Cultura

RiVolti al mare spiegato da Francesco Massarelli e Luisa Galdo

RiVolti al mare è un progetto di video arte che ha come tematica la riflessione sull’immigrazione e l’integrazione. Il lungometraggio è il risultato del lavoro di Francesco Massarelli che ne ha curato la direzione artistica e di Luisa Galdo che ha curato tutti i passaggi video che ne hanno portato al prodotto finito.

RiVolti al mare è una raccolta di riflessioni fatta da alcuni artisti, noti e meno, prevalentemente tutti di Caserta. Nel video infatti compaiono: Anna Redi che legge un passo de La conferenza degli uccelli adattato da Jean Claude Carriere, tratto dal poema Farid Uddin Attar Mantic Uttair, Simona Boo che recita un passo di Gente do sud  di Terroni uniti.

Peppe Servillo in RiVolti al mare recita A comprare la città di Stoccolma di Gianni Rodari che dice:

Al mercato di Gavirate capitano certi ometti che vendono di tutto, e più bravi di loro a vendere non si sa dove dove andarli a trovare.

Uno venerdì capitò un ometto che vendeva strane cose: il Monte Bianco, l’Oceano Indiano, i mari della Luna, e aveva una magnifica parlantina, e dopo un’ora gli era rimasta solo la città di Stoccolma.

La comprò un barbiere, in cambio di un taglio di capelli con frizione. Il barbiere inchiodò tra due specchi il certificato che diceva: “Proprietario della città di Stoccolma”, e lo mostrava orgoglioso ai clienti, rispondendo a tutte le loro domande.

“È una città della Svezia, anzi è la capitale”.

“Ha quasi un milione di abitanti, e naturalmente sono tutti miei”.

“C’è anche il mare, si capisce, ma non so chi sia il proprietario”.

Il barbiere, un poco alla volta, mise da parte i soldi, e l’anno scorso andò in Svezia a visitare la sua proprietà.

La città di Stoccolma gli parve meravigliosa, e gli svedesi gentilissimi. Loro non capivano una parola di quello che diceva lui, e lui non capiva mezza parola di quello che gli rispondevano.

“Sono il padrone della città, lo sapete o no? Ve l’hanno fatto, il comunicato?”.

Gli svedesi sorridevano e dicevano di sì, perché non capivano ma erano gentili,

e il barbiere si fregava le mani tutto contento.

“Una città simile per un taglio di capelli e una frizione! L’ho proprio pagata a buon mercato”.

E invece si sbagliava e l’aveva pagata troppo. Perché ogni bambino che viene in questo mondo, il mondo intero è tutto suo, e non deve pagarlo neanche un soldo.

Deve soltanto rimboccarsi le maniche, allungare le mani e prenderselo.

Francesco Massarelli e Luisa Galdo: video

Foto tratta dal lungometraggio di Francesco Massarelli e Luisa Galdo

RiVolti al mare raccoglie diverse testimonianze e riflessioni tra ciò che è realmente accaduto come la lettura di A Tor Pignattara ci stava un pakistano, tratto dal libro La Frontiera di Alessandro Leogrande recitata da Enrico Ianniello o a ciò che paradossalmente potrebbe accadere come avviene nel monologo Gerardo di Aurora Leone.

Questi sono solo alcuni dei protagonisti del lungometraggio di Francesco Massarelli e Luisa Galdo, per scoprire gli altri non vi resta guardare RiVolti al mare.

Toni Servillo recita in RiVolti al mare

Toni Servillo

Per scoprire qualche curiosità sulla realizzazione del lungometraggio non vi resta che guardare il video in home, in cui Francesco Massarelli e Luisa Galdo spiegano alcuni dettagli sul loro lavoro.

Buona visione!

Carnevale: come nasce e perché si festeggia così

Il grigiore dell’inverno che sembra, per molti, non giungere mai al termine viene squarciato dal Carnevale, una festa lunga una settimana, rivolta al divertimento e ai colori straripanti, da ogni dove.

Tra le diverse etimologie attribuite alla parola Carnevale, in molti ritengono che derivi da carnem levare (levare la carne).

Goethe sul Carnevale dice:

Il Carnevale non è una festa che si offre al popolo, ma una festa che il popolo offre a se stesso.

Durante il Carnevale il mondo si capovolge, si sbeffeggiano le autorità, il servo diventa padrone e il padrone servo, la tristezza cede il posto all’allegria e si liberano tutti gli istinti repressi. Il grottesco, il fantasioso e gli animaleschi personaggi del Carnevale simboleggiano, per alcuni, le angustie dell’inverno, rappresentate anche dai camuffamenti.

Carnevale

Carnevale

Carnevale: le maschere e i coriandoli

Le sfide carnevalesche sono delle battaglie simulate e i proiettili sono coriandoli, che si lanciano scambievolmente.

Come nascono i coriandoli?

