Sicuramente non dimenticheremo più questo periodo legato al quasi inizio del 2020. Le speranze in progress, per il nuovo anno, non hanno avuto neanche il tempo di prendere una forma nella nostra mente, che si sono trasformate in speranze di ritornare alla vita che abbiamo lasciato con disprezzo, sentimento con cui si saluta ogni anno che trascorre.
Abbiamo assaporato e scoperto il vero significato che ha la parola noia, siamo stati costretti a fermarci eppure, spesso, auspicavamo una stasi, per avere del tempo per noi. È accaduto ma non era come ce lo aspettavamo.
Probabilmente da questi mesi trascorsi come un unico giorno infinito abbiamo compreso il reale significato che ha la parola libertà, abusata e mai vissuta pienamente. E forse inizieremo a concepirla e a viverla nel modo in cui avremmo dovuto fare già prima.
Abbiamo scoperto che la libertà, un diritto che democraticamente abbiamo sempre assorbito come un diritto inalienabile, in fondo, così scontato non è. Siamo liberi ma questo privilegio ci può essere tolto, per cause di forza maggiore e trasformarci da esseri indipendenti a soldatini che non hanno più possibilità di scelta.
Questa parantesi non è una critica alle imposizioni cui abbiamo dovuto sottostare e a cui sottostiamo ma è uno spunto di riflessione che, forse, dovrebbe renderci più consapevoli di ciò che siamo e di ciò che rappresentiamo. Queste parole non sono spinte dalla speranza di poter diventare migliori ma dalla speranza di prendere coscienza e consapevolezza, per poter vivere ogni giorno apprezzando tutto ciò che prima davamo per scontato.
Abbiamo vissuto con la paura del contagio e questa paura non è terminata e non diminuirà con la fase 2. Abbiamo vissuto con l’angoscia di poter contrarre il virus, questo essere invisibile che si insinua silenziosamente con il suo tempo di incubazione e che, nella peggiore delle ipotesi, ci avrebbe potuto portare e potrebbe portarci alla morte o a quella dei nostri cari. Nella migliore delle ipotesi, controllando uscite, gesti e utilizzando tutte le precauzioni possiamo evitarlo, ritendendoci dei graziati in virtù di fattori che, tutt’oggi, sono diversi, ipotizzabili e variabili.
Abbiamo scoperto l’introspezione e l’obbligo di fare i conti con ciò che siamo realmente, confrontandoci direttamente con noi stessi. Per quante siano state le distrazioni offerte dal web, dalle video call con gli amici e dai mille palliativi e strategie che abbiamo adottato per far trascorrere più velocemente il tempo, queste ore non passavano mai e ci riportavano sempre a doverci guardare dentro o a pensare a quello che siamo stati, che siamo e che vorremmo diventare in futuro.
Ci siamo abituati allo scorrere del tempo lento e monotono, rassegnandoci.
Abbiamo scoperto la paura e la diffidenza fisica mentre prima era solo morale, metafisica e universalmente valida, ma mai palese, per ciascun individuo.
Il Covid-19 ci ha reso migliori? Non credo. Sono convinta che il virus ci ha resi più umani nel senso di fragili, precari, instabili e più egoisti. Potremmo diventare migliori? Forse per chi è predisposto alla trascendenza sì, ma credo che rappresenti una piccola parte.
Probabilmente questo virus ci ha temprati attraverso la costrizione, l’obbligo e la stasi ma la forza mentale da sola non basta per essere migliori. Probabilmente ci riscopriremo più umani con le persone che già prima di questa pandemia avevano un alto valore affettivo per noi, predisposizione che, sicuramente, non riserveremo ad altri sconosciuti anche perché per ora non è pensabile stringere tutti i propri cari, figuriamoci chi ancora non conosciamo.
Il Covid-19 ci ha insegnato il senso profondo che ha un vero abbraccio e un sorriso che, per ora, sarà nascosto da una mascherina che rappresenterà la nostra umanità vista solo a metà perché la totalità non si vede e non sappiamo quando la si potrà vedere.
Mi auguro vivamente che tutti impariamo a vivere più di sostanza che di apparenza.
