musica

Farfalle,
il nuovo singolo di Giselle

Il 18 settembre è uscito su Youtube “Farfalle” il nuovo videoclip di Veronica Bonafede, in arte Giselle. Classe 1992, Giselle è una rapper e cantante emergente italiana. Inizia a studiare canto e recitazione all’età di 17 anni, partecipa a vari concorsi, tra cui Castrocaro, dove si qualifica alle semifinali. Mentre studia all’università lavora come vocalist in vari locali per 4 anni e successivamente decide di lasciare il mondo della notte per trasferirsi all’estero. Comincia a scrivere testi del progetto Giselle a 24 anni, quando finalmente prende consapevolezza della sua vera natura. Giselle non voleva lasciare i suoi testi in un cassetto e tantomeno mettere il suo sogno da parte, così contattò un suo amico dj che le presentò Vittorio Cipriani, in arte Hysterism.

“Quando ho parlato a Vittorio della mia idea – spiega Giselle- mi ha capito al volo ed ha iniziato a comporre la musica. Ho capito subito che funzionava”.
Giselle ed Hysterism sono rimasti per una settimana sul podio della piattaforma Beatport, con il loro singolo Damned, vicino a nomi come Halsey e Skrillex.
“Il testo di Damned – continua- l’ho sognato ed erano le 3 di notte. Quando Hysterism l’ha letto, ha composto la base in pochi minuti, era come se già esistesse, succede sempre qualcosa di magico quando entro nel suo studio”.

Giselle

Da un’attenta analisi del testo si intuisce quanto Giselle sia delusa ed arrabbiata, ma allo stesso tempo sia riuscita a rinascere e riprendere il controllo.
Farfalle nasce in un momento buio della vita dell’artista. In un giorno in cui le delusioni sia professionali che personali le fecero fare pensieri troppo cupi.
“La nascita del video – aggiunge Giselle- è stata molto naturale. Volevo che il video venisse girato su un letto a Baldacchino, con molti cuscini e veli e volevo venisse fuori tutta la mia parte femminile, senza veli stavolta. Volevo venisse fuori anche il mio lato maschile che brama al potere, per questo ho usato il bastone. L’idea delle tre personalità è stata dello staff, che ringrazio. I ragazzi sono riusciti a tirare fuori tutta me stessa, senza rendere il tutto volgare. Lorenzo Ramerini, il regista, ha capito subito quello che volevo, creando una biografia virtuale che descrive al meglio le varie sfaccettature della mia personalità. Mi piace pensare di essere più donne in una”.

La fotografia è stata curata da Stefano Talone e gli effetti speciali da Alessio Ricciarelli. Giselle si è occupata anche del Costume Design, collaborando con la make-up artist Eleonora Bellotti.

L’animale totem è un simbolo esoterico molto vicino alle idee di Giselle.

“Ho scelto la farfalla – conclude Giselle- per la luminosità ed ariosità che trasmette. La farfalla interagisce con i fiori e la natura e sprigiona una energia sempre in salita. Farfalle è rivolta alle persone che nella vita hanno saputo tramutare gli episodi spiacevoli in dei veri e propri punti di forza che sia una delusione d’amore un problema lavorativo o di salute, l’importante è non abbattersi e credere in sé stessi sempre! In questo modo sono fermamente convinta che non si perda mai. L’indipendenza è il più importante dono che una donna possa fare a sé stessa Dai tempi di Adamo ed Eva l’uomo è e sarà sempre insoddisfatto della donna. Tanto vale essere noi stesse ed amarci per come siamo. Spendere le energie solo per realizzare i propri sogni ed obbiettivi”.

È proprio questo che Giselle vuole trasmettere e perché no, insegnare a chi l’ascolta. Libertà, indipendenza, amor proprio.

Buona visione!

Tutto pronto per la V edizione di Irpinia Mood

Conto alla rovescia per la quinta edizione di Irpinia Mood, il Festival che promette di raccontare l’Irpinia attraverso il buon cibo, la musica e l’amore per il territorio.

A farci entrare nel mondo di Irpinia Mood, l’architetto Maria Giulia Contarino.

Intanto, lungo corso Vittorio Emanuele fervono i lavori per la realizzazione del padiglione “Casa Irpinia”, che ospiterà la conferenza stampa di mercoledì.

