Icona dell’artista quale mattatore del palcoscenico, Vittorio Gassman, come molti suoi colleghi coetanei che in età giovanile hanno esordito e si sono costruiti una solida carriera nel mondo del teatro, vive in un periodo di transizione, dove nuovi media di massa come il cinema e, soprattutto, la televisione, si affacciano prepotentemente sulla scena, stravolgendo i modelli dell’arte e i canoni dell’intrattenimento.
Come dimostra la fortuna artistica dello stesso Gassman, l’adattamento a questi mezzi risulta cruciale per imporre la propria personalità, in cui l’eclettismo e la capacità di mescolare la cultura alta a quella popolare traccia la sorte dei «nuovi attori».
Questo studio delinea un profilo artistico di Vittorio Gassman secondo un’inedita prospettiva tesa a conciliare le varie sfaccettature della sua attività, in una visione appunto «multimediale» della sua arte attoriale.

Vittorio Gassman attore multimediale di Arianna Frattali
Arianna Frattali: biografia
È ricercatrice presso l’Università del Salento e ha svolto attività di ricerca e insegnamento relative alle discipline dello spettacolo presso vari Atenei italiani.
È autrice di monografie – Presenze femminili fra teatro e salotto. Drammi e melodrammi nel Settecento lombardo-veneto (2010), Testo e performance dal Settecento al Duemila (2012), Didone abbandonata di Pietro Metastasio (2014), Santo Genet da Genet per la Compagnia della Fortezza (2019) – e numerosi saggi legati al teatro del Settecento, del secondo Novecento e del ventunesimo secolo.
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La paura del copione: due scuole di pensiero a confronto
Eccoci con la prima puntata di un caffè a teatro con Gilda Ciccarelli e Francesco Teselli della compagnia teatrale La Fermata. L’argomento trattato oggi riguarda la paura del copione, secondo due scuole di pensiero diverse: quella del Living Theatre e quella del metodo Meisner. L’argomento principale su cui intendono soffermarsi i due attori sono le emozioni che ci accompagnano sempre sia nella sfera privata che in quella lavorativa.
Da un certo punto di vista, quello teatrale, possiamo dire che gli attori o aspiranti tali si trovano quotidianamente ad affrontare e a dover familiarizzare con le emozioni. Un attore deve ricorrere alla propria esperienza emotiva per connotare umanamente un determinato personaggio, deve animarlo del proprio bagaglio esperenziale e allo stesso modo deve trasmettere quelle stesse emozioni agli spettatori. E già detta così non è proprio semplice.
Gilda Ciccarelli e Francesco Teselli ci spiegano come gestire le emozioni secondo diverse metodologie e non è detto che queste due modalità, per quanto opposte tra loro, non possano fondersi.
È possibile gestire le emozioni? Sì! Quali sono le modalità e le scuole di cui hanno parlato i due attori? Ecco qualche accenno per potere comprendere meglio il tutto.
Francesco Teselli
Il metodo Meisner
Il metodo Meisner prende in prestito il cognome del suo ideatore: Sanford Meisner (1905-1997), noto attore statunitense. L’attore ha elaborato un metodo che ha come scopo quello di perfezionare la performance di un attore che, nella maggior parte dei casi, può essere ostacolata da due elementi: il non ascolto o l’essere troppo concentrati su se stessi.
Sanford Meisner ha gettato le basi, ideando delle tecniche di esercitazione, che offrono gli strumenti per ascoltare realmentee porre l’attenzione all’esterno. Perché per l’attore statunitense un attore che non è capace di ascoltare non sarà mai ingrado di recitare in modo adeguato, talento e virtù a parte.
Ogni volta che ci interfacciamo con qualcuno, le emozioni compaiono spontaneamente. Dunque per l’attore statunitense è importante esercitarsi e improvvisare fino alla messa in opera di una rappresentazione.
Per usare le sue stesse parole:
La base del mio approccio consiste nel voler ricongiungere l’attore ai suoi impulsi emotivi e guidarlo a una recitazione fermamente radicata nell’istinto. Tutto si basa sul fatto che quando un attore è bravo quello che fa scaturisce dal cuore: non c’è nulla di mentale.