Un tempo, prima che nascessero i coriandoli, le munizioni di Carnevale erano le uova (solo i gusci), successivamente si passò ai confetti di zucchero, che al loro interno contenevano semi di coriandolo. Da qui deriva l’origine del nome. Dai confetti di zucchero si passò ai confetti di gesso e poi si arrivò ai coriandoli di carta che erano più leggeri, pratici ed economici dei confetti di gesso.

Le maschere, oltre a dissimulare la propria identità, hanno significati magici, irreali e misteriosi.

La maschera di Arlecchino, ad esempio, proviene dal nome hellequin, radice tedesca holle, che significa inferno. Inizialmente la maschera di Arlecchino non era colorata ma era formata da foglie che avevano i diversi colori delle stagioni climatiche.

Nell’antichità classica, quando il nuovo anno iniziava il primo marzo, il tempo della rinascita cosmica precedeva di poco la primavera e, dunque, c’era maggior motivo di inneggiare per l’arrivo dell’anno nuovo e per l’addio al vecchio e per dare il benvenuto alla ripresa stagionale.

Ecco alcune delle motivazioni per cui si festeggia il Carnevale.

Carnevale

Carnevale

Tutto ci riconduce agli scampoli dei saturnali romani, durante i quali, si nominava un re e lo si immolava, nello stesso modo in cui si celebra la morte del Carnevale.

In Grecia, invece, vi erano celebrazioni in onore di Dioniso, il dio della vite, che però aveva anche giurisdizione sui defunti e aveva il potere di farli vivere e rinascere. Dioniso veniva presentato seduto su un carro, altro elemento che caratterizza il nostro Carnevale.

Il Carnevale viene anche definito la festa del ventre perché rappresenta l’eccesso e le scorpacciate. Infatti la gastronomia tradizionale di Carnevale è composta da cibi consistenti, come gli gnocchi o la braciola di maiale ripiena.

Lupus in fabula: a Solofra lezione di latino con Totò

Al telefono la voce di Enzo Marangelo, regista, attore, direttore artistico e anima della rassegna Lustri Cultura in dies, ha un suono morbido e pacato, eppure non si accusa alcuna reticenza: il suo modo pressoché ammaliante di esporre frasi convenevoli o concetti che siano possono rapirti e tenerti ancora per molto incollato all’apparecchio…ma è tempo di capire cosa andrà in scena stasera alle 21 al Palazzo Ducale Orsini in Solofra.

Tutti conoscono Totò come comico, ma quasi nessuno ha capito che, innanzitutto, era un uomo di grande cultura. Stasera terremo una vera e propria lezione, e nonostante faccia parte della sezione Teatro di Lustri, rispetteremo tali canoni, ma sarà qualcosa di davvero originale.

Lo spettacolo Lupus in fabula di oggi, facente parte del ricchissimo programma del regista solofrano che ha in serbo occasioni culturali imperdibili per qualsiasi appassionato che possa avvicinarvisi, fa portare in scena una caratteristica davvero notevole del Principe della risata: l’uso smisurato delle citazioni in latino di Totò.

La più naturale performance che il suo autore Gigi Spina, insieme allo stesso Enzo Marangelo, possa attuare in tale occasione: una proposta che conterrà documenti, scene proiettate, e molto probabilmente anche un grosso vocabolario Latino-Italiano alla mano, per condurre un pubblico, che possa fungere sia come tale che da veri e propri studenti diligenti,  a tuffarsi nell’avventura inusuale di risentirsi pronti come per la preparazione a un esame.

Lupus in fabula Teatro Lustri

Lupus in fabula Teatro Lustri

Le nostre radici e la nostra cultura sono alla base di questa inusuale lezione, dove Gigi Spina condurrà i suoi discepoli nella lusinghiera comprensione di ciò che ci circonda oggi, interpretando meglio ciò che ci hanno insegnato ieri, nella nobile interpretazione del portavoce delle citazioni in latino a cui ricorreva Totò in molti film, sotterrando per un attimo il lato comico e cogliendone le sfumature classicheggianti, da cui prendere esempio.

Tastare meglio il terreno su cui poggiamo attraverso la comprensione e la diffusione di frasi di un mondo che forse non ci appartiene più, in cui la seriosità si fa bella dietro la maschera della comicità ora palese, ora sottile di Totò, personaggio emblematico della cultura partenopea, sarà un sotterfugio che di furbesco ha davvero poco: sarà la riuscita di un’esperienza che coglierà forse lati nascosti della nostra caustica personalità, soffocandone lati negativi, elargendone la qualità.

Gli scambi di battute di Gigi Spina e Enzo Marangelo saranno intervallati da piacevoli sketch presi dai film di Totò, in cui ci si sofferma sul significato della frase in latino che in essi sarà enunciata: l’occasione di amare ancor più un uomo dal fascino irresistibile e dal talento ineguali.

Il tutto sarà allietato da dolci intervalli musicali in cui si esibiranno Diana Erika Lettieri alla voce e Nunzio Vanni al pianoforte.

