Lockdown Heroes è il titolo della raccolta di illustrazioni di Milo Manara, edito da Feltrinelli Comics, che uscirà nelle librerie il prossimo 30 luglio.
Il libro non è nato da un progetto a monte: è nato tutto dopo che il celebre illustratore erotico ha dipinto la prima immagine. Milo Manara è stato travolto, come tutti, dall’arrivo improvviso del Covid-19 ed ha deciso di ricordare questo tragico momento che rimarrà indelebile nella memoria di ciascuno.
Lo sbigottimento e l’angosciosa incredulità per la catastrofe che si stava profilando mi rendeva impossibile continuare il mio lavoro di routine: impossibile concentrarsi, dove l’attenzione e la serenità necessarie.
Mi sono chiesto come avrei potuto essere vagamente utile, da disegnatore, e come avrei potuto esprimere gratitudine e incoraggiamento. Dopo più di cinquant’anni passati a celebrare la bellezza e la seduzione delle donne, è stato del tutto naturale celebrarne anche le virtù.ù
Lockdown Heroes immortala tutte le figure femminili che hanno continuato a svolgere il proprio lavoro, esponendosi al pericolo del contagio. Il libro di illustrazioni nasce come un ricordo angoscioso e di incredulità per la catastrofe, da ricordare un giorno quando sarà tutto finito.
Lockdown Heroes: curiosità
Lockdown Heroes è composto da 21 tavole. Dalle copie vendute del libro Milo Manara e Feltrinelli Comics supporteranno l’Ospedale Luigi Sacco di Milano, il Policlinico Universitario di Padova e l’Ospedale Cotugno di Napoli.
Le 21 tavole originali di cui si compone il libro sono state vendue all’asta dal 9 al 24 giugno e ogni acquerello è stimato 2mila euro.
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Antonio D’Alessio: il sogno kafkiano dell’Holden irpino
È possibile che in età adolescenziale potremmo iniziare ad accusare molta più coerenza, molta più personalità.
La fase delicatissima che chiude l’infanzia fa risuonare in noi volontà che spesso superano le capacità; oltretutto ciò che incredibilmente salta fuori dal nostro rimuginare è un pensiero che si discosta, innanzitutto dalla culla familiare, proprio lì dove avevamo le nostre certezze racchiuse dalle coerenze domestiche; successivamente anche dalla bolgia che incontriamo proprio oltre quell’uscio che credevamo ci appartenesse. Acquistiamo capacità di pensiero che ci allontana dai familismi, dalla globalizzazione standardizzata che caratterizza gli adulti, quegli esseri che ci circondano a capo chino, pensierosi e concentrati nelle mansioni che svolgono per inerzia, per sopravvivenza.
Succede, inoltre, che ragazzi particolarmente dotati riescano a descrivere bene quel senso di disagio che li opprime; che riescano a scrivere le condizioni che li interessano o che non li interessano affatto: in poesie,in canzoni, in frasi e in diari.
Così fu il caso di Antonio D’Alessio, poeta e musicista irpino scomparso il 9 settembre 2008 all’età di trentadue anni, undici anni fa.
La raccolta di poesie La Sede dell’Estro, Edizioni G.C.F.Guarini, fu pubblicata nel 2009 e al decimo anno di età conserva sempre il fascino immortale delle parole che caratterizzarono questo ragazzo dalla fortissima indole artistica, dalla coerenza e dalla forte personalità che risaltavano nelle sue movenze, nel porsi al prossimo e ai bisognosi, che acquistavano saggezza nel momento in cui ponevano basi nell’interesse dell’ambiente e nella conservazione e nella divulgazione delle tradizioni delle proprie origini. Figlio del poeta solofrano Vincenzo D’Alessio, Antonio era cresciuto con la passione incontrollata per tutto ciò che riguarda un pensiero filosofico; aveva sviluppato già in tenera età la voglia di esprimersi con la musica, trasmessa dal padre, riuscivano a sbalordire le sue capacità nell’esprimere concetti delicati e spesso controversi, sempre con un sorriso amorevole potenziato dalla luce dei suoi occhi chiari.
