Nel piano dei fondi previsto per il rilancio in favore dei Comuni interessati dalle zone rosse, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 20 maggio, anche il Comune di Ariano Irpino rientrava tra i beneficiari.
Il documento in questione è stato rettificato e sono stati esclusi alcuni Comuni, risultati precedentemente beneficiari, e tra questi vi è anche Ariano Irpino, definito “la Codogno del Mezzogiorno”.
![Ariano Irpino viene esclusa nel piano dei fondi stanziati per l'emergenza Covid-19](https://www.ilplurale.it/wp-content/uploads/2020/05/corona-5032793_1280-1-1024x682.jpg)
Ariano Irpino esclusa nel piano di aiuti dei Comuni teressati dalle zone rosse.
Carlo Sibilia appresa la notizia si esprime con queste parole:
Oggettivamente è difficile comprendere la ratio di una tale novità. Tuttavia ho sentito anche il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio con il quale abbiamo deciso di sostenere l’emendamento che sta già predisponendo il Deputato del Movimento 5 Stelle Gigi Maraia, così da ripristinare la norma originaria pubblicata in gazzetta solo un giorno fa.
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E finsero felici e contenti. Dizionario delle nostre ipocrisie: la recensione
E finsero felici e contenti. Dizionario delle nostre ipocrisie (2020) è un libro di Giuseppe Culicchia, edito da Feltrinelli Editore, che descrive la società di oggi, basata su fake news, storytelling, ovvietà di un pensiero semplicistico, che mette da parte la costruzione di un pensiero complesso.
Il libro, come si evince anche dal nome, è una sorta di dizionario che analizza alcune parole usate e abusate in tutti i contesti cui fa comodo.
Con ironia lo scrittore descrive il mondo attraverso definizioni che, oltre a dare un significato ad una parola, vengono inglobate automaticamente in un pensiero politico, solo per il semplice fatto di star utilizzando quella parola e non un’altra. In breve, oggi, utilizziamo e ci nascondiamo dietro termini politicamente corretti ma, in fondo, non siamo altro che finti integralisti e ipocriti decodificatori di una realtà, che ci viene comunicata attraverso una strumentalizzazione distorta del linguaggio.
Ad esempio, utilizziamo la parola riforma per definire le misure che, nel corso degli ultimi dieci anni, hanno limitato e abolito i diritti dei lavoratori. Come si può far passare con il termine riforma l’introduzione del precariato?
Per rendervi più il concetto riporto alcuni termini presenti all’interno di E finsero felici e contenti. Dizionario delle nostre ipocrisie.
E finsero tutti felici e contenti: dizionario delle nostre ipocrisie di Giuseppe Culicchia
E finsero felici e contenti. Dizionario delle nostre ipocrisie: citazioni
CICCIA: Ironizzare per anni su quella di Giuliano Ferrara e di Mario Adinolfi, definendoli ciccioni. Stigmatizzare però gli odiatori del web che fanno lo stesso con Michela Murgia. I chili di troppo sono un altro degli spunti preferiti dagli odiatori dei social, che non perdono occasione per attaccare modelle e attrici e cantanti se per caso hanno messo su qualche etto dall’ultima sfilata o passerella o esibizione canora: sempre servendosi dei nick, ci mancherebbe.
Mina risolse la questione sparendo ben prima dell’avvento dei troll digitali.
Ma per tornare al principio dei due pesi e delle due misure, si staglia su tutti l’esempio impareggiabile del famoso tweet di Asia Argento, che incrociando Giorgia Meloni al ristorante la fotografò e scrisse:
“La schiena lardosa della ricca e svergognata -Make Italy great again – #fascista ritratta al pascolo.”
Vale forse la pena di ricordare che la Meloni era diventata madre da pochi mesi, ma al di là di questo sorprende che la futura (in quel momento storico) paladina del #metoo e del neofemminismo attaccasse una donna proprio a partire dal suo aspetto fisico.
Resta indimenticabile il Bianciardi che, ribellandosi al Miracolo italiano, scriveva ne La vita agra: “Scomparse le diete dimagranti e i pregiudizi estetici, le donne saranno finalmente grasse”.
Oltre a termini e singole parole, nel libro, ci sono slang, slogan e nomi di aziende che rappresentano un determinato mondo ideologico e che, se pronunciate o scritte, rappresentano inevitabilmente ed erroneamente l’identificazione del nostro interlocutore.