Foto vintage di attori mentre si esercitano con il metodo Meisner
Living Theatre
Living Theatre è una compania teatrale d’impronta sperimentale, fondata a New York nel 1947. L’intento della compagnia è quello di scardinare i canoni del teatro classico, dunque il rapporto tra attore e spettatore.
La compagnia teatrale non vuole rappresentare la vita e le sue vicissitudini senza finzioni ma vuole viverla realmente, per poter trasmettere con immediatezza. Per poter fare ciò prendono spunto dal pensiero di Antonin Artaud, drammaturgo e attore francese, che si ispira al teatro balinese e che scrisse due manifesti sul Teatro della Crudeltà. Per crudeltà l’attore intende la pura catarsi e per poter fare ciò è necessario ricorrere a tutti quegli stimoli ricettivi d’impatto immediato capaci di turbare l’animo dello spettatore, provocandogli una sensazione intima di disagio.
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Bestiale Comedìa: il viaggio dantesco di Vinicio Capossela
Vinicio Capossela porta in scena Bestiale Comedìa, un concerto che celebra i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, autore molto amato dal cantautore.
Molto spesso, infatti, nelle opere musicali di Vinicio e nel messaggio intrinseco dei suoi lavori ci sono delle suggestioni che rimandano al Sommo Poeta.
Bestiale Comedìa di Vinicio Capossela
Bestiale Comedìa è un progetto che nasce dal confronto con la Divina Commedia di Dante, cercando di dare dei punti di orientamento allo spettatore all’interno del proprio repertorio musicale. Il paradosso, non solo all’interno di questo progetto, è quello di mostrare ai vivi, agli spettatori e non solo, il viaggio nello smarrimento quotidiano e sociale che percorriamo. Al contrario di Dante che, nella Divina Commedia, ci descrive un viaggio tra morti per salvare i vivi, quello di Vinicio è un viaggio per cercare di redimere i vivi dal proprio regno terreno composto da caos, peccato, incontinenza e pestilenza, in cui il singolo è disperso insieme al proprio labirinto interiore, che ci uccide tutti allo stesso modo.
Solo attraverso la conoscenza si svolge il passaggio verso la grazia beata ma il raggiungimento si compone di un cammino tortuoso.
Vinicio Capossela durante il concerto Bestiale Comedìa
Vinicio Capossela riassume con queste parole il senso di Bestiale Comedìa:
Affacciarsi a Dante è affacciarsi al pozzo della natura umana. A partire dalla forma a imbuto della cosmogonia della Comedìa, l’attrazione è sempre stata presente.
Ho iniziato ad appassionarmi a Dante per mito interposto. L’eroe della mia giovinezza è stato il dannato, il bohémien, il distillatore di bellezza Amedeo Modigliani, che sgranava come un rosario ebbro i versi di Dante a memoria mentre dipingeva i suoi volti dagli occhi vuoti.
L’attrazione per l’umano, i suoi miti, per il sublime, per l’inferno, per il peccato e per la virtù, per tutto ciò che desta maraviglia è quello che da 15 anni conduce il mio cammino in musica e parole.
Santi, eroi e viziosi, una certa attrazione per il misticismo, una visione del mondo non specialistica, ma enciclopedica, il cui soggetto è la natura tutta a partire dalla natura umana sono tra le cose dantesche che più mi attraggono.
Il nome Bestiale Comedìa si riferisce al percorso della Divina Commedia, che ha come compito quello dell’affrancamento dalla bestialità.
La nostra sola eternità possibile infatti è, secondo Vinicio Capossela, quella di rallentare il tempo, facendoci sempre più piccoli e avvicinandoci alla prospettiva della lumaca.
Vinicio Capossela da sempre è affascinato e ammaliato dalle figure mitologiche e dal simbolismo che in esse sono racchiuse perché nonostante il tempo e i secoli trascorsi che ci separano dai miti, questi rappresentano l’essere umano in pieno. Ciascuna figura mitologica, che sia essa una sirena o una bestia, cattura un tratto distintivo dell’essere umano che permane nei secoli nonostante il cambiamento sociale, anzi in qualche modo, per Capossela, più andiamo avanti e più assumiamo tratti grotteschi sempre più marcati.
