Sguardi duri, muscoli tesi, toni alti, scarpe slacciate.

Presenze scomode.

Vuoti banchi.

Cancelli chiusi.

Li trovi lì, in fondo alla caverna, al buio, privati del sonno.

Spettatori di realtà riflesse.

Incatenati a rocce di necessità.

Qualcuno si alza, arranca, chiede aiuto emerge.

Ci sono ragazzi che di notte non sognano

Ci sono ragazzi che vivono nel fondo della caverna.

 

In fondo alla caverna di Alessandro Perna

In fondo alla caverna di Alessandro Perna

In fondo alla caverna: trama

I personaggi principali del libro In fondo alla caverna provengono da Napoli: alcuni ci sono nati, altri ci sono arrivati e altri ancora ci sono morti, senza aver avuto la possibilità di vivere pienamente la città.

I minori di cui scrive Alessandro Perna non sono stati tutti arrestati ma sono tutti collocati in quel baratro infernale dove non c’è spazio per l’amore e, soprattutto, per quella spensieratezza che si dovrebbe vivere in determinate età della vita.

La storia numero cinque racconta di bullismo e di omossesualità. Siamo in una scuola di Napoli e Mattia, il protagonista, è un ragazzo introverso. Un giorno viene pestato a sangue nel bagno della sua scuola perché durante una gita scolastica fatta in Sicilia, giocando al gioco della bottiglia con i suoi compagni, Mattia aveva mostrato interesse nei confronti di Ciro, dandogli, probabilmente, un bacio.

La disapprovazione dei suoi compagni di classe e di Ciro stesso, per l’accaduto, si palesa attraverso un agguato e relativa aggressione a scuola.

I colpi non accennavano ad arrestarsi, né  a diminuire di intensità.

Il suo corpo era ormai una massa innocua, immobile, lasciata all’ira dei suoi aggressori.

Un senso di nausea lo invase quando avvertì la bocca riempirsi di sangue.

Rannicchiato, provava a proteggersi il volto, non avrebbe sopportato di dover dare spiegazioni ai genitori circa gli eventuali segni.

Era abituato al dolore, quello non visibile, quello occultabile.

Ciro si abbassò la lampo dei jeans e, mentre gli altri tre continuavano a colpirlo

Non era per il dolore fisico, a quello ormai ci era abituato.

Era la quarta aggressione negli ultimi due mesi. La più violenta.

Se l’era meritato, a volte se lo diceva, quando restava da solo chiuso nella sua stanza.

Ciò che emerge dalla storia di Mattia è il bullismo e la non accettazione dell’omosessualità, entrambe viste dalla parte della vittima e da quella del carnefice. Ciò che emerge è un quadro dai tratti cupi, fatto di spietata violenza e solitudine. Lo scrittore pone l’attenzione sulle conseguenze interiori che provoca il non sentirsi accettato nel luogo in cui si vive e da quelli che dovrebbero essere i coetanei a cui legarsi, durante il percorso scolastico e poi, si spera, anche nella vita.

Il racconto di Alessandro Perna evidenzia cosa si prova interiormente nel sentirsi diverso nel preferire un sesso a differenza di un altro, e ancora viene messo in risalto il senso di colpa che cerca di dare una giustificazione ad atti di violenza che non contemplati in un mondo umano fatto di libertà di espressione e di uguaglianza come dovrebbe essere quello in cui viviamo ma che, nonostante la modernità, resta ancorato a modi di pensare atavici e retrogradi.

In fondo alla caverna di Alessandro Perna copertina

In fondo alla caverna copertina

Altre storie, come quella numero quindici, ci raccontano di tossicodipenze e di disagi a cui si cerca di non pensare perché provengono da quel luogo da cui non possiamo sottrarci: quello delle mura domestiche e della famiglia.

Il protagonista della prossima storia è figlio di un cardiochirurgo di Napoli, che vive in una famiglia che gli permette un tenore di vita agiato e che lo porta ad eccedere nell’uso di droghe e di alcol.

Il vortice affascina, il vortice cattura.

La tranquillità del suo andare, le onde, cerchi concentrici, spirali sinuose e in fondo il buio, solo il buio.

Nessuna luce con cui confrontarsi, nessuna immagine riflessa.

C’ero così vicino, potevo quasi toccarlo, l’alcool, i debiti, le donne, l’eroina, e ora…

Mi inietto la sostanza nell’interno coscia.