Prosegue “L’arte e la Musica”,
il tour di Ivan Romano

Ecco le immagini di Mondo Teatro, il secondo brano realizzato dall’artista durante il suo ultimo concerto. La canzone esorta a non smettere mai di sognare e ad avere sempre una forte autostima. Non si deve perdere mai il piacere di sentirsi liberi di scegliere ciò che si vuole senza pregiudizi, liberi di volare in alto come gli uccelli. Bisogna dare valore alle piccole cose e godersi ogni attimo della propria vita.

«Nun me scuccià»,
la libera interpretazione di Picariello

Maurizio Picariello, noto artista del capoluogo, presenta una versione tutta sua della canzone del grande Pino Daniele.

Simone Vignola ci parla di Naufrago, il suo ultimo album: l’intervista

Naufrago (7 dicembre 2018) è l’ultimo album di Simone Vignola, cantautore e polistrumentista campano. Già all’età di sei anni inizia a suonare la chitarra e la musica diventa il suo centro e la sua forma d’espressione.

Nel 2008 all’EuroBassDay è premiato come Miglior Bassista Europeo Under 35, nel 2010 al BOSSLoop vince il premio di Miglior Looper Italiano che lo porta ad esibirsi nel 2011 al NAMM a Los Angeles.

Naufrago è un progetto che si discosta artisticamente da quelli precedenti: c’è maggiore attenzione ai testi, che trovano il giusto equilibrio con il sound. Il disco è ideato e prodotto interamente da Simone Vignola non solo come performer e compositore ma anche come producer. La melodia è sempre caratterizzata dalla contaminazione di groove, funk e pop ma c’è una cura maggiore nei testi che rappresentano una sorta di viaggio introspettivo del cantante.

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui per comprendere meglio come sia nata l’esigenza ed il mood di Naufrago.

simonevignola

Simone Vignola

1. Come nasce Naufrago?

Naufrago nasce come un album self made, è un lavoro autobiografico. Dal punto di vista artistico questo lavoro è come una presa di coscienza, in cui il naufragio rappresenta una sorta di metafora che vorrebbe porre l’importanza non sul luogo dove ci si trova in un determinato momento ma sulla destinazione.

Naufrago è un album che si differenzia dai lavori precedenti da un punto di vista di focus: c’è un arraggiamento dei testi differente che non è incentrato sul basso.

2. Il tuo pubblico è stato una parte fondamentale per la realizzazione di Naufrago. Hai avuto paura di deluderli, presentando un album più introspettivo e più cantautorale?

C’è stata una grande partecipazione su Musicraiser, piattaforma di crowdfunding musicale, per cui il  mio pubblico ha acquistato il mio album in anteprima. Inizialmente ho avuto il timore di poterli deludere, poi ho pensato che questo sentimento che ha spinto i miei amici a partecipare a questo progetto sia stato mosso nei confronti dell’artista e non finalizzato alla mera realizzazione dell’album. Da questo punto di vista non potevo deluderli perché non mi hanno chiesto niente e questa è una cosa che reputo bellissima.

3. Qual è l’urgenza espressiva che ti ha portato alla realizzazione di quest’album?

Naufrago nasce con il desiderio di arrivare ad un pubblico più ampio, parlando di emozioni perché credo che chiunque possa immedesimarsi nel mood delle mie canzoni.

Naufrago copertina

Naufrago copertina

4. Chi è il naufrago a cui hai dedicato il nome del tuo album e un brano all’interno del disco?

Il naufrago in questo contesto è colui che prende coscienza di essersi perso e riesce a sfruttare tutto ciò che ha imparato nel suo passato e che non è riuscito a mettere in pratica. Attraverso questo processo riscopre emozioni e ricordi sopiti che riescono a fargli superare la condizione di naufrago.

5. In alcuni testi di Naufrago affronti il tema del viaggio inteso come percorso interiore.

Il viaggio di cui parlo nei miei testi ha un significato metaforico perché è un percorso che non ci porta ad una meta fisica ma rappresenta un punto d’arrivo individuale e introspettivo a cui, prima o poi, ciascuno di noi giunge. Il focus non è il punto d’arrivo ma tutte quelle serie di circostanze che ci hanno spinti in quella direzione.