Lupus in fabula

Di e con: Gigi Spina

Regista/Attore: Enzo Marangelo

Voce: Diana Erika Lettieri

Pianoforte: Nunzio Vanni

Ore 21, Palazzo Ducale Orsini, Solofra (AV)

Lustri cultura in dies: locandina

Lustri cultura in dies

 Lustri Cultura in dies: la rassegna

La rassegna culturale Lustri Cultura in dies è partita lo scorso gennaio e continuerà fino a maggio di quest’anno. Viene svolta tra il Complesso Monumentale di Santa Chiara e il Palazzo Ducale Orsini in Solofra (AV).

Il ricco programma è compreso di cinque sezioni: Teatro, Seminari, Filosofia, Intercultura e Territorio. Il tutto è curato dalla direzione artistica del regista e attore Enzo Marangelo, e l’organizzazione comprende, oltre l’organico della rassegna, la partecipazione del Comune di Solofra, dall’Accademia di teatro Città di Solofra e dall’associazione culturale Hypocritès Teatro. Il progetto si avvale del patrocinio morale dell’ Università di Napoli Federico II e del Dipartimento di Studi Umanistici, Società Filosofica Italiana sezione napoletana G. Vico.

Enzo Marangelo

Enzo Marangelo

L’obiettivo principale è la sensibilizzazione delle masse inerenti al territorio di appartenenza, quale quello della rassegna stessa, in cui attraverso le sue cinque sezioni, che nel corso di un programma che oggi ha ormai raggiunto una partecipazione di artisti internazionali,  tocca altisonanti momenti di aggregazione che valutano la crescita morale degli individui che vi ci partecipano, attuando una sorta di resistenza culturale, dove la rivalutazione, la conoscenza e l’amore per le terre di appartenenza, insieme alle performance creative sia di seminari che di filosofia, unisce la passione per il teatro come mezzo fecondo di comprensione della volubilità umana, cogliendone dottrine.

Carmine Maffei

Donald Trump preferisce Via col vento rispetto a Parasite ma la platea non gradisce

Dopo la lettere scritta da Neil Young a Donald Trump, in cui il cantautore americano palesa il suo disprezzo, mai nascosto, nei confronti dell’uomo. Il presidente USA, durante un comizio elettorale, si sofferma su considerazioni infelici sul Premio Oscar Parasite e su Brad Pitt.

Donald Trump sul film pluripremiato agli Oscar si esprime, rivendicando film come Via col vento e definendo Brad Pitt un saputello, di cui non è stato mai un grande ammiratore.

Il presidente USA evidentemente non ha gradito le considerazioni fatte dall’attore, durante la premiazione degli Oscar, in cui prima dei ringraziamenti ufficiali Brad Pitt aveva mostrato il suo disappunto, criticando l’assoluzione del Presidente durante il processo al Senato.

Donald Trump

Donald Trump

Per quanto riguarda Parasite Donald Trump ha commentato così la vittoria del lungometraggio:

Quanto ha fatto male l’Academy Awards quest’anno? È stato giusto? Non lo so. Ridateci i classici dell’epoca d’oro di Hollywood. Possiamo tornare a Via col vento? E invece? Il miglior film viene dalla Corea del Sud. Pensavo fosse il miglior film straniero, e invece no, miglior film! Abbiamo avuto abbastanza problemi con la Corea del Sud per il commercio, e loro l’hanno premiata con il miglio film dell’anno.

È tutto pronto per la prossima edizione del Carnevale di Montemarano

Ritorna il tradizionale appuntamento con il Carnevale di Montemarano all’insegna del folklore e delle tradizioni irpine.

Ecco il calendario di tutti gli appuntamenti previsti!

Carnevale di Montemarano

Carnevale di Montemarano

Carnevale di Montemarano: appuntamenti

Venerdì 21 febbraio

Alle ore 21:30 presso la tenda di Piazza del Popolo il Carnevale di Montemarano apre le danze con il concerto di Alla Bua.

Sabato 22 febbraio

Alle ore 10:30 presso il Palazzo Castello si terrà un incontro sul tema Montemarano e il suo Carnevale. Tradizioni e radici, curato dall’amministrazione comunale.

Alle ore 17:30, sempre a Palazzo Castello, si svolgerà la tradizionale manifestazione Caporabballo d’Argento, maschera tipica del carnevale montemaranese.

Alle ore 19:30 presso la tendostruttura di Piazza del Popolo si svolgeranno lezioni di tarantella a cura della Scuola di Tarantella Montemaranese.

Alle ore 22:00 è prevista una sfilata notturna per le strade del paese.

Carnevale di Montemarano: appuntamenti

Maschere di Carnevale in bianco e nero

Domenica 23 febbraio

Alle ore 10:00 si svolgerà la sfilata dedicata ai più piccoli, accompagnati dal gruppo folkloristico Zompa Cardillo, curata dalla Scuola dell’Infanzia, Primaria e Secondaria dell’Istituto Comprensivo Di Meo e del Centro per l’Infanzia comunale di Montemarano.

Alle ore 11:00 in Piazza del Popolo si aprirà ufficialmente il Carnevale di Montemarano con il discorso del Sindaco.

Alle ore 15:30 inizieranno le tradizionali sfilate dei cortei mascherati.