Che vadano a farsi fottere tutti.

La storia di questo ragazzo, potrebbe ricalcare quella dell’immaginario classico del giovane benestante, che sperpera per vizio e perché ha tutto senza sforzo ma, leggendo la sua storia, il lettore scopre i numerosi tradimenti di una madre assente, un padre che si ritrova costretto in un letto e che aspetta solo la morte come liberazione dalla SLA, male sopraggiunto all’improvviso che lo ha relegato nell’immobilità completa.

Le diciassette storie scritte da Alessandro Perna non pretendono di dare una morale, descrivono nelle viscere quel mondo che, molti di noi apprendono dalle news dei telegiornali e che lasciano il tempo che trovano nella consapevolezza a breve termine che scandisce i problemi altrui rispetto ai nostri, spesso, considerati sempre più tragici rispetto a ciò che accade fuori dal nostro microcosmo.

In fondo alla caverna è come un pugno nello stomaco che ci sveglia per un attimo dal mondo patinato in cui ci trastulliamo e riporta vicende delicate che potrebbero accadere nel vissuto di chiunque.

Se siete incuriositi da quella Napoli che esula dall’immaginario della sfogliatella, della pizza e del mandolino, mostrando un mondo più realistico della città, vi consigliamo la lettura de La città insensibile di Carmine Zamprotta: un’istantanea senza filtri su Napoli.

Enologia,
un’ottima annata per il De Sanctis di Avellino

Come da tradizione, in questi giorni all’Istituto Agrario “De Sanctis” di Avellino è partita la vendemmia dell’Aglianico Igt Campania che sarà prodotto e imbottigliato nelle cantine storiche di una delle più rinomate istituzioni scolastiche del Mezzogiorno.

Nell’istituto si promuove, attraverso l’ausilio degli studi scientifici, la produzione e la diffusione del prodotto vinicolo. Fiore all’occhiello del “De Sanctis” è l’impianto di distillazione del brandy al quale lavorano quaranta convittori selezionati tra i migliori studenti agrari della Campania.

Fondata il 27 ottobre del 1879 dal Ministro Francesco De Sanctis, la scuola azienda di via Tuoro Cappuccini, oggi presieduta dal dirigente scolastico Pietro Caterini, dispone di una superficie agraria di circa 23 ettari dislocati tra Avellino e Torrette di Mercogliano dove alla coltivazione di aglianico si affianca quella del fiano e del greco.

Tutte le operazioni, dalla vendemmia all’imbottigliamento fino alla vendita, sono realizzate all’interno della scuola che ha attivo anche un corso post diploma da enotecnico e corsi serali per agrario, agroalimentare e agroindustria grazie ai quali gli studenti possono acquisire tutte le competenze professionali utili a entrare con facilità nel mondo del lavoro.

Nel video clip, realizzato dagli alunni dell’Istituto Agrario “De Sanctis”, i risultati di un’ottima annata frutto di scuola, lavoro e distillato d’impresa.

Gennaro Vallifuoco: la simbologia espressa nell’arte visiva

Gennaro Vallifuoco è un pittore, scenografo e illustratore irpino. È autore di numerosi allestimenti scenici tra cui quella de Il Re Bello di Roberto De Simone, in scena al teatro La Pergola di Firenze nel 2004.

L’artista ha realizzato diverse pubblicazioni editoriali come Fiabe Campane e Lo Cunto de li cunti, in cui si trovano le sue opere pittoriche grafiche.

Gennaro Vallifuoco: video

Gennaro Vallifuoco

Gennaro Vallifuoco attualmente lavora come scenografo all’Auditorium Parco della Musica di Roma per l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e insegna Scenografia all’Accademia di Belle Arti a Napoli.

Gennaro Vallifuoco dipinto

Gennaro Vallifuoco dipinto

Gennaro Vallifuoco e la sua espressione visiva

L’espressione pittorica e artistica di Gennaro Vallifuoco si caratterizza per un forte legame con la simbologia dei tarocchi, con l’esoterismo e con i miti antichi che si fondono con elementi popolari derivanti dal patrimonio culturale della tradizione mediterranea.