AIUTIAMOLI A CASA LORO: Anni fa era uno slogan della destra. Chiunque lo pronunciasse veniva subito etichettato come fascista. Poi le cose sono cambiate: a un certo punto lo ha affermato anche Matteo Renzi. quindi forse per alcuni resta uno slogan della destra. Se lo fanno concretamente i volontari delle ONG recandosi in Africa, tutto bene. Se lo propongono da destra, si tratta invece di razzismo bello e buono. Anzi: brutto e cattivo.
E ancora:
AMAZON: Sfrutta i dipendenti che devono rispettare tempistiche e turni controllati da appositi braccialetti elettronici degni del Frande Fratello, per tacere delle tempistiche cui sono soggetti i correri, e con la sua politica dei prezzi e degli sconti danneggia editori e librai indipendenti.
In veste di scrittori, dire in pubblico che i libri si comprano nelle librerie indipendenti. In privato, ma solo se costretti, ammettere: “Beh, sì, sai, anch’io a volte…”. Della multinazionale e delle sue politiche inerenti al mondo del lavvoro e ai diritti (?) dei lavoratori si è occupata di recente la Cgil del nuovo segretario Landini, ma non il Pd, che in teoria sarebbe l’erede di un partito fondato da un certo Antonio Gramsci ma ha bel altro a cui pensare.
A Torino, significativamente, l’edificio dove viveva e lavorava Gramsci è stato riattato e trasformato in un hotel di superlusso.
Qualche buon motivo per leggere il libro di Giuseppe Culicchia
Se si volesse riassumerlo brevemente, definirei l’opera di Giuseppe Culicchia come un libro dissacrante sulla società contemporanea. Lo scrittore ha trovato il modo di rendere leggero, nella lettura, un libro pesante dal punto di vista contenutistico perché scrivendo e sviluppando l’opera letteraria come fosse un dizionario, riesce a parlare in modo breve, semplice e conciso di problematiche e argomenti non proprio di facile esplicazione e poco strutturati.
Il tono di Giuseppe Culicchia è ironico, dissacrante e così banalmente vero che, un pò, si resta mortificati nel leggere la nostra inconsistenza ideologica che si traspone nel liguaggio.
Ogni parola che utilizziamo trasuda ipocrisia e, a mio avviso, questa falsità nell’antica Grecia e in filosofia la si chiamava dialettica, grande capacità oratoria. Quest’arte, nel caso dovesse essere ancora presente ma dubito, oggi, viene strumentalizzata non per ricercare la verità, come un tempo. Oggi la dialettica è uno strumento atto alla ricerca della ragione, sempre la propria e mai quella altrui.
Il punto dello scrittore non è soltanto quello di sottolineare che si può dire di tutto il suo contrario ma è la finalità e l’ipocrisia sociale e politica con cui si strumentalizza la parola. A prescindere dal fatto che la comunicazione, in fin dei conti, non è altro che uno strumento di cui ci avvaliamo per far comprendere un concetto, un intento, un desiderio o un’idea.
Le parole, come diceva Nanni Moretti in Palombella Rossa, sono importanti e possono essere pesanti come pietre.
La violenza delle parole risiede nell’ipocrisia come i termini politicamente corretti, che utilizziamo, rappresentano l’apologia della falsità dialettica. Ogni parola presente nel nostro vocabolario ha una propria etimologia che dovrebbe aiutarci a comprendere il vero significato, che ha dato origine a quel termine. Probabilmente questa materia che dovremmo approfondire o studiare nelle scuole, a prescindere, se si scelga di fare il Liceo Classico o quello Scientifico (perché ci si imbatte nello studio etimologico dei termini, studiando le lingue morte: il greco e il latino).
Conoscere il vero significato delle parole aiuta ad essere più consapevoli dell’uso dei termini che utilizziamo e ci aiuta a comprendere l’importanza del linguaggio e il rispetto che dobbiamo a questo strumento di comunicazione potente che abbiamo a nostra disposizione.
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È la notte un raduno d’ombre appunti su Falcone al Teatro Mercadante
In occasione del 30° anniversario della strage di Capaci: 23 maggio 1992 il Teatro di Napoli-Teatro Nazionale martedì 24 maggio alle ore 21.00 al Teatro Mercadante presenta: È la notte un raduno d’ombre, Appunti su Falcone e altri testi di Franco Scaldati, un progetto di Franco Maresco e Claudia Uzzo.
Nel 30° anniversario della strage di Capaci (Palermo) del 23 maggio del 1992, il Teatro Nazionale di Napoli, martedì 24 maggio alle ore 21.00 al Teatro Mercadante, presenta E’ la notte un raduno d’ombre. Appunti su Falcone e altri testi di Franco Scaldati.