You Might also like
-
Le metamorfosi di Franz Kafka al Teatro Mercadante
Una trasformazione paradossale, letteralmente animalesca, che si manifesta nella mutazione in scarafaggio del protagonista Gregor – potente allegoria di una vita scandita da moti dell’animo, ritmi lavorativi, rapporti familiari e sociali, sovrapposizioni e incomprensioni, che racchiudono gli elementi della nostra esistenza attuale – a cui segue l’isolamento, la repulsione, la necessità di rinchiudersi in una stanza, al sicuro ma distanti dal resto del mondo fino ad arrivare all’annullamento totale.
Attraverso le parole di Kafka, assumiamo il punto di vista di Gregor, che è insetto ma pensa da essere umano, sperimentando la condizione quasi cosmica, e metafisica, di un personaggio che sembra segnato dal male della depressione indotta dall’alienazione del lavoro subordinato, dalla maldicenza, dalla separazione da ogni forma di socialità.
Perché solo Gregor è stato condannato a lavorare per un’azienda in cui alla minima omissione hanno immediatamente sospettato il peggio? Tutti i dipendenti erano zoticoni senza eccezioni? Non c’era tra loro un solo lavoratore leale e devoto che, quando non aveva pienamente utilizzato un Poche ore della mattinata per l’azienda, è stato fatto impazzire mezzo da rimorsi di coscienza e non è riuscito davvero ad alzarsi dal letto?
Commenta Barberio Corsetti:
In terza persona, Gregor si guarda e ci racconta, ci fa vedere la realtà con i suoi occhi abbandona il mondo degli umani e si trasforma, assume un altro corpo, immaginario, nato nel bozzolo protettivo del letto.
La causa prima di questa rinuncia a sé stesso, che si esprime nella fuga dalla propria identità, è il suo lavoro e la sottomissione alle sue regole massacranti, all’imbecillità gerarchica, con un’eco lontana di minacciose strutture burocratiche e voci maldicenti.
-
Bolle è il nuovo singolo di Disagio
Il tempo è al centro dello scandaglio della vita quotidiana da parte di Disagio. L’artista salernitano ci ricorda che il tempo ci sfugge di mano velocemente e che sono aggrappandoci ai ricordi di giovinezza è possibile poi compiere un passo verso il futuro. Lo scorrere del tempo è incontrollabile ma allo stesso tempo ci permette di trasformare la vita in un’avvincente avventura a zig zag tra ricordi e ispirazioni per il futuro.
L’artista descrive così il suo singolo:
Ho scritto questo brano poco prima di compiere 30 anni, nel corso del primo lockdown.
Eravamo tutti molto spaventati da quello che stava succedendo nel mondo e la situazione era davvero paradossale, sembrava la fine di tutto. Con questo brano ho permesso ai miei ricordi più intimi di emergere per darmi la forza di affrontare il futuro con consapevolezza. Pensare al me bambino, felice e spensierato, spesso, mi da la forza per affrontare le difficoltà del me adulto, scazzato e malinconico.
Disagio: chi é?
All’anagrafe Donato Ciao, classe ’90. Creativo per professione, campano, Disagio vive a Eboli in provincia di Salerno.
Ha scoperto il disagio da bambino a causa del suo cognome molto cordiale e delle battute scontate che ne derivano. Ex frontman e autore del power trio garage Hot Fetish Divas con cui ha avuto un’intensa attività live dal 2008 al 2012 nel circuito dei centri sociali italiani.
Dopo 10 anni torna a fare rumore con il moniker di Disagio. Sound tagliente, ritmiche incalzanti, testi irriverenti e spirito provocatorio per raccontare le turbe di una generazione che vive in bilico tra ciò che “era una volta” e ciò che potrebbe essere un giorno. Nella primavera del 2022 pubblica “DISAGIO. EP”, quattro brani prodotti in casa nel corso del lockdown per Walla Walla rec.Il 28 luglio 2022 pubblica il singolo “Spiaggia libera” con relativo videoclip realizzato con il patrocinio di Legambiente Campania.
Il 12 Ottobre 2022 pubblica il singolo “A caval donato” con relativo videoclip autoprodotto. Il 16 Dicembre 2022 ha pubblicato un re-edit del singolo “10 Agosto” contenuto in “DISAGIO. EP”. Da Gennaio 2023 inizia la collaborazione con l’etichetta TSCK Records. -
Sicurezza tribunale, Petrillo:
«Pronti a nuove forme di protesta»Il presidente della Camera Penale Irpina Luigi Petrillo, in occasione del convegno “Marcire in galera”, interviene sulla questione del Palazzo di Giustizia.
5 comments on Impressioni da Covid-19
Comments are closed.