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Equinozio d’autunno: curiosità
Il 21 settembre arriva l’equinozio autunnale, un momento particolare in cui l’estate cede il passo all’autunno. Questo passaggio rappresenta una dimensione della vita di ogni essere vivente, che si muove lungo le proprie stagioni della primavera, attraverso l’estate, per giungere all’autunno e infine all’inverno.
Si nasce, si cresce, ci si sviluppa e si ritorna alla Madre Terra, nell’eterno ciclo delle rinascite. Sono momenti di passaggio che segnano un punto di svolta, soprattutto in un tempo ciclico come lo è il nostro.
Dopo un periodo di quaranta giorni cadono molte ricorrenze collegate alla natura a cui corrispondono riti molto antichi, soprattutto celtici.
Con l’equinozio autunnale si aprono le ricorrenze collegate alla morte.
Le origini di questa festa affondano in un passato remoto, quello delle popolazioni tribali che usavano dividere l’anno in due parti, in base alla transumanza del bestiame. Nel periodo fra ottobre e novembre, quando la terra si preparava all’inverno era necessario ricoverare il bestiame in un luogo chiuso, per potergli garantire la sopravvivenza durante la stagione fredda.
Questo periodo coincide con quello di Halloween, ricorrenza che si è diffusa con i Celti perché questo popolo festeggiava la fine dell’estate con il Samhain, il loro capodanno.
In gaelico Samhain significa fine dell’estate. Nella dimensione circolare del tempo, Samhain si trovava in un punto fuori della dimensione temporale dunque non apparteneva né all’anno vecchio né al nuovo, era questo il momento che divideva il velo e si assottigliava dando la possibilità ai vivi di accedere nella terra dei defunti e condividere il cibo con loro.
Sono numerose le tradizioni alimentari che si riconducono al periodo del passaggio autunno-inverno, in modo particolare in quel periodo in cui si riteneva possibile un contatto con il mondo infero: dai cibi a forma di ossa di morto ai cibi che si pensava fossero a questi connessi, come le fave o altre leguminose.
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Al Trianon Viviani, un originale “Natale in casa Cupiello”
Giovedì 23 dicembre, lo spettacolo per attore e pupazzi, fedele al testo di Eduardo, a novant’anni dal debutto, apre la programmazione delle festività.
Ad apertura della programmazione delle festività, giovedì 23 dicembre, alle 21, debutta al Trianon Viviani, un originale allestimento di Natale in casa Cupiello, la celebre commedia di Eduardo De Filippo, in occasione dei novant’anni dalla sua creazione, avvenuta il 25 dicembre 1931.
Prodotto da Teatri associati di Napoli/teatro Area Nord e Interno5, sostenuto dalla fondazione Eduardo De Filippo, questo «spettacolo per attore cum figuris», come recita il sottotitolo, ha una messinscena non convenzionale, che vede un unico attore interagire con sette pupazzi.
Ideato da Vincenzo Ambrosino e Luca Saccoia, che è anche il protagonista in scena, questo singolare allestimento è firmato da Tiziano Fario, per lo spazio scenico e l’ideazione delle maschere e dei pupazzi, e da Lello Serao, per la regia.
Fedele al testo di Eduardo, lo spettacolo evoca le vicende della famiglia Cupiello, aprendo uno squarcio dentro l’immaginario e la memoria di ogni spettatore. Un sogno che prende vita attraverso il teatro di figura nel quale l’attore Luca Saccoia s’immerge riemergendone come “Tommasino” che, dopo aver detto il fatidico «sì» a suo padre, rivive e fa rivivere quel Natale che ci accompagna da novant’anni.
Eccolo, allora, farsi interprete a suo modo di una tradizione, testimone di un rito e di una rievocazione di fatti e accadimenti familiari comici e tragici che hanno segnato la sua vita e quella di quanti alla rappresentazione prendono parte. Per farlo e rendere ripetibile il rito, si serve di pupazzi, di figure che si rianimano dentro i suoi sogni/incubi, che continuano a riaffacciarsi ogni anno come il presepe e i suoi pastori. Si lascia sorprendere ancora una volta dalle storie che questi raccontano, vi prende parte, fornisce le battute, riaccarezza il sogno di Luca Cupiello di smussare i conflitti attraverso il rituale del presepio.