6. In naufrago si percepisce un mood malinconico. Concordi con questa impressione?

Sì, è vero. Nell’album c’è una vena malinconica che mi appartiene più come persona che come artista. Attraverso l’artista esprimi, inevitabilmente, ciò che sei a livello umano. La malinconia che si percepisce non la so spiegare perché fa parte di me e non riesco ad analizzarla.

7. L’amore è un altro tema ricorrente all’interno dei testi di Naufrago.

L’amore per me rappresenta la vitalità dell’essere umano, ritornando al discorso della meta per me il punto d’arrivo è sempre qualcosa di interconnesso con l’amore. Questo sentimento ha una potenza tale che riesce a spingerci oltre i nostri limiti, evitandoci la monotonia di una vita piatta e schematica.

L’oggetto o il soggetto amoroso lo intendo in senso ampio: può essere per una donna, una figlia o una cosa come la musica. Io identifico l’amore come una fiamma che ci spinge a muoverci in modo non scontanto, che ci sorprende ed è in grado di farci scoprire lati di noi stessi che a volte ignoriamo.

Chi ama ha coraggio perché decide di lasciarsi andare, esprimendo i propri sentimenti nel mondo reale perché oggi è più semplice farlo nel mondo virtuale e social. Ho come la sensazione che oggi nel mondo reale non ci sia quasi più bisogno di esprimere l’amore e credo che da questo punto di vista dovremmo fare un passo indietro.

8. Un mondo per me è un brano che parla di speranza, di futuro e di diversità. Siamo diversi da chi? Siamo diversi da cosa?

Credo che ciascuno di noi si senta unico e diverso, oggi bisognerebbe capire dove si trova e com’è collocata la normalità. Un mondo per me è un testo in cui parlo di accettazione della diversità come un modo per poter vivere meglio. Siamo tutti diversi e ciò non deve avere un’accezione negativa, non è qualcosa che ci limita ma che ci caratterizza.

9. Qual è il leitmotiv di Naufrago?

Musicalmente è il funk invece dal punto di vista testuale è la voglia di sfuggire da determinati paletti che ci sono nella nostra società. Il naufragio rappresenta proprio questo processo: quello di uscire dagli schemi, avendo il coraggio di andare controcorrente.

Ghemon: «Il mio segreto?
Riempire lo spazio con morbidezza»

L’artista avellinese Ghemon racconta a Elle.it la propria esperienza a Sanremo.

Ghemon: il rapper di Avellino approdato a Sanremo

Ghemon è il nome d’arte di Giovanni Luca Picariello, rapper e cantautore italiano, classe 1981 e nato ad Avellino. Quest’anno ha deciso di esibirsi a Sanremo con il brano Rose viola. Il suo nome non è sconosciuto ai più giovani che lo conoscono ormai da tempo. Lui è un rapper particolare e camaleontico, riesce a mixare stili completamente diversi, senza dimenticare l’importanza dei testi. È un artista che vive in modalità low profile, non è un esibizionista e lascia che sia la sua musica a far clamore. Si è definito, in alcune interviste, un transgender del rap perché rifiuta qualsiasi etichetta o catalogazione sulla sua musica e sulla sua vita privata.

Il rapper ha scelto il suo nome d’arte chiamandosi come l’amico samurai di Lupin, la differenza è che ha scelto di scriverlo per come si pronuncia: Ghemon anziché Goemon. La scelta del nome non dipende da somiglianze caratteriali che lo avvicinano al samurai taciturno e distruttivo ma é semplicemente perchè é l’anime che lo affascina di più.

Ghemon si discosta dall’ambiente dell’hip pop perchè la sua musica parla della sua realtà, della sua vita e non di quello che vorrebbe avere e che non ha o di ciò che vorrebbe essere e che non è. Scrivere i suoi pezzi per lui è mera catarsi, è un modo per cercare di stare meglio, cacciando fuori tutto quello che non va bene, è un modo per esorcizzare un demone con cui ha dovuto fare i conti: la depressione.

Il cantante ha parlato di questo malessere che lo ha costretto all’immobilità: non riusciva ad uscire di casa, ad alzarsi dal letto e quando ha dovuto fare i conti con ciò che aveva, oltre all’aiuto degli psicofarmaci, la musica è stata la sua terapia interiore.

Il testo Mezzanotte dell’album omonimo uscito nel 2017 racconta della sua malattia. Ecco il video!