Viviamo azzannando il tempo avidamente senza godere e assaporare la benevolenza che talvolta la vita e la natura ci donano. Viviamo incuranti e sprezzanti delle piccole cose, che diamo per scontate perché convinti che tutto ci è dovuto e tutto è sotto il nostro dominio ma non è così perché la pestilenza è sempre dietro l’angolo, per mostrarci che la natura ci dona ma ci toglie, ridimensionando il nostro sguardo a quello della lumaca che vede il mondo gigantesco intorno a sé.
Bestiale Comedìa vuole essere un momento di riflessione, d’incanto, di stupore ma, soprattutto, di un viaggio senza tempo fatto nella modalità in cui solo Vinicio è capace di fare, traghettando il suo pubblico in luoghi onirici trasudanti di abominevole realtà.
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Fellini degli spiriti: il documentario di Selma Dell’Olio
Fellini degli spiriti è un documentario di Selma Dell’Olio che cerca di indagare il mondo non visto di Federico Fellini, avvalendosi delle testimonianze di chi lo ha conosciuto privatamente e lavorativamente.
Nel documentario troviamo le testimonianze di: Terry Gilliam, Giditta Mascioscia, Damien Chazelle, William Friedkin, Gigi Proietti e molti altri. L’intento di Selma Dell’Olio è quello di mostrare un ritratto più intimo e spirituale di un regista che ha fatto la storia del cinema italiano e internazionale.
Fellini degli spiriti verrà presentato in anteprima internazionale durante la XXXIV edizione del Festival il Cinema ritrovato a Bologna, che si svolgerà dal 25 al 31 agosto.
Scena tratta dal documentario
Fellini degli spiriti: il rapporto del regista con l’esoterismo
Federico Fellini era un uomo così innamorato della che in tutta la sua vita, lavorativa e non, ha sempre cercato di comprenderne il senso. Da sempre è stato affascinato dai segreti che riguardavano l’inconscio.
Quando il regista aveva del tempo libero si recava dal sensitivo Gustavo Rol, per farsi consigliare sulle sceneggiature.
Filippo Ascione racconta su Federico Fellini:
Mi diceva sempre che il cinema lo aveva risucchiato ma lui voleva fare il mago.
I film erano le sue magie. Quando giravamo, alle otto del mattino ci trovavamo in piazza del Popolo per andare a Cinecittà e non esisteva nulla: i copioni nascevano in quella mezz’ora d’auto, spesso ispirati ai suoi sogni della notte.
Fellini degli spiriti
Federico Fellini, stando alle parole di Filippo Ascione, non era interessato al cinema in sè infatti possedeva un numero spropositato di libri esoterici e di psicologia, oltre ai saggi di Rudolf Steiner. Per Federico Fellini realizzare un film era l’equivalente di fare una magia.
Ad esempio nel film La voce della luna (1990) c’è una scena, quella in cui gli oggetti sul pianoforte ballano, che si ispira ad una teoria del musicista Nino Rota, che affermava che la sequenza di determinate note musicali sono in grado di modificare la materia.
Il regista voleva conoscere una nota sensitiva russa che viveva isolata al servizio del Kgb. Quando nel 1987 vinse un premio a Mosca, Federico Fellini, mise come condizione che lo portassero da questa sensitiva che, si diceva, avesse resuscitato Breznev. Le trattative per raggiungere questo compromesso durarono molto perché, ai tempi, c’era la Guerra Fredda.
Le sue opere cinematografiche sono tutte caratterizzate dallo stile onirico e visionario, tipico di chi è affascinato da ciò che sfugge allo sguardo.
Fellini degli spiriti di selma Dell’Olio
Fellini degli spiriti è un modo per approfondire questo lato nascosto, a molti, del regista e per celebrare il centenario della sua nascita. Il documentario uscirà nelle sale italiane il prossimo 31 agosto.