Alle ore 21:00 presso la tendostruttura di Piazza del Popolo I Simpatici Italiani allieteranno la serata danzante.

Lunedì 24 febbraio

Alle ore 16:30 sfileranno i cortei mascherati.

Martedì 25 febbraio

Alle ore 10:00 presso la tendostruttura di Piazza del Popolo sono previste lezioni di tarantella.

Alle ore 15:30 inizierà la sfilata tradizionale delle maschere.

Alle ore 21:00 presso la tendostruttura di Piazza del Popolo Achille d’Agnese & C. vi aspettano per una serata danzante.

Appuntamento con il Carnevale Montemaranese

Carnevale di Montemarano

Sabato 29 febbraio

Alle ore 21:30 è previsto il concerto de I cantori di Carpino, evento promosso all’interno del Carnevale delle Culture.

Domenica 1 marzo

Alle ore 10:00 sono previste lezioni di tarantella.

Alle ore 16:00 è previsto il corteo funebre con la lettura del Testamento.

Alle ore 21:00 è previsto il concerto dei Melodia Mediterranea e la tradizionale rottura della pignata.

Durante tutte le giornate in cui si svolgeranno gli eventi previsti per festeggiae il Carnevale di Montematrano, oltre ai ristoranti, verrà allestita la Piazza del Gusto, in cui sarà possibile degustare i prodotti tipici dell’enogastronomia irpina.

Carnevale montemaranese

Carnevale montemaranese

Il Museo Civico Etnomusicale Celestino Coscia e Antonio Bocchino e il Museo dei Parati Sacri saranno aperti per effettuare visite.

I conti con l’oste: l’autobiografia di una nazione e della necessità di non dimenticare le proprie radici

I conti con l’oste è un romanzo di Tommaso Melilli, edito da Einaudi, uscito nelle librerie il 18 febbraio.

Il libro, oltre ad essere autobiografico perché lo scrittore parla della sua esperienza vissuta oltre confine, è un ritratto della nostra società fatta di partenze verso nuovi mondi, speranze verso una vita migliore, viaggi verso l’ignoto, che non mancano di molti risvolti negativi come di quelli positivi.

Tommaso Melilli riassume così, in un paio di tweet, il focus del suo romanzo:

Ero un cuoco italiano a Parigi che non conosceva affatto l’Italia: me n’ero andato a vent’anni, facendo – come si dice – i conti senza l’oste.

Sono tornato a casa, e ho rimediato.

L'autore de Iconti con l'oste

Tommaso Melilli

E ancora lo scrittore, parlando della sua esperienza, ricorda due episodi che, negli ultimi anni, hanno segnato profondamente Parigi e non solo: la tragedia del Bataclan e l’incendio a Notre-Dame.

Ecco lo scrittore cosa ci dice ne I conti con l’oste:

La metà di noi era in servizio la notte del Bataclan, e uno di quelli ero io. Un mese fa ha preso fuoco Notre-Dame. Non mi rendo conto di quanto valga anche per le altre città, ma a Parigi le cose ogni tanto bruciano.

Tommaso Melilli decide di andare a Parigi per studiare letteratura ma, dopo qualche anno, si ritrova ad essere chef di un ristorante, un lavoro tranquillo ma che poi, in realtà si rivela tutt’altro che tranquillo perché tra locali in fiamme e ritmi senza sosta, lo scrittore si rende conto che, probabilmente, la tranquillità risiede altrove. Quell’altrove, probabilmente, è ubicato in quello stesso luogo che, vent’anni prima, ha deciso di lasciare perché ciò da cui fuggi, un pò perché non ti riconosci per come vorresti, spesso, è proprio ciò che ti caratterizza e che rappresenta ciò che sei.

Com’è lavorare nella ristorazione, da chef, a Parigi?

I conti con l’oste non è solo un romanzo autobiografico con focus sull’importanza di scoprire o essere ancorato alle proprie radici ma è anche un libro esplicativo sulla condizione lavorativa, vista e vissuta da chi non è del luogo.

Per farvi capire meglio citiamo un passo de I conti con l’oste:

Poi, ci siamo noi, cioè i ristoratori italiani emigrati a Parigi.

Tanto tempo fa, i francesi hanno inventato un sistema terminologico dispregiativo per definire i soggetti originari degli stati limitrofi. Come spesso accade con gli insulti di stampo nazionalista, sono forgiati sulla prima cosa diversa che si percepisce nell’altro, quindi cibi tradizionali, tratti del linguaggio, colore della pelle eccetera eccetera: per ovvie ragioni, un inglese era quindi rosbif, un portoghese un tos (per via di Portos, il moschettiere, ma anche bevanda alcolica), i belgi erano gli unici a essere chiamati semplicemente belgi, perché dal punto di vista francese essere belgi è già un insulto di per sé. I corsi, per esempio, li chiamavano les italiens. E siccome gli italiani, quelli veri, hanno sempre enormi difficoltà a pronunciare la “r” nel modo giusto quando parlano in francese, li chiamavano ritals, marcando molto la pronuncia.