Spiega il regista Serao:
Il presepio è l’orizzonte in cui si muove tutta l’opera, sia in senso reale che metaforico. È l’elemento necessario a Luca Cupiello per sperare in un’umanità rinnovata e senza conflitti, ma anche la rappresentazione della nascita e della morte. È il tempo del passaggio dal vecchio al nuovo, la miscela tra passato e presente, un’iconografia consolidata e, al tempo stesso, da destrutturare di continuo. Il presepio si rinnova ogni anno, è ciclico come le stagioni, può piacere o non piacere.
I pupazzi sono animati dai manovratori Salvatore Bertone, Paola Maria Cacace, Lorenzo Ferrara, Oussama Lardjani e Irene Vecchia. Questo gruppo è stato costituito ad hoc, attraverso un laboratorio di formazione, coordinato da Irene Vecchia, aperto ai giovani del territorio, svoltosi con il sostegno di Campania dei Festival nell’àmbito della rassegna Quartieri di Vita 2020.
All’allestimento hanno collaborato Luigi Biondi e Giuseppe Di Lorenzo, per il disegno luci, la costumista Federica del Gaudio, e Luca Toller, per le musiche originali. Con loro, Emanuele Sacchetti (assistente alla regia), Ivan Gordiano Borrelli (realizzazione delle scene), Mattia Santangelo (fonica), Paco Summonte (datore luci), Salvatore Fiore (progetto grafico), Francesco Mucci (documentazione video) e Hilenia De Falco (direttore di produzione).
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Premio Strega 2021: alcune proposte che concorreranno al premio letterario
Tra le proposte presentate per concorrere al Premio Strega 2021 troviamo:
- La sirena dei mari freddi di Roberto Michilli, proposto da Francesca Pansa
- Al passato si torna da lontano di Claudio Panzavolta, proposto da Enrico Deaglio
- Stjepan detto Jesus, il figlio di Maria Rita Parsi, proposto da Gianpiero Gamaleri
- La vera storia di Martia Basile di Maurizio Ponticello, proposto da Maria Cristina Donnarumma
- Non dipingerai i miei occhi di Grazia Pulvirenti, proposto da Massimo Onofri
Premio Strega 2021: alcune delle proposte letterarie che concorreranno
1. La sirena dei mari freddi di Roberto Michilli
La sirena dei mari freddi (2020) di Roberto Michilli è un romanzo che parla dell’incontro tra una giovane donna sprofondata nella depressione, per alcuni episodi che le sono accaduti durante la sua esistenza, e di un anziano professore che le offre un appoggio materiale e affettivo.
Il romanzo è stato proposto da Francesca Pansa con la seguente motivazione:
La sirena dei mari freddi si impone alla lettura per la sapiente costruzione narrativa che mostra in Roberto Michilli uno scrittore di storie e di armosfere, ben rodato anche dalla rigorosa carriera di traduttore di classici di Lermontov a Flaubert, Mallarmé, Verlaine, Byron, Keats, Goethe, Heine.
L’atmosfera è quella di un racconto dalla forte coloritura psicologica, con nuove comparse a infittire la scena, qualche rivelazione, qualche sorpresa e uno strategico flashback che portano alle pagine finali.
2. Al passato si torna da lontano di Claudio Panzavolta
Al passato si torna da lontano (2020) di Claudio Panzavolta è una sorta di manifesto della memoria in cui lo scrittore è tornato al suo passato familiare.
Mio babbo è arrivato a casa poco dopo la fine della guerra. Si è fatto tutta la strada da solo, un po’a piedi e un po’ in bicicletta, dalla GErmania al paese. Lo avevano messo in un campo di lavoro. A dormire stavano dentro delle baracche, come in un lager, e di giorno i tedeschi li portavano fuori, per accompagnarli alle fabbriche. Quando me lo sono ritrovato davanti, ci ho messo un po’ prima di riconoscerlo. Dovevi vedere com’era ridotto. Tutti quei chilometri… Non abbiamo mai fatto il conto, ma dovevano essere tanti. Aveva i calzoni che ci mancava mezza gamba, e una camicia sbrindellata; sembrava uno straccione, secco come un chiodo, lordo.