Rose viola: testo e significato della canzone presentata a Sanremo

Ghemon quest’anno ha deciso di esibirsi come concorrente al Festival di Sanremo, portando un testo che parla d’amore. Quello di cui parla è un amore finito o non vissuto nel migliore dei modi. La particolarità del testo è che le parole ed il punto di vista sono al femminile, in alcuni passaggi lui canta come se fosse una lei .

Ecco il testo di Rose viola:

Dieci fori di proiettile nell’anima

Ed il cuore ricolmo di sassi

La strada del ritorno

L’ ho segnata sulla mappa dei miei passi falsi

Frasi squisite, quelle tue,

Che ora sanno di cibo per gatti

Ma sta nel gioco delle parti

Accarezzerò le tue mille spine

Sarò fragile

Rose viola

Stese sulle lenzuola

Come tutte le notti in cui

Te ne stai da sola

Nodi in gola

Ed il trucco che cola

come tutte le notti in cui

Proprio lui ti trova

Lo sguardo segue fiero

Nello specchio questa linea curva lungo i fianchi

Mi fai sentire nuda ancora prima di spogliarmi

Tu sei il pensiero nero che mi culla

E anche stanotte scapperai su un taxi

Com’è difficile salvarsi

Rose viola

Stese sulle lenzuola

Come tutte le notti in cui

Te ne stai da sola

Nodi in gola

Ed il trucco che cola

Come tutte le notti in cui

Proprio lui ti trova

Gli occhi perdonano

per uno come te

Anche se dico no

Resti dentro di me

Resti dentro di me

Rose viola

stese sulle lenzuola

Come tutte le notti in cui

Te ne stai da sola

Nodi in gola

Ed il trucco che cola

Come tutte le notti in cui

Proprio lui ti trova.

Le rose viola sono delle metafore che servono a Ghemon per dare il senso del dolore e della sconfitta che porta con sé la fine di una relazione appena finita o di un legame che non procura gioia. Viola è il colore che simboleggia la morte e, se ci pensiamo bene, la fine di un rapporto e la sua accettazione sono come una sorta di elaborazione del lutto e di tutti i passaggi che inevitabilmente si devono affrontare per stare meglio, accettare ciò che è successo e ricominciare a vivere la propria vita senza l’altra persona. Allo stesso tempo è doloroso anche vivere una storia d’amore in cui non si sta bene, in cui ci si sente soli pur essendo una coppia. Il tema principale di Rose viola oltre all’amore è anche la solitudine vista nella sua duplicità e differenza cognitiva.

Mercalli: intervista alla band di Una casa stregata

I Mercalli: Igor Grassi (voce e tastiere), Enrico Riccio (chitarra) e Fortunato Sebastiano (basso) nascono nel 2013, ad unirli è la passione che nutrono per la musica e la voglia di suonare insieme. Nel 2016 l’incontro con Francesco Margherita (batterista), crea le basi che li porta alla finalizzazione del progetto iniziale e alla realizzazione del loro primo disco: Una casa stregata, co-prodotto con Francesco Tedesco per I Make Records, uscito il 7 gennaio 2019.

Dopo aver ascoltato e apprezzato l’album che oscilla tra amore, decadenza e pop rock abbiamo deciso di scambiare un paio di chiacchiere con loro, per conoscerli meglio: ecco l’intervista!

Come nascono i Mercalli?

In realtà abbiamo sempre suonato insieme. Nel 2013, avevamo una stanza dedicata alla musica, che avevamo allestito nella casa in campagna di Fortunato. Ci siamo ritrovati in questo modo, mettendo in piedi una formazione che fosse capace di arrangiare i pezzi che stavamo scrivendo e di suonarli dal vivo: è così che nascono i Mercalli. L’incontro con Francesco Margherita è stato decisivo per l’impostazione a quattro, finalizzata all’esibizione live e per arrangiare i pezzi.

Avete definito i vostri brani come canzoni d’amore senza cuore: perché?

Questa definizione nasce per gioco, rappresenta uno spunto di riflessione riguardo l’esistenza di molte canzoni d’amore che, sostanzialmente, non parlano di quell’amore che fa rima con cuore. I testi di Umberto Palazzo o CCCP ne sono un esempio. I nostri brani parlano d’amore ma, questo, è un sentimento che trattiamo con disillusione e un diverso approccio emotivo, più realistico.

