Il Comune di Napoli e il PAN, sede dell’esposizione dedicata al Duca Bianco: David Bowie: the Passenger. By Andrew Kent, hanno assicurato l’apertura al pubblico tutti i giorni delle festività per garantire la promozione dell’iniziativa “L’arte sotto l’albero – regala la cultura”. Con l’acquisto, esclusivamente online, donando ad amici e parenti il tagliando d’ingresso si può ottenere uno sconto del 30% sugli acquisti al bookshop della mostra.
L’iniziativa messa in atto per la mostra, organizzata da Navigare srl in collaborazione con il Comune di Napoli, il PAN e la partnership del Vettore Ufficiale Trenitalia, consente ai visitatori di poter “regalare la cultura” durante il periodo natalizio. Dal 7 dicembre al 6 gennaio 2023 i possessori dello speciale tagliando, acquistabile sul sito ufficiale attraverso la piattaforma potranno godere di uno sconto speciale (pari al 30%) al bookshop della mostra che resterà aperta tutti i giorni delle festività osservando solo una riduzione di orario.
In numerosi acquisti dei tagliandi e le richieste dei turisti in città, hanno così garantito l’apertura secondo il seguente calendario:
24/25/31 dicembre – chiusura ore 17.00
26 dicembre – chiusura ore 20.30
1° gennaio 2023 – chiusura ora 17.00
You Might also like
-
Qui rido io di Mario Martone: il biopic su Eduardo Scarpetta
Dopo il Sindaco del rione Sanità, Mario Martone ci riconduce nella sua Napoli ma questa volta lo scenario e i personaggi sono diversi. Nella pellicola precedente il regista infatti omaggia e rivisita l’omonima opera teatrale di Eduardo De Filippo, riadattandola ai nostri tempi.
In Qui rido io, Mario Martone, presenta non solo il personaggio di Felice Sciosciammoca ma di Eduardo Scarpetta o meglio di Odoardo Lucio Facisso Vincenzo Scarpetta in persona, con tutti i suoi pregi e con tutti i suoi difetti.
Chi era Eduardo Scarpetta
Eduardo Scarpetta è stato un attore e commediografo che ha creato il teatro dialettale moderno che tra fine ‘800 e inizio ‘900 ha riadattato numerose commedie francesi.
Ha scritto diverse commedie originali tra cui Miseria e nobiltà. Con il suo piglio e la sua originalità è riuscito a mettere in secondo piano la maschera di Pulcinella, inventata nei primi decenni del ‘600 dall’attore Silvio Fiorillo.
Nel 1870 inizia il successo personale con l’interpretazione di Felice Sciosciammocca, personaggio che accompagnava Pulcinella, scritturato da Antonio Petito. Scarpetta era un uomo ambizioso e arrivista che voleva emergere ad ogni costo e ci è riuscito, diventando un capocomico di successo che nato da famiglia modesta arriva a possedere un palazzo in via dei Mille.
Eduardo Scarpetta ha una carriera molto lunga come commediografo che è stata bruscamente interrotta da una causa fattagli da Gabriele D’Annunzio nel 1904.
Nel 1909 deluso e amareggiato si ritira dalle scene, dopo aver partecipato alla parodia La Regina del Mare, composta dal figlio Vincenzo, al quale ha imposto di essere il suo continuatore nel ruolo di Felice Sciosciammocca.
La sua vita privata è stata turbolenta e fedifraga ma rimasta “fedele” all’interno del suo nucleo familiare. Un divoratore di donne, una presenza carismatica e ingombrante per tutti i componenti della famiglia. Un uomo che ha vissuto per il successo perché la sua felicità proveniva esclusivamente da questo.
Sposato con Rosa De Filippo da cui ebbe due figli: Domenico, nato probabilmente da una relazione con re Vittorio Emanuele ma riconosciuto da Scarpetta e Vincenzo. Da una relazione con una maestra di Musica ebbe un’altra figlia: Maria che adottò.
Dalla relazione con Luisa De Filippo, nipote della moglie, ebbe: Annunziata, Eduardo e Giuseppe De Filippo che non ha mai riconosciuto.
Dalla relazione con Anna De Filippo, sorellastra della moglie, ebbe Ernesto, riconosciuto da Vincenzo Murolo, Eduardo e Pasquale.