Enrico Deaglio spiega così la sua proposta:
Le zolle di terra sono quelle che Pascoli, Bertolucci e Fellini hanno arato con epica e dolcezza: i campi, e i borghi, della Romagna da cui è passata una Storia violenta. Se si scava ancora si scopre che quella terra non ha prodotto solo bandiere rosse e divise nere, ma anche due sorelle normali (e quindi geniali). Anita e Edda crescono tra madri uccise e padri distrutti; vanno a lavorare in fabbrica e sono felici, come quando vanno al cinema o in bicicletta.
3. Stjepan detto Jesus, il figlio di Maria Rita Parsi
Stjepan detto Jesus, il figlio (2020) di Maria Rita Parsi è un romanzo che ha come protagonista un bambino chiamato Jesus perché è nato a mezzanotte nel giorno di Natale. Lui è il figlio di una violenza di un soldato su una giovane donna durante la guerra dei Balcani. Stjepan è stato abbandonato dalla madre che non sapeva amarlo e non voleva odiarlo e viene affidato alla bisnonna che non gli nasconde la verità. Il bambino scoperto questo sulla sua vita decide di partire in cerca della madre accompagnato dalla sua tartaruga.
Il romanzo si apre con la storica decisione dell’Onu, 23 settembre 2019, in cui stabilisce che la Bosnia dovrà risarcire le donne vittime degli stupri di massa durante la guerra nei Balcani. Una decisione destinata a fare la storia.
4. La vera storia di Martia Basile di Maurizio Ponticello
La vera storia di Martia Basile (2020) di Maurizio Ponticello ci conduce all’interno di una Napoli inconsueta tra il ‘500 e il ‘600 dove una donna viene ceduta in moglie a un commerciante.
Martia aveva sollevato il velo sul capo e sorrideva, gli occhi le brillavano per la felicità e spandevano risolini come se fosse ad andar su e giù sopra un’altalena innocente: da sotto la coroncina di fiori innervata con primizie di stagione e tralci d’uva, spartiva occhiate ingenue con lampi di giubilo.
Il viso del padre che l’accompagnava verso l’altare offriva la medesima sensazione di compiacenza: dal momento in cui i suoi traffici erano stati risucchiati dai debiti, quella cerimonia nuziale era la prima boccata d’ossigeno. Il resto non contava, E poi, piazzare una figlia a quele condizioni, e scrollarsela dal groppone delle spese così anzitempo, non erano cose che capitavano ogni giorno della settimana. Aveva pure pensato di fare entrare Martia in un monastero ma, alla fine, questa soluzione l’aveva considerata sterile se non addirittura controproducente per le proprie tasche: belisario Basile aveva investito nella sua piccola, l’aveva affidata alle cure di una suora orsolina che le aveva insegnato a cucire, a leggere e a scrivere, la religione e le buone maniere.
Quella di Martia Basile è una storia struggente e affascinante che è ancora molto attuale ai nostri giorni se pensiamo alle donne vittime di violenza che sono costrette a subire soprusi o che vengono uccise, spesso, per un puro desiderio di possesso o sopraffazione.
5. Non dipingerai i miei occhi di Grazia Pulvirenti
Non dipingerai i miei occhi (2020) di Grazia Pulvirenti ha come protagonista Jeanne, compagna e modella di Modigliani, che si suicidò dopo la morte dell’amato. Una figura che è sempre comparsa in modo marginale tra le diverse biografie dedicate al pittore. Lei era una donna audace, disinibita, ribelle e anticonformista.
Sai tutto di me, Jeanne, delle notti randagie nel silenzio di Parigi, della lotta contro i miei demoni, dello sfinimento della carne, del buio che si popola di cammelli e cariatidi dai mille occhi, di donne nubiane che ancheggiano lascive… dee… chimere… del vuoto nella mia anima.
Non dipingerai i miei occhi ci mostra più da vicino l’identità di una donna affidata da voci che appartengono a quadri anche se le vicende della vita di Jeanne sono fonti documentarie che sono state trascritte in corsivo.
Ecco a voi altre proposte presentate per il Premio Strega 2021. Voi avete letto qualcuno dei libri che sono stati proposti per concorrere al premio letterario?
6 comments on Dopo oltre 25 anni Raiz e O’ Zulù tornano a calcare lo stesso palco!
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