Una performance tra immagini, testi e memorie, su progetto di Franco Maresco e Claudia Uzzo, a partire dal testo del drammaturgo, attore e regista Franco Scaldati, scomparso nel 2013 autore di testi come Il pozzo dei pazzi, Totò e Vicè, considerato tra i maggiori esponenti della drammaturgia italiana contemporanea dalla seconda metà degli anni ’70 del secolo scorso.
Un evento artistico e allo stesso tempo civile, attraverso la poesia e le parole di Franco Scaldati e le immagini del regista Franco Maresco, per ricordare e raccontare l’atmosfera degli anni dell’operato del Magistrato Giovanni Falcone, assassinato da Cosa nostra insieme alla moglie Francesca Morvilo e ai tre uomini della scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani.
È la notte un raduno d’ombre di Franco Scaldati
Ricorda Franco Maresco:
Gli “Appunti per Falcone” furono ritrovati tra le carte del drammaturgo Franco Scaldati nel 2018. Dell’esistenza di questi brevi testi poetici mi aveva parlato più volte Melino Imparato dopo la morte di Scaldati . Si sapeva che c’erano, o c’erano stati veramente, ma nessuno li aveva trovati fino a quell’anno.
In “Appunti per Falcone” non c’è nessun riferimento ai fatti reali, alle cronache di quella strage del ’92, meno che mai a trattative tra Stato e mafia o ai mille ” teoremi ” di cui si parla o delira da trent’anni. C’è invece la poesia e la lingua irripetibili di Franco Scaldati, la sua visionarietà, la sua profondissima riflessione sul mistero dell’esistenza umana, su quella che lui chiamava la “perversione del destino“.
Solo gli “esperti ” di vecchie cose palermitane riconosceranno in alcuni splendidi monologhi il riferimento biografico a Falcone: quello del boss della Kalsa, Tommaso Spadaro, che da bambino giocava a pallone con il futuro giudice (e suo “nemico”). Il resto è puro Scaldati, visione di ” abissi e catastrofi “, da cui però, forse, può rinascere ancora la vita.
La performance anticipa il progetto di produzione che il Teatro di Napoli avvierà intorno alla drammaturgia di Franco Scaldati, con il regista, a partire dalla prossima stagione.
Ingresso libero su prenotazione, fino a esaurimento posti disponibili.
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Simone de Beauvoir: situazione della donna oggi
Il 9 gennaio del 1908 nasce Simone de Beauvoir, scrittrice, insegnante e filosofa oltre ad essere una delle figure più rilevanti all’interno del movimento femminista. Durante gli anni ’70 è stata in prima linea su tematiche sociali di vario genere.
Nei suoi scritti è predominante la voglia di sollevare e di trattare tematiche inerenti la condizione della donna come, ad esempio, quella dell’aborto, del ruolo della donna non delimitato al focolare domestico e dell’importanza per la donna di trovare una posizione sociale indipendente e non subordinata a quella dell’uomo.
La donna di cui parla Simone de Beauvoir è un ritratto di una donna moderna, non assoggettata ai retaggi culturali, che la vogliono ingabbiata a taluni comportamenti sociali che producono un’idea rassicurante ma non ne fanno un individuo pensante. Molti di questi temi sono ancora attuali ma, a differenza degli anni in cui ha vissuto la filosofa francese, oggi restano sospesi e senza risposta.
Mi spiego meglio.
Siamo abituate a sbandierare ai quattro venti la volontà di voler essere indipendenti, di voler cambiare la società maschilista che, ancora oggi come ieri, ci penalizza, soprattutto, a livello lavorativo.
Molto spesso quando si parla di emancipazione femminile solleviamo importanti questioni senza però trovare ad esse soluzioni o agendo, a nostra volta, in modo maschilista nei confronti delle altre donne.
Noi donne dovremmo iniziare a sganciarci da questi comportamenti e a riconoscere modus operandi che appartengono alla società maschilista perché a volte, inconsapelvomente, ci comportiamo come il sottoprodotto di quel tipo di modello che respingiamo a parole ma non nei fatti.
Potrei fare degli esempi ma non è questo il luogo giusto per farlo. Ritengo che sia più appropriato riportare alcuni passi di una conferenza di Simone de Beauvoir, tenuta in Giappone nel 1966, che spiega la situazione della donna oggi come ieri.
Le parole della filosofa esistenzialista sono attuali perché molti problemi irrisolti sulla condizione femminile sono perfettamente calzanti ancora oggi.
Ciò probabilmente dipende da una paralisi e per certi versi anche da una regressione della società, che ci porta a galleggiare su un mare di problemi a cui non si fa fronte o non lo si fa nel modo giusto.