Qui rido io: la trama
Qui rido io mostra tutte le sfaccettature che hanno caratterizzato il personaggio e la persona che era Eduardo Scarpetta con tutte le contraddizioni in primis come uomo e padre. Durante la visione del film l’uomo e l’attore non si fondono mai del tutto eppure sono complementari: senza Eduardo Scarpetta probabilmente Felice Sciosciammocca non sarebbe stato ciò che è stato ed ha rappresentato per il teatro e per alcuni dei suoi figli.
Attraverso la minuzia dei dettagli e delle inquadrature che contraddistinguono il cinema di Martone, lo spettatore più attento scopre anche il motivo di quello sguardo malinconico e disincantato di Eduardo De Filippo, un figlio riconosciuto solo sul palco come figlio di Felice Sciosciammocca e mai nella vita reale come gli sarebbe spettato. Quest’ultimo infatti rientra tra i figli di Eduardo Scarpetta che non sono stati riconosciuti ma a cui inevitabilmente l’uomo ha trasmesso qualcosa: l’amore per il teatro e la scrittura che ha permesso a lui e ai suoi fratelli di poter diventare ciò che sono diventati in seguito. Eduardo Scarpetta semina figli extraconiugali tra le amate parenti con una cadenza che sembra quasi certosina perché ciascun bambino, durante gli anni, si darà il cambio per poter interpretare il figlio di Sciosciammocca. Una sorta di promiscuità da braccianti perché ciascuno invece che a coltivare campi sarà costretto a salire sul palco, lavorando per lui.
All’interno di questo scenario controverso vediamo una famiglia allargata in cui ciascuna donna ha scelto il proprio luogo e il proprio ruolo di buon grado. Ciascuna donna riversa la propria frustrazione, causata da questo contesto sentimentale malsano, sui propri figli attraverso una devozione materna, a volte, esasperante. Sono tutte donne imparentate tra loro che hanno in comune figli con l’unico uomo della casa, tutte sanno e tutte fanno finta di niente, facendo sembrare normale una situazione palesemente paradossale perché è più importante non patire la fame e la povertà che patire per amore o per vergogna. Eppure in casa Scarpetta le regole della società vanno rispettate ma esclusivamente quelle dettate da lui e che quindi ritiene giuste.
Qui rido io ci catapulta agli inizi del ‘900 periodo di grande fermento culturale caratterizzato da diverse correnti di pensiero, a volte antitetiche, e da grandi personaggi che hanno inevitabilmente fatto la storia di questa epoca. È un periodo in cui il pubblico si divide e crea consensi differenti non solo sul gusto estetico ma sul contenuto di ciò che viene proposto. L’esempio lampante all’interno del lungometraggio ci viene trasferito dalla differenza del teatro popolare e leggero di Scarpetta contro quello intriso di pathos e tormento decadente di Gabriele D’Annunzio e dal diverso modo di comunicare di entrambi attraverso la valutazione artistica reciproca che ciascuno fa dell’altro.
Da una parte abbiamo Scarpetta che vuole mettere in scena una parodia de La figlia di Iorio, snaturando completamente l’elemento tragico di D’Annunzio e dall’altra vediamo il disappunto e la poca flessibilità del noto poeta decadente che accetta il concetto di avanguardia solo se è lui a dettare le leggi del cambiamento.
Eduardo Scarpetta e Gabriele D’Annunzio sono diametralmente opposti artisticamente, culturalmente e socialmente eppure sono così vicini umanamente: entrambi sono dediti al piacere della carne ma in questo caso i ruoli si invertono. Scarpetta diventa conservatore a suo modo, creando un suo personale concetto di famiglia allargata mentre D’Annunzio diventa uno sfacciato adulatore del vizio e dunque di mentalità avanguardista.
Due personaggi antitetici che hanno in comune il proprio egocentrismo lavorativo, creativo e umano.
Mario Martone con questo lavoro cinematografico ci trasferisce la bellezza di un’epoca teatrale di grande valore e dignità, un periodo di grande fermento artistico e culturale ma soprattutto ci mostra uno spaccato sociale e umano che sembra così lontano dal nostro ma che poi così diverso non è perché è solo una questione di priorità sociali, economiche e culturali del tempo.
-
Alba spezza le catene del dissenso con il suo nuovo singolo
La celebre scrittrice e fumettista statunitense Jodi Picoult scrisse che “nello spazio tra un sì ed un no, c’è tutta una vita” e tra i vicoli, le crepe, le aurore ed i tramonti di quest’ermetica e sconfinata area così soggettiva e personale, la giovanissima e brillante cantautrice, modella e attrice napoletana d’adozione londinese Alba, torna a stupire disegnandone i confini in “No” (Delma Jag Records), il suo nuovo singolo.
