Olio Basso è un’azienda storica che ha deciso di ampliare la sua gamma di prodotti, mettendo una linea biologica con due nuove etichette.
Queste nuove proposte sono il frutto di un’accurata selezione e attraverso l’utilizzo di un’agricoltura biologica.
Per realizzare questi due prodotti è stata effettuata una raccolta leggermente anticipata rispetto alla maturazione. Questa scelta, infatti, garantisce la preservazione del valore vitaminico e delle proprietà rilasciate
La nuova linea bio non contiene pesticidi o sostanze chimiche. La molitura viene effettuata entro le 24 ore con estrazione a freddo inferiore a 27°C.
Da quest’attenzione nasce un prodotto di alta qualità che è anche in grado di controllare i livelli di colesterolo.
La nuova linea bio di Olio Basso è ricca di polifenoli e antiossidanti naturali.
Olio Basso: linea bio
L’etichetta bianca della nuova linea è stata utilizzata per l’Olio Extravergine Bio 100% italiano – cultivar di Coratina e Ogliarola che viene prodotto con olive della Puglia che si caratterizzano per un sapore fruttato e intenso con note olfattive vegetali e di carciofo.
L’etichetta nera invece indica cultivar di Hojiblanca, Coratina, Koroneiki che contiene olive provenienti da Spagna, Italia e Grecia.
Questo mix ha un sapore fruttato e di media intensità, caratterizzato da note olfattive di oliva verde, leggermente amaro e piccante.
Olio Basso dunque apre i propri orizzonti all’agricoltura biologica, dando la possibilità ai suoi fruitori di poter acquistare un prodotto sano e genuino che, attraverso i due sapori differenti, sono in grado di accontentare tutti i palati e tutte le necessità gustative.
L’azienda, di recente, è stata premiata al concorso MIOOA con quattro riconoscimenti ma crediamo che raggiungerà nuovi traguardi e nuove soddisfazioni.
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4 metà: il film che confuta l’esistenza dell’anima gemella
Da sempre ci si chiede se esiste davvero l’anima gemella. C’è chi è fermamente convinto che nel mondo esiste la metà della mela perfettamente aderente ad un’altra, chi ci spera e chi cinicamente sorride all’idea di questa ipotesi azzardata e romantica. A prescindere dal filone in cui si crede, sono in molti, se non tutti, ad essere attanagliati dall’idea e dalla paura di scegliere o innamorarsi di qualcuno che poi si rivelerà sbagliato.
4 metà (2022) di Alessio Maria Federici è un film che ci mostra proprio questo, confutando l’idea e l’esistenza dell’anima gemella.
Il lungometraggio entra nelle dinamiche sentimentali e veloci del nostro tempo che, spesso, non lasciano lo spazio per la riflessione, a causa di eventi che possono capovolgere completamente la nostra percezione dell’altro o per altre motivazioni dettate dalla casualità, che si mescola all’imprevedibilità degli eventi.
Il film mostra quante porte scorrevoli possono esistere in una combinazione composta da 4 persone (due donne e due uomini) e, a prescindere dalla scelta che ciascun protagonista effettuerà, non necessariamente si nasconde una delusione o una relazione fallimentare.
In 4 metà fa capolino il concetto di amore e le varie sfaccettature che ha: esiste quello che nasce dalla diversità che arricchisce, quello che affascina persone simili, quello che viene alimentato dalla sfida e quello che si costruisce sulla fiducia e sul bene che, col tempo, diventa affezione.
Se da sempre ci si interroga sull’anima gemella e sull’amore significa che una sola risposta assoluta non esiste: nel mondo esistono diverse combinazioni ma nessuna è sbagliata o è migliore di altre.
4 metà: la trama
Siamo a Roma, una coppia appena sposata decide di fare un esperimento, facendo incontrare quattro amici (due donne e due uomini) single. I prescelti sono molto diversi tra loro ma i novelli sposi nutrono la curiosità e la speranza che possano nascere delle nuove coppie.
Chiara (Ilaria Pastorelli) è un medico che ha una visione dell’amore romantica e non più mordi e fuggi. Dopo varie esperienze collezionate nella vita, cerca un uomo che sia capace di dare amore, vicinanza e calore umano. In breve, cerca la storia della vita perché sente che la sua non è completamente piena, le manca l’amore e una famiglia.
Giulia (Matilde Gioli) lavora in ambito finanziario, è una donna ambiziosa e proiettata sul suo lavoro e sulla sua carriera. Non è in cerca dell’amore, non è una sua priorità. Le sue storie sono brevi e senza preamboli inutili perché non ha voglia o la pazienza di essere corteggiata quando la sua finalità è la stessa dell’uomo di turno.