Simone de Beauvoir
Nel 1966 Simone de Beauvoir diceva:
Anzitutto, penso che la donna che accetti di vivere in una totale dipendenza economica nei riguardi di un uomo – destino della donna sposata classica – accetta anche di vivere in una dipendenza morale, psicologica, in una totale dipendenza interiore. E questo, trovo che nessun essere umano lo dovrebbe accettare. La donna dipendente l’accetta, perché la condizione materiale della vita è il fondamento dell’intera vita: se una donna è incapace di sopperire da sé ai propri bisogni, è costretta a sottomettersi alla volontà dell’uomo.
E in particolare se – cosa che accade di frequente- un matrimonio va male, se una donna cessa di amare il marito, si trova costretta, per ragioni materiali, a innumerevoli compromessi; è spinta a imbrogli morali, alla malafede, a ingannare se stessa, insomma a un insieme di comportamenti che ritengo profondamente riprovevoli.
Nello stesso tempo è in gioco la sua felicità: dipende dalla libertà dall’altro, dalla libertà dall’uomo. Ne ho visto una quantità di esempi strazianti: se l’uomo non ama più la moglie, se decide di lasciarla, lei si ritrova molto frequentemente senza risorsa alcuna, sia materiale sia morale, perché aveva puntato tutto sull’amore del marito ed era, anche nel suo essere interiore, nell’intimo di se stessa, interamente dipendente, al punto che non sa neppure più chi sia né nperché viva, quando non è più amata.
Affrontata la prima questione: quella dell’indipendenza economica da cui scaturiscono altre indipendenze della stessa importanza. Simone de Beauvoir prosegue, affrontando una questione ancora all’ordine del giorno: la differenza salariale tra uomo e donna.
E dice:
In tutti i campi, tanto nelle libere professioni quanto nella classe operaia, si vede succedere esattamente la stessa cosa. Ci sono state molto recentemente in Inghilterra grandi dichiarazioni di lavoratrici inglesi che si proponevano come primo obiettivo la lotta per l’uguaglianza del salario tra uomini e donne. Ma il loro portavoce aggiungeva che non c’era nessuna speranza di conseguirla prima di una decina o perfino di una quindicina di anni.
C’è stato pure un movimento davvero straordinario, tre o quattro mesi fa, in Belgio: si sono riunite delle operaie, hanno fatto manifestazioni di massa, sono sfilate nelle strade reclamando l’uguaglianza dei salari; con le loro proteste, con scioperi, l’hanno ottenuta in alcune aziende.
Questa vittoria rappresenta una speranza, un esempio; ma è eccezionale. Su questo punto, la donna è di solito profondamente svantaggiata rispetto all’uomo. Non farà una carriera brillante, non avrà successo che le dia soddisfazione, e sarà pagata meno di lui.
Il problema della disparità tra uomo e donna, oltre ad essere un problema culturale, è un problema sociale e quindi politico.
Simone de Beauvoir
Cosa ferma il percorcorso verso la parità tra uomo e donna per Simone de Beauvoir?
Apparteniamo a democrazie borghesi e c’è in seno alla democrazia borghese una costraddizione che risalta in molti campi, in quello della donna tra gli altri. Da un lato la democrazia borghese vorrebbe essere una democrazia, cioè un regime in cui c’è uguaglianza perfetta tra tutti i cittadini. Non ci sono discriminazioni né di razza né beninteso di sesso. Di conseguenza le donne sono uguali agli uomini. È per dimostrare questo che ci hanno dato all’indomani della guerra i diritti politici, in particolare quello di voto, e si è ritenuto che dovessimo accontentarcene, che accordandoci questi diritti venissimo davvero riconosciute uguali agli uomini.
Ma d’altro lato la democrazia borghese è borghese, cioè significa che la direzione del paese appartiene a una certa classe; la quale vuole naturalmente conservare i propri privilegi, il proprio ruolo dirigente, cioè l’ordine stabilito. Qui tocchiamo un punto estremamente importante. Si tratta di dare l’impressione che siamo in democrazia, pur conservando l’ordine stabilito che è fondato sulla disuguaglianzqa. In particolare, si manterranno le donne in stato d’inferiorità.
I passi riportati di Simone de Beauvoir rappresentano un assaggio del contenuto della conferenza, che potrete leggere integralmente nel libro Quando tutte le donne del mondo…, pubblicato nel 1982 da Giulio Einaudi editore.
Con questo breve accenno su tematiche attuali, su cui sarebbe importante riflettere, abbiamo voluto darvi un breve ritratto del pensiero di Simone de Beauvoir.
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