Gerardo Picardo ha definito così la sua arte:

Il segreto di questo pittore dell’anima è conciliare mente e mano, perché la mano è organo secondo la lezione di Giordano Bruno. Un alchimista, Vallifuoco: lavora a specchio con la verità che gli danza nel cuore, mettendo al centro volti, figure e segni… che danzano su spazi smarriti o inquieti, graffiano verità o le hanno perse ai crocicchi delle scelte.

Negli ultimi anni il suo studio si è orientato sulla dea Mefite, divinità legata alle acque ed invocata per la fertilità dei campi e per la fecondità femminile. Il culto di Mefite si sviluppò maggiormente nella valle d’Ansanto in Irpinia.

Le aree sacre dedicate a questa divintà si trovavano, infatti, vicino ad acque fluviali o lacustri ma anche vicino a percorsi praticati per la transumanza del bestiame.

Gennaro Vallifuoco è affascinato dallo studio delle divinità pagane e della relativa simbologia che scaturisce dai miti. La dea Mefite non è l’unica divinità su cui si è soffermato l’artista.

La dea Mefite di Gennaro Vallifuoco

La dea Mefite di Gennaro Vallifuoco

La dea Mater Matuta, divinità del Mattino e dell’Aurora nonché protettrice degli uomini e delle cose, rappresenta un altro ambito tematico artistico su cui Gennaro Vallifuoco si sta soffermando da tempo.

Da ciò nasce l’appuntamento che si terrà il prossimo 30 novembre a Castel dell’Ovo di Napoli dove l’artista esporrà dei dipinti dedicati alla dea Mater Matuta, insieme ad altre opere di Mario Schifano, che rappresentano l’indagine artistica e i misteri di questa potente figura che rappresenta la forza femminile generante e matrilineare.

Istituto Ruggero II di Ariano Irpino,
il grafologo nella scuola

Nell’ambito del progetto “Il grafologo nella scuola”, presso la biblioteca dell’Istituto Superiore “Ruggero II” di Ariano Irpino si è tenuto l’incontro formativo Dalla grafologia all’indagine peritale. Una lezione extracurriculare promossa dalla dirigente scolastica Teresa Vito e dall’avvocato Pamela Cappelluzzo.

Molto apprezzato e partecipato l’intervento conclusivo di Giovanna Fiore, insegnante e grafologa, che ha colto l’occasione per interagire con gli studenti ma anche con i colleghi docenti mostrando i campi di utilizzo della materia in ambito scolastico.

Provincia,
Peppe Servillo e i Solis String Quartet in concerto ad Avellino

Venerdì 15 novembre, alle ore 21.00, presso l’auditorium del Conservatorio “Domenico Cimarosa” di Avellino, ci sarà l’atteso concerto di Peppe Servillo con i Solis String Quartet.

La serata rientra nel più ampio progetto “Percorsi in Irpinia” della Provincia di Avellino, guidata dal Presidente Domenico Biancardi, che dall’estate sta animando diversi Comuni irpini con numerosi appuntamenti.

Come per le altre iniziative anche venerdì l’ingresso sarà gratuito fino a esaurimento posti.

E’ possibile ritirare l’invito venerdì 15 dalle 11.00 alle 12.00 presso Palazzo Caracciolo e dalle 17.00 alle 19.00 presso l’auditorium del Conservatorio “Domenico Cimarosa”.

“Presentimento”, questo il nome del secondo progetto nato dalla collaborazione di Peppe Servillo con i Solis String Quartet, è un album di canzoni d’autore napoletane rilette e riarraggiate in chiave moderna, sempre in bilico tra musica e teatro.

Il titolo dell’album, come spiega l’artista partenopeo, è un omaggio ai poeti e parolieri napoletani e vuole mettere in evidenza la loro capacità di predire il futuro, di presentire quello che potrebbe accadere.

“Quella del presentire è spesso la condizione degli artisti, dei narratori, come dei poeti autori di queste canzoni che nei loro versi presentono e annunciano segreti, presenze, tradimenti, ciò che di nuovo potrebbe accadere o si vorrebbe accadesse, e lo fanno con parole che sembrano mai udite come fossero i veggenti, gli indovini della nostra vita sentimentale. La musica aggiunge senso e la parola precisa col riso e col pianto, le orchestrazioni inscenano un improvviso teatrale come se la vicenda nascesse ora col canto e annunciasse il paradiso tra sonno e veglia. Insistiamo nel ricongiungere tessere alla nostra stanza napoletana che a volte gode di una vista bellissima”.

(Peppe Servillo)

 

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