Matteo (Matteo Martani) lavora in una casa editrice, è un uomo ironico, colto, di sani principi e sempre con la battuta pronta. Non colleziona donne infatti ha difficoltà nell’approccio più semplice e in alcune situazioni si sente impacciato. Non sembra cercare l’amore o l’anima gemella ma non sembra neanche dispiacergli l’idea contraria.
Dario (Giuseppe Maggio) è un avvocato concentrato sui propri affari e su stesso. Le donne sono un passatempo, che durano il tempo della conquista. Non cerca l’amore, non gli interessa o semplicemente non ha ancora trovato la persona giusta.
I quattro single si incontrano e iniziano a conoscersi. Da qui Alessio Maria Federici inizia a creare le diverse coppie che possono formarsi: Chiara con Matteo, Giulia con Dario, Chiara con Dario e Giulia con Matteo.
Le prime due coppie (Chiara e Matteo, Giulia e Dario) rappresentano l’incontro che segue il filone dell’attrazione per somiglianza, rappresentato con i suoi pro e i suoi contro. Chiara e Matteo sono simili nel modo di vedere la vita, creano subito una sintonia ma alcune situazioni capovolgeranno l’equilibrio e la strada sentimentale.
Per Giulia e Dario il percorso non è poi tanto diverso perché il regista sembra voler sottolineare che, a prescindere dalle affinità intellettive e da ciò che si ritiene giusto per se stessi, quando ci si relaziona con un’altra entità basta poco per confondere le carte in tavola e seguire una strada diversa da quella si pensava essere la migliore.
Le altre due combinazioni (Giulia e Matteo, Chiara e Dario) sembrano quelle più improbabili, se si pensa alla teoria della metà della mela ma, tutto sommato sono ugualmente credibili, sembrano essere complete allo stesso modo della prima combinazione delle coppie.
4 metà in questo modo riesce a confutare l’esistenza dell’anima gemella e, in alcune situazioni, a smascherare quel romanticismo che appartiene all’amore perché amare, in fondo, significa fidarsi, scegliendo di intraprendere un percorso con qualcuno.
La vita spesso ci pone davanti a degli imprevisti, creando nuove situazioni perché nulla si può prevedere quando si vive e tutto può accadere. Non esiste l’amore perfetto, la coppia perfetta o l’anima gemella perché è tutto mutevole e in continuo movimento.
Ci si può innamorare all’istante, per sfida, per maturità, per responsabilità ma ciascun sentire non è meno nobile di un altro.
Per scoprire meglio il senso di queste parole non vi resta che guardare 4 metà, in programmazione su Netflix.
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Il popolo perduto di Mario Tronti
Lo scorso 7 agosto è scomparso Mario Tronti, filosofo e politico, tra i più illustri teorici dell’operaismo e padre dell’autonomia del politico.
Mario Tronti, filosofo e politico, tra i più illustri teorici dell’operaismo, padre dell’autonomia del politico, si sofferma in questo libro-intervista, insieme al giornalista Andrea Bianchi, sulla deriva e sui fallimenti della sinistra, non solo italiana, e su come riprendere il cammino in un mondo radicalmente diverso rispetto a quello del Novecento.
Sul banco degli imputati, la cosiddetta sinistra nel suo complesso, con un particolare carico di responsabilità assegnato a quella di derivazione comunista. La sinistra che in questi ultimi decenni si è interessata quasi esclusivamente di diritti e ha trascurato i bisogni: lavoro, sicurezza, stato sociale, redditi perduti… Quante volte si nomina la parola cittadini e quante la parola lavoratori?In questa sproporzione c’è la distorsione della realtà. E ancora: quante mobilitazioni di piazza si sono fatte su rivendicazioni umanitarie e quante sul flagello delle morti sul lavoro? La scarsa attenzione a domande di questo tipo ha provocato la perdita di milioni di voti e, fatto ancora più grave, il rischio di estinzione di un intero popolo.
Non vediamo in altri paesi quello che accade qui da noi, ovvero il paesaggio devastato che offre l’attuale panorama politico. L’ultima anomalia del caso italiano ci ha regalato L’Uomo Qualunque al governo. Lo definiamo così come si presentò allora, nell’immediato dopoguerra, con il simbolo che gli anziani ricordano, quello del cittadino schiacciato sotto un torchio. Il qualunquismo è una vecchia tara plebea, non del popolo ma della popolazione italiana. Allora i grandi partiti popolari, che sapevano di politica, liquidarono il fenomeno nel giro di una breve stagione. Oggi i piccoli partiti, movimenti, partiti personali, è poco dire che lo subiscono, perché in realtà lo interpretano e così lo riproducono, senza capire che l’onda finirà per travolgere loro stessi, perché è un’onda selvaggia, informe e senza regole. Tutto intero l’agire politico e il dibattito politico appare senza forma. Basta mettersi davanti a un qualsiasi talk show televisivo per averne la prova. La chiacchiera dei commentatori fa da eco al brusio di fondo, almeno più simpatico, che sentite salire dal bar sotto casa.