Il romanzo di Tommaso Melilli è uno spaccato di vita mostrato con gli occhi di un migrante che ha scoperto il mondo dalle cucine e dalle osterie, oltre che viverlo come si vive un qualsiasi altro luogo. Il suo è un punto di vista originale che mostra un’esperienza di vita vissuta, portandoci a riflettere su molte questioni, a volte, dando anche delle risposte a quesiti che, per molti sono irrisolti o travestiti da illusione e sogno.

Tommaso Melilli: il romanzo

I conti con l’oste di Tommaso Melilli

In molti vi starete, forse chiedendo, come mai Tommaso Melilli abbia deciso di tornare.

I conti con l’oste si apre con due citazioni e in una delle due, probabilmente, è racchiuso il motivo che ha spinto lo scrittore a tornare in Italia.

Mi riferisco alla citazione di Joan Didion, contenuta nel romanzo, che recita:

Potrei dirvi che sono tornata perché avevo promesse da mantenere, ma forse è perché nessuno mi ha chiesto di restare.

Per avere conferma non vi resta che leggere il romanzo!

Fabrizio De André e PFM: gli amici fragili ritrovati in un concerto filmato

Esiste una linea sottilissima tra autori, cantautori e musica rock.

Probabilmente tutto è cominciato con la breve ma efficace diffusione della musica cosiddetta progressiva, che in Italia ebbe il suo boom nel 1971, una sorta di musica colta e classica mischiata con la cultura del rock; una miscellanea di idee moderne che si fondono negli studi classici.

Poi esiste la scrittura, anche, e tale disciplina rende benissimo sé stessa se sommata ad una storia da narrare, ancor meglio se quest’ultima si rifà ad una qualsiasi vicenda che è di “uso comune”, una narrazione in cui ci si rispecchia e ci si confronta, da cui attrae l’idea che un giorno essa possa ritornare in mente e farci crescere in esperienza.

È doveroso ricordare Lucio Battisti, che proprio nel periodo poc’anzi espresso, rielaborò subito il concetto di musicista ed interprete, e fuse la musica ragionata e costruita con la canzonetta pop, insieme ad una costante matrice sessuale ma non certo sessista, in cui si ribaltano le regole autoelette degli ascoltatori di facili entropie e disattenti ai cambi di rotta.

Il dimenticatissimo Ivan Graziani inizia la sua avventura definitiva intorno alla seconda metà degli anni Settanta: questo musicista può definirsi come caposaldo della musica italiana d’autore, concentrata in un contesto rock, in cui la visione unilaterale della conseguente ascesa di una corrente diffusa (allora) da oltre venticinque anni abbraccia la scrittura intesa come storia da narrare e non in quanto sdolcinata coesione di parole facilmente abbordabili, abbracciate ad una scarsa voglia di sapere. Con una certa probabilità sarà un giovane di Zocca, Vasco Rossi, alla fine di quel decennio, a decretare la definitiva unione dell’importanza della scrittura, presentandosi come un cantautore che non esclude la funzionalità e l’immediatezza del rock come materia d’intesa semplice colorata da una giusta dose divulgazione del verbo.

La storia che sto per raccontarvi inizia infatti proprio nel 1979, e precisamente il 3 gennaio, quando tutto ciò di cui abbiamo parlato finora ha un principio storico, cominciato in verità già dall’anno precedente, dove s’incontrano la musica d’autore con la matrice rock, addirittura progressiva.

Fabrizio De André incontra la Premiata Forneria Marconi sia in un tour che abbraccia il biennio ’78-’79, che nei dischi che ne scaturirono, ossia “Fabrizio De André in concerto / Arrangiamenti PFM” e “Fabrizio De André in concerto / Arrangiamenti PFM vol. 2”, e fu la prima volta che un cantautore affrontò un percorso formativo con una band rock. Altra curiosità: questi due dischi sono in realtà la prima testimonianza di un Fabrizio De Andrè ripreso dal vivo e riportato in un formato album per la prima volta.

De André e PFM il concerto ritrovato: il trailer

De André e PFM il concerto ritrovato

Una curiosità arriva inoltre in questi giorni, e riguarda questa storia, perché finora soltanto immaginata. La vicenda unisce la quasi leggenda di più di quarant’anni fa con l’odierna ed incredibile riuscita di un film che ripercorre quel periodo con delle immagini inedite del concerto del 3 gennaio nel Padiglione C della Fiera di Genova, per un’esperienza che unisce i palati fini con i ribelli di ieri e di oggi.

Il risultato è Fabrizio De Andrè e PFM – Il concerto ritrovato, docufilm diretto da Walter Veltroni, che unito ai racconti della band di Franz Di Cioccio, insieme a  Dori Ghezzi, arricchisce passo per passo la frenesia che lega le due realtà considerate allora troppo contrapposte.

Si narra che nel 1978 Fabrizio De Andrè si fece accompagnare a Nuoro da un pastore per veder dal vivo la Pfm, band italiana progressiva appena rientrata da un tour americano pieno di conquiste.