Dopo aver dato prova della sua versatilità passando dall’elettro-lounge del singolo d’esordio “Ciao” alla dance-pop d’Oltreoceano di “Odiarti Anch’io”, l’artista classe 2000 cattura e affascina dipingendo con la sua vocalità armoniosa, delicata, e al contempo energica e penetrante, un arcobaleno di indipendenza e intraprendenza in chiave elettro-pop, con cui pone fine a tutti quei dissensi e quei dinieghi che quotidianamente ci ingabbiano, impedendoci di realizzare i nostri sogni – «ancora una volta ho spezzato le catene» -, dando vita ad un nuovo capitolo, ad «un’altra storia che non vieti di sognare».
“No” che provengono dall’esterno e come porte chiuse in faccia ci lasciano inermi dinanzi alla scelta di proseguire o indietreggiare lungo la via che conduce alla nostra realizzazione, ma anche rifiuti, negazioni e disapprovazioni che ogni giorno rivolgiamo a noi stessi, negandoci la possibilità di essere felici, pronunciando quella lunga serie di “no” che in realtà celano e nascondono il timore di affermarci alla vita, sotto il punto di vista professionale, relazionale e personale.
Dichiara Alba:
Questa canzone è la storia di tutti i “no” ricevuti, in abito lavorativo e personale. Ma anche di quelli che diciamo a noi stessi, perché ci è stato insegnato che ad alcune cose bisogna dire di “no”, oppure perché a volte abbiamo paura di dire di “si” a ciò che non è completamente convenzionale, o a qualcosa che potrebbe stravolgere la nostra vita.
Un brano che ci invita a troncare ed abbandonare questo circolo vizioso, incoraggiandoci a confidare in noi stessi senza preoccuparci eccessivamente delle difficoltà che potrebbero presentarsi – «spero ormai da anni in una botta di fortuna, la ruota si è incastrata si ma io non ho paura», liberandoci così dalla paura di confessare i nostri desideri ad alta voce – «e no non te lo dico sennò poi non si avvera» -, riappropriandoci della nostra vera natura – «tu ricordati di amare» – e abbattendo definitivamente gli steccati – «lancio questo missile ho distrutto la barriera» – che ci precludono la possibilità di realizzarci pienamente.
“No” è accompagnato dal videoclip ufficiale, girato a Napoli sotto la direzione di Andiy Yudka.
Alba: biografia
Alba, al secolo Alba Giaquinto, è una cantautrice e attrice napoletana d’adozione romana. Si appassiona alla musica sin da bambina, suonando la batteria e, all’età di 13 anni, dà il via al suo percorso formativo in ambito vocale, studiando canto.
Quattro anni più in là, scrive i suoi primi testi inediti, in inglese e in italiano, e, poco dopo, inizia a recitare, mettendo in luce la poliedricità della sua Arte che le consente di fondere cinema, teatro, serie TV, composizione e interpretazione. Ad inizio 2022, entra nelle case degli italiani partecipando alla celebre e fortunatissima produzione Rai “Il Paradiso delle Signore” e, nel Maggio dello stesso anno, pubblica il suo primo singolo ufficiale, “Ciao”, una lettera a cuore aperto a se stessi che conduce l’ascoltatore ad una nuova consapevolezza di sé; un viaggio tra le tappe dell’assoggettamento e dell’autodistruzione per liberarsi dalla tossicità dei rapporti e rinascere, dalle proprie ceneri e dal mondo. Nel 2023, trasferitasi a Londra per proseguire gli studi, l’artista torna con “Odiarti Anch’io”, un bianco e nero che tratta la delicata tematica della manipolazione psicologica all’interno di una relazione di coppia, esortando l’ascoltatore a liberarsi dai fardelli del passato per ricostruire la propria identità partendo da una buona e sana dose di amor proprio. Magnetica, dotata di una grazia vocale di raro riscontro, di una timbrica delicata ma potente al contempo e di un’abilità autorale in grado di trasfigurare esperienze personali in narrazioni universali, Alba è una delle proposte più interessanti del nuovo cantautorato femminile italiano.
-
Pietà per l’esistente. Satire e poesie censurabili di Paolo Pera
È disponibile in libreria e negli store online Pietà per l’esistente. Satire e poesie censurabili Ensemble Edizioni di Paolo Pera, una variegata raccolta di testi critici (sferzanti, seppur ironicamente) verso la contemporaneità̀ politica, religiosa, estetica e umana.
