L’appuntamento con “la storia del rock suonata da chi ha fatto la storia” è il 28 luglio a Zafferana Etnea (CT).
A mettersi in gioco per un progetto comune sono i migliori chitarristi e strumentisti italiani: Maurizio Solieri, Ricky Portera, Federico Poggipollini, Giuseppe Scarpato, Robby Pellati, Rigo Righetti, Lollo Campani. Tutti protagonisti all’Anfiteatro Falcone e Borsellino.
Sono stati chiamati per interpretare, al meglio delle loro possibilità artistiche e professionali, svariate sequenze sonore che si legano fortemente alla capacità e allo stile musicale di alcuni grandi performer italiani, portando in scena – sullo stesso palco – quell’amore stratosferico per la musica rock che hanno tatuato sul cuore.
Capita così che Maurizio Solieri, guitar man per oltre trent’anni di Vasco Rossi; Ricky Portera, storico chitarrista degli Stadio e grande amico di Lucio Dalla; Federico Poggipollini, il Capitano Fede della banda di Ligabue e sua prima imbattibile chitarra; Giuseppe Scarpato, inseparabile chitarrista di Edoardo Bennato, assieme a Robby Pellati e Rigo Righetti ed alla straordinaria voce di Lollo Campani siano tutti protagonisti di Italy Rock (La storia del rock suonata da chi ha fatto la storia).
Celebrando il gran finale di una tre giorni siciliana, l’evento farà tappa giovedì 28 luglio all’Anfiteatro Falcone e Borsellino nell’ambito della rassegna musicale Ai piedi dell’Etna, organizzata da Olimpo Eventi in collaborazione con il Comune di Zafferana Etnea.
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Codice a sbarre di Giulia Tubili
In uscita il 24 giugno 2022, si tratta di una raccolta di racconti dal titolo Codice a sbarre, sottotitolo: “Storie di assenti e di simbionti in cattività”, è l’esordio letterario della romana Giulia Tubili (1993) pubblicato da Il ramo e la foglia edizioni.Magari non è così, forse fanno bene loro. Chi sono io per giudicare i dolori atroci che nascondono in casa?
Però, al contrario loro, io non so fingere il distacco. Non sono in armonia con me stessa, né con gli eventi in corso. Eppure, da bambina, mi dicevano che ero una brava attrice.Questa raccolta di racconti non appartiene totalmente al giallo benché esprima forti suggestioni noir,
pulp e thriller.Possiamo paragonarla a un “lettore di codice a (s)barre” che cerca di decifrare, racconto per racconto, le storie incredibilmente diverse della prigionia, della cattività in cui, in un modo o nell’altro, ogni essere umano finisce col cadere, per un periodo o per sempre.
Non si vuole condurre il lettore in un girone infernale né portarlo a ragionare Dei delitti e delle pene.Il carcere è un non luogo: cella, corpo o mente, che la catena sia corta o lunga come nel testo poetico della Szymborska, è un essere o non essere.
Tante sono le sbarre uno è il senso di solitudine: ferro o ossa, ferro e ossa.
Codice a sbarre è l’esordio letterario di Giulia Tubili.Le sbarre del titolo sono quelle dietro le quali le menti dei protagonisti dei racconti si aggirano tra ricordi e slanci, ma in realtà sono imprigionate da loro stesse.La scrittura è dinamica e impressionista, affine a una certa cinematografia americana che si muove tra il pulp ed evoca lo splatter attraverso certe ambientazioni apparentemente idilliache ma che non riescono a mascherare un’inarrestabile decadenza.La scrittrice descrive così il suo romanzo:
Mai che si dia il giusto peso a tutte le forme d’arte presenti nell’Universo. Però, alla fine, se ti impegni qualcosa la rimedi di sicuro e, siccome ci ho girato intorno abbastanza, mi sembra l’ora di concedervi una rivelazione. (…) Non avrei mai pensato di finire con il far parte di qualcosa. Qualcosa che, almeno a mio avviso, rimarrà nella storia.
Sono nata a Roma nel 1993 mentre tentavo di morire, uccidendo mia madre. Non ci sono riuscita e, da quel momento, ho dovuto fare i conti con un increscioso futuro che prevedeva lo scrivere biografie.Interessa al lettore o allo spettatore sapere che mi fu raccontato che a nove mesi già giocavo a ripetere parole astruse (un fenomeno da baraccone)? No, non credo. Al pubblico, interessano particolari più corposi o gossip. Però, a pensarci, il fatto che gongolassi nel ripetere “garrula!” dall’alto del mio seggiolone avrebbe dovuto mettere in guardia i miei familiari su quello che li aspettava.
Sono cresciuta ribadendo che avrei fatto l’attrice e, nel frattempo, oltre che improvvisare siparietti domestici, leggevo e scrivevo, scrivevo e leggevo. Superata l’età ingrata che per me si è rivelata più esecrabile dell’usuale, è venuto il tempo dell’Actor Studio, tre anni di Accademia cinematografica e, a seguire, stage di perfezionamento e una gavetta a tempo indeterminato.