La band conosceva ovviamente Faber e gli propose un’idea originale e a dir poco funambolesca per l’epoca: addizionare la scrittura poetica con la musica rock per un esperimento senza precedenti.

Fabrizio De Andrè, che dal 1975 ha finalmente accettato di esibirsi dal vivo, dopo innumerevoli esortazioni del pubblico e dei manager, continua a provare una certa timidezza nei concerti. Dori Ghezzi avrebbe sostenuto che avendo le idee troppo chiare, era costretto a “stordirsi” per riordinare la mente.

La certezza che la forte musica di una rock band avrebbe potuto coprire l’importanza delle parole lo convince: sarà proprio questa ostinazione in contrasto con tutto che gli farà prendere una decisione.

Nessuno ci credeva e tutti, manager  e funzionari compresi, si convinsero che sarebbe stato un disastro totale, mentre il timido cantautore genovese accettò la temeraria sfida e iniziò l’avventura: i concerti iniziavano sempre con un’introduzione strumentale della Pfm (spesso un paio di brani) ed una schiera del pubblico applaudiva; poi Fabrizio De André iniziava con uno dei suoi più grandi successi (es. Bocca di Rosa) ed un’altra fazione si risvegliava dal frastuono dei feedback di chitarra elettrica, ed apprezzava con urla festanti.

Fu l’unione definitiva di due culture che si unirono e misero la parola fine ad un’epoca di confronti.

La cassetta è stata conservata per quarant’anni da Piero Frattari, documentarista, fatalmente ossessionato per tutto ciò che può e potrà essere importante, il quale si trovava quella sera del 3 gennaio a Genova e riprese tutto.  Grazie all’esortazione di Franz Di Cioccio, Franco Mussida e soci, che credevano che non esistesse nulla di visivo che avrebbe potuto testimoniare la magia di quei giorni, ora quel documento visivo è rinato a nuova vita.

Fabrizio De André e PFM – Il concerto ritrovato arriva nelle sale cinematografiche Nexo Digital, per sole tre date in febbraio: il 17, il 18 (giorno dell’ottantesimo compleanno di “Faber”) e il 19.

Docu-fiction di Walter Veltroni: il trailer

Fabrizio De André

Oggi, più di allora, quando si temeva la ribalta della disco music da un lato e del punk dall’altro, un documento simile ha la forza di sommare l’intensità dei suoni costruiti e ragionati insieme all’importanza della poesia, che Orazio riteneva la più somma testimonianza dell’esistenza di un autore, attraverso cui potrà sempre autoproclamarsi come immortale.

Carmine Maffei

L’amore per Juan Vicente Piqueras racchiuso in tre poesie

Juan Vicente Piqueras è un poeta spagnolo contemporaneo. Figlio di agricoltori, ha vissuto in una casa in campagna in un piccolo villaggio di Los Duques de Requena, in cui non c’erano libri. Appena ha potuto, il poeta, ha deciso di conoscere il mondo, visitandolo.

Le poesie di Juan Vicente Piqueras sono dirette, semplici e senza eccessivi giochi di parole. Le sue poesie raccontano di vita, di sentimenti, di amore e di malinconia.

Abbiamo deciso di portarvi all’interno del suo mondo poetico, riportando tre poesie d’amore tratte da Vigilia di restare (2017) pubblicate da Multimedia Edizioni, per farvi conoscere un poeta che merita di essere letto e conosciuto.

Oceano Nuziale

Questa storia comincia molto prima di noi.

Ci sono volute età di dolore e d’oro,

di pietra e di acqua antica, glaciazioni,

battaglie e lamenti, secoli, soffi,

una sera di marzo all’Isla Negra,

caverne, vulcani, libri, guerre, aquile,

stelle, formiche, ponti, labbra, tunnel,

poesie, caramelle, Carmen, rose

che Luis rubava per regalarle a te.

 

Ci sono voluti mari manoscritti,

madri che ci hanno allattato, tempeste,

tori di neve, navi, nubi, foglie

che cadono al suolo in un giardino in Cile

quando nessuno le vede,

miserie e miracoli, per giungere qui,

sulle sponde di questo oceano nuziale,

del vostro amore che sta ricominciando.

 

Ci sono volute, persino,

cose che non c’era bisogno che accadessero:

tiranni, per esempio,

che non sanno, poverini, che l’amore li tollera e li usa per diventare più forte,

e che laddove seminano la loro impotenza,

il seme putrefatto del non posso,

la vita riesce a far crescere, nella sua pazienza,

la rosa regalata del sì voglio.

Questa storia comincia molto prima di noi,

e non ha fine.

 

Ci è mancato poco che non accadesse, e tuttavia

è accaduta, siamo qui, a battezzarci

nelle acque benedette

del vostro nostro oceano nuziale.

 

Oggi la vita è un sì. Ha senso.

L’amore, come il mare, non dorme mai.

E la marea cresce anche se nessuno la guarda.

Avete attraversato anni, paesi, pagine

per arrivare qui. E tanti auguri.