Per ricominciare a camminare va combattuto il virus dell’antipolitica iniettato ad arte dall’alto nelle vene dove scorre il basso del sociale, occorre rovesciare la gerarchia tra il civile e il sociale, mandare in soffitta il pensiero debole che ha prodotto il fallimento democratico-progressista. E soprattutto non credere che sia vera la falsa notizia che non c’è più lo sfruttamento del lavoro.
Nell’età della globalizzazione è la parola ‘mondo’ che per lo più dice il problema. Noi useremo ‘forma mondo’: un po’ troppo intellettualmente raffinata per il segno che vogliamo dare a questa chiacchierata, ma si spera ci verrà perdonata. Poi, adesso, per saltare dal globale al locale – respingendo lontano da noi la terribile espressione postmoderna di ‘glocale’ – inciampiamo inevitabilmente in quello scoglio tra il mondo e l’Italia, che si chiama Europa. Il caso italiano ritorna oggi all’attenzione dei commentatori esteri presentando una nuova forma dell’anomalia Italia: in questo senso affronteremo il problema.
Una riflessione su quello che qui intendiamo per concetto politico di popolo si impone con caratteristiche di necessità e urgenza. Infine, su quel che resta della parola ‘partito’ e sul quel che riesce ancora a dire la parola ‘politica’ andremo all’attacco, perché il tempo della diplomatica attesa è finito, posizionarsi su una delle postazioni esistenti non è più sufficiente, è urgente aprire un varco di fuoriuscita da questo stallo subalterno.
Cosa che si può fare e va fatta prima di tutto con un rovesciamento di culture dentro una rinnovata battaglia delle idee, con il dichiarato obiettivo di dare forma a un nuovo spirito egemonico di parte, ridisegnando unità e differenze del pensare e dell’agire, rispetto al passato e contro il presente.
La perdita di Mario Tronti è una perdita per la sinistra e per la politica tutta. Perché è la perdita di una delle menti ancora capaci di guardare più in là del qui e ora, di interrogarsi sul passato per trarne, senza pudori, tremori o convenienti ipocrisie, un che fare per il nostro futuro. In questo senso ci sentiamo di dire che è una perdita, assai grave, anche per gli stessi avversari politici. Perché perdono un interlocutore raffinato, capace di essere di stimolo anche per loro.
Nutrimenti è stata orgogliosa di aver pubblicato Il popolo perduto, le sue ultime riflessioni sulla crisi della sinistra e sullo stato generale della politica, in Italia e nel mondo.Era il 2019 e da poco in Italia era salita al governo una inedita alleanza Lega-Movimento cinque stelle. Poi ci sarebbe stato il governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi e poi ancora l’avvento di un governo delle destre. Solo qualche mese l’editore di Nutrimenti Andrea Palombi ragionava con Mario di un nuovo volume in cui analizzare il quadro politico ancora una volta completamente mutato.
E il rimpianto più grande è quello di non essere riusciti a depositare in un libro la sua lettura della situazione attuale che, ne siamo certi, avrebbe aiutato tutti noi a conoscere e capire di più.
E la sinistra a ripensare se stessa…
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Presentato al Trianon Viviani il progetto Guida bene in piazza Mercato
Con “Guida bene in piazza Mercato” l’educazione stradale per l’inclusione sociale. Presentato al Trianon Viviani il progetto che permetterà a cento giovani del centro storico di Napoli di conseguire la patente di guida e inserirsi nel mercato del lavoro.
Con il ministero dei Trasporti (Dgt Sud), nella rete dei promotori associazioni delle autoscuole e istituzioni del territorio Marisa Laurito madrina dell’iniziativa.
Diffondere la cultura della sicurezza stradale per recuperare e sviluppare le regole della cittadinanza e della solidarietà.
Questo l’obiettivo di “Guida bene in piazza Mercato”, il progetto di educazione stradale e diffusione della cultura della legalità promosso dalla direzione generale territoriale del Sud (Dgts) del ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti.L’iniziativa consentirà il conseguimento della patente di guida a giovani della seconda Municipalità del Comune di Napoli, provenienti da famiglie con particolari disagi culturali, sociali ed economici.
Il progetto riprende la formula già sperimentata con successo in realtà territoriali complesse e non prive di situazioni di fragilità o disagio, come i quartieri partenopei della Sanità e di Forcella e Gioia Tauro: un
programma che dà l’opportunità a cento giovani, che vivono realtà socio-economiche poco fortunate, di conseguire quella patente di guida che spesso è un requisito per un futuro inserimento nel mondo del lavoro.Madrina di questa nuova edizione Marisa Laurito.