Secondo voi a trionfare è soltanto chi è capace di amare?

No, secondo noi a trionfare è solo chi è capace di guardare il mondo con occhi mutevoli, chi è in grado di comprendere e percepire l’amore dalle angolazioni più disparate. A trionfare è chi è disposto a mettere in gioco i propri sentimenti senza avere paura del rischio che si corre. L’umanità, secondo noi, è un bestiario universale di sentimenti: provare emozioni non deve indurre nella paura di ciò che ne può conseguire o far pensare di essere perdenti. A trionfare non è solo chi è capace di amare ma chi è capace di esporsi senza competere, chi è capace di mostrare tutto ciò che è, che rappresenta e che sente.

Che cos’è l’amore: un affetto, una maledizione o un posto per nascondersi?

Sarebbe semplice la risposta, citando Un posto per nascondersi, il titolo di un nostro brano, e in parte lo è. L’amore è un posto per nascondersi e per manifestarsi.

Copertina dell’album

Da quale esigenza nasce Una casa stregata?

Il nostro album nasce dal desiderio di riuscire a raccontare delle storie e dalla voglia di semplificare il nostro modo di fare musica. Una casa stregata nasce dall’esigenza di raccontare storie abbastanza universali, spiandole dal buco di una serratura. I nostri testi si caratterizzano per la loro semplicità e immediatezza, ciò non vuol dire che non siano profondi o non costruiti, spesso li abbiamo creati al momento perché ognuno di noi portava una sua storia o un’idea. Queste immagini, lavorandoci insieme, sono diventate le nostre canzoni. Ogni testo racconta qualcosa di noi e Una casa stregata è una sorta di adolescenza condivisa.

Chi è L’uomo senza ricordi, a cui avete dedicato una canzone nel vostro album?

L’uomo senza ricordi è una persona che sa dimenticare le difficoltà, i problemi, le litigate e che, ad un certo punto, riesce ad apprezzare le cose semplici. È una persona che riesce a ricordare qualcosa anche dimenticandola perché gli appartiene non in quanto oggetto dato dalla memoria ma dal suo sentire privo di sovrastrutture. L’uomo senza ricordi è colui che sa riscoprire il peso della gravità, l’elemento più semplice e costante che abbiamo letteralmente addosso, senza dargli un significato più articolato e complesso di ciò che sente.

Qual è il leitmotiv di Una casa stregata?

In realtà il leitmotiv lo abbiamo scoperto dopo aver prodotto l’album, ci piace definirlo un concept album postumo perché abbiamo scritto le canzoni e solo alla fine ci siamo accorti che c’era un filo conduttore che le legava. Nei testi c’è un richiamo alle stanze, ai mobili, ai soprammobili e alle porte: sono tutti elementi che si sono manifestati inconsapevolmente, durante il loro divenire, e di cui ci siamo resi conto soltanto dopo. Il brano intitolato La stessa stanza, che chiude Una casa stregata, è stato composto molto prima che decidessimo di fare l’album e paradossalmente il titolo già faceva riferimento ad un ambiente. Dunque il leitmotiv sono gli ambienti visti come luoghi che mostrano e che privano.

La sedia in bilico oscilla tra?

La sedia in bilico oscilla tra il pavimento e la sedia, se cade. È un movimento simile al volersi aggrappare a qualcuno ma con la consapevolezza di stare cadendo all’indietro, senza potersi riparare dall’impatto immediato con il suolo. Questo oscillare rappresenta la metafora di quando, ad esempio, ci si sveglia una mattina e la persona con cui credi di trascorrere la vita ti dice, all’improvviso, che non c’è più per come l’avevi immaginata. Questo equilibrio instabile è una condizione esistenziale che appartiene a tutti noi, quando decidiamo di amare. La sedia in bilico è anche il primo singolo estratto da Una casa stregata. Il videoclip che lo accompagna è scritto e interpretato da Alessia Rollo, fotografa concettuale anche autrice dell’immagine di copertina del disco. Alessia ha lavorato ad un suo vecchio soggetto, che ci aveva colpito per le coincidenze che lo avvicinavano al brano, adattandolo: ha trasformato una sua esigenza privata in pubblica, donandole un senso nuovo.

Mercalli

Se volete approfondire l’ascolto di Una casa stregata non vi resta che acquistare l’album o ascoltarlo su Spotify.

Scroll to top