Juan Vicente Piqueras: poesie

Juan Vicente Piqueras

Decalogo della felicità

  1. Desiderare ciò che hai.
  2. Non avere tutto ciò che desideri.
  3. Baciare l’aria all’ispirare e all’espirare rendere grazie.
  4. Onorare padre e madre.
  5. Desiderare la felicità degli altri.
  6. Non dimenticare quello che ti circonda.
  7. Non mentire, o mentire con amore.
  8. Perdonare chi ti ha fatto del male e quelli a cui hai fatto male.
  9. Leggere buoni poeti.
  10. Cantare, ballare, ridere, amare quel che non serve a niente.

Questi dieci comandamenti si riassumono in due:

Ama ed esci da te stesso.

Ama e fà quello che vuoi.

 

Due nuvole

Una nuvola incontra un’altra nuvola,

si sposano e si mettono a piovere…

 

Questa è la storia dell’amore per mio padre.

Buon San Valentino!

Morrison Hotel: storia di uno scatto cinquantennale

Gennaio 1970.

Per di qua, ragazzi. Ci siamo quasi…

La band seguiva quel tipo alto, biondo ed occhialuto, il tastierista, tra strade semisconosciute di Venice Beach, quello stesso luogo dove cinque anni prima, sulla spiaggia, era iniziato tutto.

Ray Manzarek lì vi aveva incontrato Jim Morrison, il suo compagno di studi all’UCLA e insieme avevano dato vita a qualcosa di strabiliante; una nuova parentesi musicale che avrebbe abbracciato la filosofia di Nietszche con le poesie di Rimbaud, un libro di Aldous Huxley, Le porte della percezione, con il richiamo obbligato a William Blake: i Doors, signore e signori.

Ora, quasi cinque anni dopo, ormai famosi, eccoli riuniti per un servizio fotografico organizzato all’ultimo minuto.

Perché tanta tempestività?

Da qualche giorno Jim Morrison aveva tagliato la foltissima barba che portava da più di un anno. Questo in seguito a degli scatti promozionali per una rivista patinata, che lo ritraevano di nuovo ben rasato mentre indossava abiti sgargianti e di dubbio gusto, insieme ad altri modelli di bellezza androgina tutti intorno e infine con lei, Pamela Courson, sua compagna e musa, oltre che proprietaria della boutique Themis. Un investimento davvero esagerato, affrontato grazie alle royalties degli album precedenti dei Doors.

Jim Morrison: approfondimento

John Densmore, Robby Krieger, Ray Manzarek e Jim Morrison

Per la sua ragazza Jim Morrison non aveva badato a spese nemmeno per quanto riguardava una casa, con tanto di Porsche parcheggiata nel vialetto, mentre lui viveva senza fissa dimora, saltellando tra un hotel e l’altro, tutti d’infimo ordine.

Aveva fatto crescere la barba innanzitutto per uccidere l’emblema di sex symbol che gli avevano cucito addosso, oltre che per somigliare sempre più al poeta a tempo pieno che desiderava diventare.

In più nell’ultimo anno, in seguito ad un esaurimento nervoso e al forte alcolismo, aveva messo su qualche chilo, situazione che sommata al rifiuto di radersi, infastidiva a dir poco gli altri ragazzi della band, che proprio per questo motivo da tempo si erano rifiutati tutti insieme per una session fotografica. Solo che Jim Morrison, dal suo canto,  per Pamela Courson non solo avrebbe tagliato la barba, o sarebbe volato dall’altra parte dell’oceano, ma si sarebbe addirittura esposto di nuovo ai flash, come la rock star intrisa di sesso che era stata tre anni prima.

Accortisi della novità, dunque, gli altri membri dei Doors avevano presto pensato ad un servizio fotografico promozionale per l’album che sarebbe uscito un mese dopo, e bisognava far presto, dunque, prima che la barba ricomparisse di nuovo sul volto del loro cantante dannato.

“Ci siamo” dichiarò Ray Manzarek mentre sostava di fronte  a ciò che sembrava l’ingresso di un hotel.

Jim Morrison, Robby Krieger e John Densmore, insieme al fotografo Henry Diltz, sostarono a lungo alle spalle dell’amico dal caschetto biondo, il quale indicava con un sorrisetto ironico e saccente il luogo dove si sarebbe descritta gran parte della storia di quell’anno, dove tutta la filosofia del poco tempo che sarebbe rimasto per le loro creazioni si sarebbe fossilizzata in uno scatto simbolico e decisivo. Una vetrina abbastanza grande sulla sinistra su cui campeggiava la scritta Morrison Hotel, e a destra un ingresso alquanto trionfale, nonostante lo squallore generico che quel luogo terribile ispirava; un albergo che costava due dollari e mezzo e notte, fatiscente e lugubre.