Il progetto, che terminerà entro il settembre dell’anno prossimo, è il frutto di un protocollo di intesa sottoscritto dalla Dgts con la Città metropolitana di Napoli, l’Unione nazionale Autoscuole e Studi di Consulenza automobilistica (Unasca), la Confederazione Autoscuole riunite e Consulenti
automobilistici (Confarca). la fondazione Trianon Viviani, l’Associazione Gioventù cattolica (Asso.Gio.Ca.) e la Fondazione di comunità del Centro storico di Napoli (Fccsn).L’Asso.Gio.Ca. e la Fccsn individueranno i cento giovani, che saranno suddivisi in quattro gruppi. Ogni gruppo seguirà un corso in tema di sicurezza stradale, propedeutico alla preparazione delle prove di verifica dell’idoneità tecnica per il conseguimento della patente. A integrazione del corso ci saranno alcune ore di lezione sulla legalità tenute dai Carabinieri.
I moduli didattici, individuati dalla Dgts, verranno sviluppati da esperti della stessa direzione generale, l’Unasca e la Confarca. La formazione specifica finale per il conseguimento della patente di categoria A1 o B si terrà presso le scuole guida del quartiere che hanno aderito al progetto.
Ha evidenziato Umberto Volpe, direttore della Dgts:
Obiettivo primario dell’iniziativa è contribuire a riannodare il rapporto di fiducia del territorio con lo Stato. Ancora una volta, insieme alle associazioni
presenti sul territorio che operano quotidianamente per migliorare e rilanciare il quartiere, lavoreremo accanto ai ragazzi, provando a convogliare le loro energie e ad avvicinarli alle Istituzioni attraverso un
percorso formativo che, partendo dal tema della sicurezza stradale, possa far comprendere loro l’importanza del rispetto della regola quale strumento a garanzia di ogni convivenza civile.Nella manifestazione di presentazione al teatro Trianon Viviani, i rappresentanti dei soggetti partner del progetto hanno espresso, con grande soddisfazione, i motivi di partecipazione per questa iniziativa di
solidarietà e inclusione sociale.Ha dichiarato Antonio Datri, presidente dell’Unasca:
All’interno delle regole del Codice della Strada creiamo una nuova occasione di riscatto sociale in un quartiere difficile, proseguendo il progetto di innovazione sociale, voluto nel 2019 da Pasquale D’Anzi della Dgts, e condotto assieme alla Città metropolitana, al Terzo settore e ai professionisti della sicurezza stradale: dopo la Sanità e Forcella, continua il nostro contributo per trasmettere il senso della legalità, dando l’occasione di conseguire la patente, uno strumento in più per lavorare.
Per Paolo Colangelo, presidente della Confarca:
aderiamo sempre con grande entusiasmo a queste importanti iniziative sulla sicurezza stradale patrocinate dalla Dgts: saremo impegnati nel far conseguire la patente a persone con difficoltà economica non solo perché l’autonomia di poter effettuare spostamenti sarà di aiuto a coloro che ne beneficeranno, di accedere più facilmente al mondo del lavoro, ma anche perché lo faranno, “guidati” con l’attenzione alla massima sicurezza sulle nostre strade.
Affermano il presidente Giovanni Pinto e il direttore artistico Marisa Laurito, testimonial di Guida bene in piazza Mercato:
Dopo l’edizione di successo dedicata a Forcella la fondazione Trianon Viviani partecipa con slancio al rilancio di questa iniziativa della Dgts, che in questa edizione è dedicata allo storico quartiere vicino di piazza Mercato: il teatro della Canzone napoletana offre il proprio contributo per l’inclusione sociale e la diffusione della cultura della legalità collegata al rispetto delle regole, in linea con la propria missione statutaria.
Dichiara il presidente Gianfranco Wurzburger:
Per l’Asso.Gio.Ca., l’associazione nata nel 1997 che si occupa di minori e giovani a rischio, l’educazione stradale non deve essere esclusivamente considerata come conoscenza tecnica o addestramento, ma anche come un’attività educativa rivolta ai ragazzi di insegnamento dell’importanza delle regole.
Conclude Antonio Alfano, vicepresidente della Fccsn:
Guida bene in piazza Mercato sarà una opportunità con cui i fermenti positivi di questa “periferia” nel Centro di Napoli avranno modo di dimostrare l’ansia che ha questa vasta area, che tanto ha contribuito alla storia, alla cultura e all’economia della città, di tornare ai livelli storici e rilanciarli in nuove prospettive.
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