L’io poetante è qui l’osservatore di un Occidente che ha smarrito gli argini logici, come pure il senso del bello. Tra invettive e pasquinate, il poeta si scopre sì capace di un’innata avversione per l’altrui «bruttezza desiderata» ma anche compassionevole nei confronti del dolore che instaura questa bruttezza, ossia quel perdimento che fa decadere l’uomo nella caotica boria relativista.
A proposito del libro, Paolo Pera, racconta:
La raccolta nacque come un unico grande libro – insieme a quella che ora sarà la seconda anta di un dittico, Pena di me stesso – queste due parti: la pietà per il mondo e quella per sé, in un certo qual modo volevano essere il mio omaggio al Pound giovanile (poeta da me sempre amato, e del quale conobbi pure la figlia Mary), quello del Mauberley, dove una voce poetante demolisce la propria contemporaneità – già in odore d’Usura – e nel mentre critica aspramente anche sé stessa in qualità di “poeta non indispensabile”; Pound infatti era tanto critico con sé da auto-sabotare il proprio lavoro, gettandolo magari nella laguna di Venezia, e io pure ma senza laguna (basta il cestino del desktop, ormai). – continua – «Questo grande libro – effettivamente abnorme, centosessanta pagine – è stato da me troncato a metà: oggi esordisce la “critica al mondo”, ossia la Pietà, che si trasforma però nella futura Pena attraverso la poesia conclusiva, Il compassionevole, nella quale la vena satirica si ritira a guardare le debolezze dell’io permettendogli così di comprendere che questo “gioco dell’attacco” (che sta nel libro) nasca comunque da un sentimento di commozione per lo svanire e il soffrire di tutte le cose.
La raccolta di poesie si sofferma sulla morale e l’intenzione di alcune istituzioni, soprattutto quella religiosa, in cui per il poeta alberga l’ipocrisia. Le parole pronunciate sono scisse dalle intenzioni e dai fatti perché non è la cura delle anime ciò che davvero conta.
Un esempio è la poesia io e Benedetto che attraverso una metafora spiega il senso reale delle istituzioni tutte.
Io Benedetto
Se taglio in due la cattedrale
Entrambi avremo
Una Chiesa in cui giocare
A fingerci cristiani,
Come volle il Capitale…
I temi affrontati sono tra i più attuali e disparati: i migranti, l’accoglienza, la politica nazionale e internazionale che hanno il medesimo modus operandi. E ancora la pandemia e la società in cui universalmente ci muoviamo permeati dall’ignoranza e dalla saccenza priva di contenuti perché ciò che più conta è l’apparenza priva di contenuti.
Riportiamo un’altra poesia che spiega bene il mood delle poesie e il modo cinico in cui l’autore guarda il mondo.
L’ESTETICA DEL MANICHINO
Tu, ragazza, non sei grassa!
Perché vai a vomitare
Ogni yogurt che t’han dato
Da pappare? Temi forse
Di non starci nel vestito
Che vorresti acquistare?
T’ho vista di fronte alla vetrina:
Sognavi mica di sfilare
A Parigi o Nuova York,
Trovando un bell’Adone
Che ti faccia il paliatone
(Senza romperti le ossa…)?
Su, coraggio, dimmi adesso
Quanto credi nel tuo cuore!
Sei di carne o plasticume,
Tu che pari un manichino?Conclude il poeta:
Pietà per l’esistente. Satire e poesie censurabili è una «critica sociale in versi» suddivisa in sette brevi sezioni. Ad abitare anzitutto questo libro è il rapporto con la temporalità, ancor più che con la realtà: a mio parere la disgregazione non è negli uomini, essi sono vittime nel tempo che stiamo abitando! Se queste poesiole saranno eventualmente in grado dare una o più chiavi di letture per intendere la contemporaneità non potrò che esserne lieto.
In alcune poesie ci sono rimandi a grandi intellettuali appartenenti a diversi settore della cultura, alcuni dei quali hanno fatto del dissacrare la critica maggiore del loro tempo come Carmelo Bene, ad esempio.
Paolo Pera: biografia
Paolo Pera (Alba, 1996) vive a Canale e studia Filosofia all’Università̀ di Torino. Ha pubblicato il romanzo La scuola attraverso i miei occhi (Vertigo, 2012) e la raccolta poetica La falce della decima musa (Achille e La Tartaruga ed., 2020). Nel 2021 pubblica Pierino Porcospino (Gian Giacomo Della Porta Editore), una rielaborazione del classico per l’infanzia di Heinrich Hoffmann. È anche fumettista, pittore e scultore. Collabora con diverse riviste online in qualità di critico letterario.