Morrison Hotel

Morrison Hotel

La band però sembrava entusiasta dell’idea e Henry Diltz li immortalò dapprima sotto il piccolo porticato che antecedeva l’ingresso; poi i Doors varcarono la soglia che si aprì con un tintinnio familiare ed entrarono nella hall, subito sulla sinistra, posizionandosi al di sotto della scritta, ognuno prendendo il suo posto, un po’ a caso, mentre il fotografo restava in strada, cercando di ritrarli e valutando le luci della sera che presto sarebbe sopraggiunta, e con essa i riflessi nel vetro dei fanali delle automobili che circolavano. Ma niente da fare. Il titolare dell’albergo, un tipo losco e burbero, senza troppe scuse mandò i ragazzi a farsi un giro: niente foto nel suo hotel, neanche a pensarci, gente.

Tra una scusa e l’altra i nostri intanto perdevano tempo, ordinando magari un drink, sostando nei pressi del luogo agognato, davanti alla vetrina della hall, ma mai allontanandosi.

Il momento propizio avvenne quando il direttore si allontanò un attimo per un impegno improvviso. Ci volle uno sguardo d’intesa tra tutti quegli amici un po’ brilli, e successe tutto in un attimo: Henry Diltz balzò di nuovo in strada, mentre i Doors, con un Jim Morrison volutamente posizionato al centro con camicia bianca che rifletteva il pallore del viso, e uno sguardo vacuo, ripresero lesti i posti che erano stati loro assegnati qualche minuto prima di essere interrotti. Restava poco tempo a disposizione e bisognava far presto: la luce, già scarsa quel pallido giorno d’inverno di cinquant’anni fa, sarebbe del tutto scemata in una manciata di minuti. Inclinato appena sulla sua destra, Robby Krieger è in piedi alle spalle di Jim Morrison, quest’ultimo seduto su un tavolino, mentre Ray Manzarek e John Densmore accomodati in poltrona, ai lati del loro carismatico e quasi sempre alticcio cantante, il primo un po’ più composto e girato di lato mentre guarda l’obiettivo, il secondo in ginocchio sul sedile e gli avambracci posati sulla spalliera, il mento quasi a toccare le mani congiunte. Quando il direttore tornò quei capelloni erano già belli lontani, con un tesoro che avrebbe fatto storia nelle istantanee rock, al sicuro nella macchina fotografica.

L’album che uscì un mese dopo, il 9 febbraio 1970, avrebbero dovuto intitolarlo Hard Rock Cafè, ma fu quello scatto organizzato in pochi minuti, che cambiò i connotati al lavoro. Morrison Hotel vendette in poche settimane mezzo milione di dischi, e quel nome all’album che ricordava senza dubbio il cantante, fu come un omaggio a Jim Morrison, che abbandonata per un attimo la sua crisi esistenziale, si era rimesso di nuovo sul serio a lavoro per la stesura delle nuove canzoni e per affrontare le nuove date.

Esistono delle riprese di quel pallido pomeriggio a Venice Beach, girate dallo stesso Henry Diltz, poco prima di arrivare al Morrison Hotel.

Jim Morrison

Jim Morrison

Jim Morrison (che beve da un fiaschetto di non so cosa) e soci passeggiano sulla spiaggia, poi il cantante sale su un’altalena per un giro mozzafiato, infine risale la spiaggia e si ferma davanti ad un muretto su cui campeggia una scritta: ERBA.

Carmine Maffei

Trasmettete l’amore: il video contro i pregiudizi della compagnia teatrale Puck Tea Trè

Trasmettete l’amore nasce quando una sera i componenti di Puck Tea Tré, compagnia teatrale di Avellino, erano a cena con Tito Huang, un loro amico nonché artista cinese che da anni risiede in Irpinia.

Uno degli argomenti trattati durante la serata è stato quello del Coronavirus e così è nata l’urgenza di dire qualcosa a riguardo, diffondendo un messaggio positivo.

Trasmettete l’amore è un video che vuole smuovere le coscienze senza però avere la presunzione di voler far cambiare idea a riguardo.

Afferma Michelangelo Belviso della compagnia teatrale Puck Tea Tré:

Il problema di oggi è il modo con cui si guarda il mondo e le valutazioni che si fanno a riguardo. Non siamo più curiosi di conoscere le persone o le cose che ci circondano.

Per me, l’amore è condividere quello che ami, amare ciò che ti piace, dare qualcosa di buono all’altro. Amore è un bambino che ti sorride mentre lo guardi negli occhi. L’amore è il centro del mondo.

Trasmettete l'amore: video

Trasmettete l’amore è un video contro i pregiudizi

Puck Tea Tré: chi sono e cosa fanno

Puck Tea Tré è una compagnia teatrale, che esiste e resiste da tre anni, composta da: Michelangelo Belviso, Martha Festa, Jessica Festa e Lara Belcastro. Il loro progetto nasce dal desiderio di produrre e promuovere corti teatrali e cinematografici oltre alla voglia di promuovere eventi culturali e laboratori nel nostro territorio.

Puck Tea Tré debutterà il prossimo maggio con nuovo spettacoloteatrale per ragazzi presso La Bottega del Sottoscala. I ragazzi sono attualmente in concorso con il cortometraggio Human Tide, per il  David di Donatello.

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