La Sede dell’Estro è una silloge che fu ritrovata e pubblicata in seguito alla scomparsa causata da un male incurabile. Un’antologia di pensiero che interessa, soprattutto, la sua fase adolescenziale, scritta quindi molto tempo prima che diventasse adulto, ma che si caratterizza nella sonante capacità di espressioni che racchiudono un’adultità che nel senso comune del termine interessa davvero poco gli individui che la stanno vivendo a pieno.
Antonio D’Alessio lo si vedeva in giro per la città con i jeans stretti e strappati ancor prima che questa discutibile moda divagasse tra coloro che non lo interessavano affatto; le sue magliette volutamente stinte e i suoi scarponi vissuti, il viso contratto e lo sguardo basso, la chitarra o il basso sempre a tracolla gli donavano un’aura da romantico ottenebrato che si addiceva davvero poco a ciò che lo circondava, che sovente lo additavano come un diverso, anziché un diversivo.
Da piccolo cercavo calore;
oggi ho capito che il fuoco
è dentro di me.
Non si tradisce Antonio D’Alessio mentre scrive, non si espelle però nemmeno dalla società, come erroneamente qualcuno potrebbe pensare. Lui della società si definiva un curatore: i suoi versi avrebbero potuto ribaltare le sensazioni astratte e distratte che impregnavano le menti altrui.
Come si diceva all’inizio, l’adolescenza può donare facoltà di pensiero che non avrebbero nulla a che fare con gli anni che saranno travolti dalle mansioni primarie (necessarie?), plastiche che oscurano anfratti molto più interessanti, dai cui pertugi fuoriuscirebbero condizioni di vita migliori.
Mi ritrovo da solo nei miei
stretti pantaloni
cercando un
mondo di gente,
diversa
(da quella che…).
La conferma che questo ragazzo stesse cercando non la solitudine, ma il conforto di chi lo avrebbe compreso, è chiara; la saggezza che si enuncia ha la capacità poetica di sensibilizzare chi, forse, potrebbe davvero soffermarsi, chiudere l’uscio dietro di sé e sostare a pensare limpide gioie nascoste dal brillante disagio. Freud sosteneva che l’incomprensione maggiore di sé stessi avviene nel momento in cui raggiungiamo livelli che poi saranno riconosciuti e premiati. Sarebbe stato possibile che Antonio D’Alessio, se avesse avuto più sostegno dai lettori, avrebbe potuto alimentare la sua misura di gelo tra sé e il resto del mondo che non gli apparteneva?
Raggiungeremo
l’universo stellato
questa sera
tramite quel letto
color denaro,
e incideremo
il nome dell’uomo
sulle terre conquistate
da noi viaggiatori.
Il senso di libertà che si potrebbe enunciare dal trotterellare svelto di un piccolo randagio, trarrebbe in inganno, perché un animaletto solo e sporco che attraversa una strada solcata dalle suole traslucide indifferenti, in realtà, emarginato dal branco per il suo essere, viaggia nella pazzia che lo rende sempre più fragile, farebbe immaginare quel romanzo di Bulgakov intriso di incoerenza umana e coerenza animale, istintiva.
Il sogno kafkiano che caratterizza Antonio D’Alessio lo smuove dalla sua sensazione adolescenziale di sentirsi come Gregor Samsa, un mostro che non si smuove dalla sua stanza ( la sua indole) per la paura del confronto, per non essere ammazzato. O, al contrario, come quando nel racconto Di Notte, lo stesso autore praghese è circondato da persone dormienti, ma lui resta vigile e attento alle conseguenze del placido sonno che interessa gli altri.
Difatti:
Chi vuol raggiungere
quella porta laggiù, con me
raggiunga me in un altro pianeta,
lo raggiungerà
tramite
l’esercito della confusione,
raggiungeremo quella porta
e l’apriremo con la mente
che porterà nell’Infinito
Sapere.
Musicista nella band progressive Notturno Concertante, Antonio D’Alessio sul basso esprimeva bravura, studio e libertà di espressione allo stesso tempo; era uno di quegli artisti che non fanno pesare il ruolo che sarebbero riusciti a raggiungere se avessero avuto più convinzione e orgoglio.
La cura per la precisione stilistica, in combutta con la distratta cura del suo vestiario, proveniva dal background domestico; l’ascolto del magnifico prog italiano anni Settanta, l’amore per Le Orme.
