Antropocene: il docufilm sulla trasformazione del pianeta causata dall’uomo

Il termine Antropocene è stato diffuso negli anni ’80 dal biologo Eugene F. Stoermer e riportato in auge da Paul Crutzen, Nobel per la chimica, nel 2000. Antropocene indica l’era geologica successiva all’Olocene, in cui l’uomo è diventato la principale causa di trasformazione e corruzione delle condizioni ambientali terrestri. La maggiore diffusione di questo termine si è avuta in ambito filosofico perché tra i geologi questa nozione non è stata ancora validata perché mancante di analisi globali e metodologie specifiche tali per poterne appurare la veridicità.

Il termine Antropocene deriva dal greco “anthropos”( uomo) e “kainos”(nuovo) quindi già l’etimo ci suggerisce l’ingresso di una nuova era caratterizzata dalla centralità dell’operare umano a discapito dell’ambiente circostante, quello della natura.

Lo sfruttamento ambientale perpetrato da anni dall’essere umano nei confronti della natura tutta, ha generato un cambiamento terrestre e climatico.

Il documentario Antropocene diretto da Jennifer Baichwal, Edward Burtynsky e Nicholas de Pencier, in uscita nelle sale italiane il prossimo 19 settembre, mostra visivamente tutto lo scempio di cui abbiamo accennato.

Il documentario chiude la trilogia composta da Manufactured Landscapes (2006) e Watermark (2013) lungometraggi che rientrano nello stesso mood di Antropocene.

Antropocene: il trailer

Il documentario sull’impatto umano ai danni del pianeta

Ciò che muove i registi del docufilm è la voglia di mostrare senza poesia cosa realmente stiamo facendo al nostro pianeta, lo spettatore verrà condotto in ben 43 luoghi appartenenti a 20 Paesi.

In Kenya, ad esempio, si accatastano, come se fossero foglie secche, zanne di elefanti sequestrate a bracconieri per poi essere bruciate.

Intanto ad Hong Kong si continua a lavorare l’avorio, che proviene dalla Siberia e dai ghiacci e dal permafrost che si sciolgono e permettono di ritrovare resti di antichi mammuth. per ottenere oggetti di vatrio tipo e che possono richiedere anche anni di lavorazione.

Ad Atamacama, nel deserto cileno, vi sono immense vasche gialle o azzurre in cui viene trattato il litio, indispensabile per le batterie dei nostri smartphone o per le auto elettriche.

Il viaggio prosegue tra foreste canadesi fino a giungere a Shangai e in altri luoghi sparsi nel mondo e tutto ciò per denunciare un fenomeno di cui siamo a conoscenza ma, come molti altri argomenti, valutiamo con molta superficialità.

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