Infatti c’è quella canzone della band di Tagliapietra, Amico di ieri, che sembra abbia gettato le basi per l’ascolto che Antonio poneva verso il vento, fenomeno non solo naturale, ma unione continuativa tra glorie del passato, presente e incertezza del futuro, così come similmente Da Vinci sosteneva col flusso dell’acqua nel letto di un fiume. Dal vento non ci si ripara, esso è un amico e un conoscente che trasporta i pensieri e li offre lungo la strada, e occorre comprendere la sua rabbia:
Quando è incazzato fa rumore e disastri
ma sa essere dolce e calmo
il vento
soffre e gioisce con l’uomo
e le sue situazioni
il vento è vivo
vive anche lui le sue situazioni disastrate ma…
s’incazza.
(…)
perché i suoi problemi sono
i problemi dell’uomo.
Un Giovane Holden irpino, Antonio D’Alessio in questa raccolta di poesie.
Come il protagonista del romanzo più importante di Salinger, egli si aggrappa alla speranza adolescenziale, ancora quasi infantile, di poter salvaguardare il pensiero coerente ma delicato racchiuso in una corazza che lo tenga protetto dai colpi inferti dalla società classista, dove l’individualismo prende piede, e dove la coesione di pensiero si fa viva soltanto lì dove sono gli interessi. Antonio dà senso al suo disagio e alla sua rabbia e ne fa tesoro ragionato da inoltrare probabilmente solo a se stesso, senza pretese, ma con la potenzialità d’espressione da lasciare viva ai posteri la sua memoria.
Per volere del padre Vincenzo, della madre Annamaria e dei fratelli Nicolino e Peppe, i proventi della vendita de La Sede dell’Estro furono devoluti per la ricerca al Centro Ricerca Tumori di Avellino, e la volontà di Antonio, attraverso i suoi cari e anche in sua assenza, divenne ancora una volta espressione di solidarietà e vicinanza nei confronti dei bisognosi.
Ancora una volta la parola vinse.
Carmine Maffei
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Concerto di Pasqua 2022 al Tempietto di Roma
L’Associazione Il Tempietto presenta il Concerto di Pasqua 2022, unione tra arte e musica classica per un’esperienza unica nel cuore di Roma antica.
Nella suggestiva Sala Baldini, ex Sagrestia della Chiesa di Campitelli del XVII-XVIII secolo, situata adiacente all’omonima Chiesa e al Teatro di Marcello, arte e musica si fondono regalando allo spettatore un’esperienza memorabile.
Verranno eseguite musiche di Beethoven e Brahms da uno dei migliori interpreti proveniente dalla Polonia, Jakub Dera, vincitore di diversi premi internazionali e chiamato a Roma per numerosi eventi organizzati dall’associazione culturale Il Tempietto, negli anni che vanno dal 2016 fino al 2020, anno in cui ha tenuto un recital pianistico durante il Festival Internazionale di Musica nello storico Teatro Marcello di Roma.
Concerto di Pasqua 2022: programma
Il concerto si apre con due sonate di Beethoven, la Sonata G-Major op. 79 del 1809, che acquisì la denominazione di “Sonata facile” o “Sonatina” dallo stesso Beethoven, e la Sonata A-flat Major op.110, del 1822, che fu la penultima dell’intero ciclo di Sonate per pianoforte scritto da Beethoven nel corso della sua vita. Due opere profondamente toccanti.
La op.79 si suppone sia stata dedicata alla donna amata dal musicista in quel periodo; la seconda sonata, per l’intenso carattere “personale”, si pensa che l’autore l’abbia implicitamente dedicata a sé stesso.
La seconda parte del Concerto è dedicata alle Ballate op. 10 di Johannes Brahms. Esse sono quattro opere per pianoforte, composte nel 1854 e pubblicate nel 1856, comunemente considerate fra le sue migliori composizioni pianistiche giovanili.
Queste pagine di musica rispecchiano l’animo vibrante e sensibile degli autori, in cui l’uomo trova immediatamente riflesse le proprie passioni più irruenti e i sentimenti più intimi.
L’evento, che si svolge in un’atmosfera evocativa, in cui l’ambientazione raffinata e il carattere narrativo e poetico delle composizioni consentono di realizzare un’esperienza fiabesca, è rivolto ad appassionati e neofiti, e vuole rendere la musica classica fruibile a tutti.
Verrà offerta inoltre la visita guidata nell’Area Storica del Teatro di Marcello ai possessori del biglietto del concerto, che permetterà al visitatore di entrare nell’atmosfera storica artistica del luogo, passeggiando tra le vestigia dell’antica Roma. -
Degas torna a Napoli, la prima volta dopo oltre un secolo
È noto che il pittore e scultore Edgar Degas (1834 – 1917) coltivò sin dalla giovinezza uno stretto rapporto con l’Italia e con Napoli eppure mai, fino ad oggi, la città ha ospitato una mostra a lui dedicata. Per la prima volta in assoluto, dal 14 gennaio fino al 10 aprile, Degas, il ritorno a Napoli celebra finalmente quel legame, con una selezione di quasi 200 opere originali esposte nella Sala del Refettorio del Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore, a pochi passi da Palazzo Pignatelli di Monteleone, residenza del nonno paterno e di parte della famiglia, meglio conosciuto come Palazzo Degas.
Prodotta da Navigare srl e patrocinata dal Comune di Napoli, la mostra è curata dall’esperto e
collezionista d’arte Vincenzo Sanfo e si articola in tre aree tematiche.La prima, riferita agli anni giovanili di Degas, ricostruisce le atmosfere della Napoli di fine Ottocento, attraverso immagini storiche e l’analisi del ritratto del nonno Hilaire De Gas, primo importante dipinto realizzato a Napoli dal futuro pittore impressionista, e quello della famiglia Bellelli, suoi parenti, proposti in mostra in una riproduzione multimediale.
Con la seconda sezione, dedicata ai temi distintivi dell’arte di Degas: ballerine, prostitute, cavalli da corsa e café-chantant della Belle Époque, l’esposizione entra nel vivo con una galleria di disegni, studi preparatori, numerose incisioni tra monotipi, litografie e xilografie, e tre sculture in bronzo. Tali opere risultano fondamentali per comprendere a pieno l’arte del “pittore delle ballerine”.
L’attenzione alla forma e al segno, che si realizza attraverso lo studio, l’imitazione dei grandi maestri della pittura italiana oltre che del neoclassicista Ingres, insieme all’esercizio del disegno, lo
accompagneranno fino alla morte. Il disegno, per Degas, rivela molto meglio della pittura la vera personalità di un artista. Anche quando entrerà nel gruppo degli Impressionisti e si dedicherà al colore, Degas non abbandonerà questa convinzione.Accanto alla produzione di disegni e incisioni dell’artista, rappresentata dalle serie La maison
Tellier e La Famille Cardinal e, in facsimile, dal Carnet di disegni per Ludovic Halévy, spiccano in
questa esposizione numerosi altri celebri artisti tra cui Pablo Picasso (acquaforte Degas e Desboutin,
serie La Celestine) e Jules Pascin (disegni a inchiostro Maison Close).La terza area tematica riguarda aspetti più mondani della vita di Degas, le sue frequentazioni
con altri artisti e gli anni più tormentati della sua esistenza minata dalla cecità. In questa parte della
mostra, sono esposte opere pittoriche e grafiche di artisti napoletani, come Filippo Palizzi, conosciuto
alla Reale Accademia di Belle Arti di Napoli, con il quale Degas condivise il dissenso per
l’insegnamento accademico. L’area ospita anche altri illustri artisti come Domenico Morelli, Frank
Boggs, Giuseppe Canova, Ferdinando Pappacena e Édouard Manet, con il prezioso olio su cartoncino
Vase de fleure.
Infine, trentaquattro fotografie realizzate da Degas, provenienti dalla Bibliothèque National de
France, evidenziano l’interesse di Degas per la recente invenzione quale strumento di studio per il
movimento del corpo umano e dei cavalli, accolta da molti Impressionisti.
Degas, il ritorno a Napoli sarà visitabile sino al 10 aprile con orario continuato, giorni feriali dalle ore
9:30 alle 19:30 mentre sabato, la domenica e festivi dalle 9:30 alle 20:30.
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