Oggi, ho al mio attivo un buon numero di cortometraggi, alcuni spettacoli teatrali, set fotografici, almeno sette o otto portatili bruciati per usura. Fare l’attrice è estenuante perché è più il tempo speso a cercare un ingaggio, fosse pure pro bono, che quello dedicato a lavorare.Scrivere? Mi fa volare. Scrivere riempie le notti, i vuoti incolmabili, le cicatrici di un’adolescenza negata. Scrivere è come cavalcare a briglie sciolte e, poi, tornare a compiere lo stesso percorso cercando il giusto passo.
Per chi fosse interessato a narrazioni diverse e fuori dal coro consigliamo Mia Diletta di Marieke Lucas Rijneveld.
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Luca Elettri ci racconta dei suoi vini naturali: l’intervista
Insolente Vini è un progetto familiare di Luca Elettri e dei suoi tre figli: Francesca, Andrea e Martina. La loro azienda nasce dalla passione per il mondo dei vini naturali e dalla voglia di ridare vita agli antichi vigneti familiari (parliamo di vigne di oltre 45 anni), situati sulle colline di Monteforte d’Alpone (VR) zona del Soave Classico.
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I vini Insolente sono semplici, diretti e di pronta beva, esulano dai classici vini che siamo abituati a bere e che non sono altro che il prodotto di un lavoro intensivo unito al ricorso della chimica, che offre come risultato bevande alcoliche uguali in ogni annata esprimendo una personalità artificiosa del terroir.
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Bestiale Comedìa: il viaggio dantesco di Vinicio Capossela
Vinicio Capossela porta in scena Bestiale Comedìa, un concerto che celebra i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, autore molto amato dal cantautore.
Molto spesso, infatti, nelle opere musicali di Vinicio e nel messaggio intrinseco dei suoi lavori ci sono delle suggestioni che rimandano al Sommo Poeta.
Bestiale Comedìa è un progetto che nasce dal confronto con la Divina Commedia di Dante, cercando di dare dei punti di orientamento allo spettatore all’interno del proprio repertorio musicale. Il paradosso, non solo all’interno di questo progetto, è quello di mostrare ai vivi, agli spettatori e non solo, il viaggio nello smarrimento quotidiano e sociale che percorriamo. Al contrario di Dante che, nella Divina Commedia, ci descrive un viaggio tra morti per salvare i vivi, quello di Vinicio è un viaggio per cercare di redimere i vivi dal proprio regno terreno composto da caos, peccato, incontinenza e pestilenza, in cui il singolo è disperso insieme al proprio labirinto interiore, che ci uccide tutti allo stesso modo.
Solo attraverso la conoscenza si svolge il passaggio verso la grazia beata ma il raggiungimento si compone di un cammino tortuoso.
Vinicio Capossela riassume con queste parole il senso di Bestiale Comedìa:
Affacciarsi a Dante è affacciarsi al pozzo della natura umana. A partire dalla forma a imbuto della cosmogonia della Comedìa, l’attrazione è sempre stata presente.
Ho iniziato ad appassionarmi a Dante per mito interposto. L’eroe della mia giovinezza è stato il dannato, il bohémien, il distillatore di bellezza Amedeo Modigliani, che sgranava come un rosario ebbro i versi di Dante a memoria mentre dipingeva i suoi volti dagli occhi vuoti.
L’attrazione per l’umano, i suoi miti, per il sublime, per l’inferno, per il peccato e per la virtù, per tutto ciò che desta maraviglia è quello che da 15 anni conduce il mio cammino in musica e parole.
Santi, eroi e viziosi, una certa attrazione per il misticismo, una visione del mondo non specialistica, ma enciclopedica, il cui soggetto è la natura tutta a partire dalla natura umana sono tra le cose dantesche che più mi attraggono.
Il nome Bestiale Comedìa si riferisce al percorso della Divina Commedia, che ha come compito quello dell’affrancamento dalla bestialità.
La nostra sola eternità possibile infatti è, secondo Vinicio Capossela, quella di rallentare il tempo, facendoci sempre più piccoli e avvicinandoci alla prospettiva della lumaca.
Vinicio Capossela da sempre è affascinato e ammaliato dalle figure mitologiche e dal simbolismo che in esse sono racchiuse perché nonostante il tempo e i secoli trascorsi che ci separano dai miti, questi rappresentano l’essere umano in pieno. Ciascuna figura mitologica, che sia essa una sirena o una bestia, cattura un tratto distintivo dell’essere umano che permane nei secoli nonostante il cambiamento sociale, anzi in qualche modo, per Capossela, più andiamo avanti e più assumiamo tratti grotteschi sempre più marcati.
Viviamo azzannando il tempo avidamente senza godere e assaporare la benevolenza che talvolta la vita e la natura ci donano. Viviamo incuranti e sprezzanti delle piccole cose, che diamo per scontate perché convinti che tutto ci è dovuto e tutto è sotto il nostro dominio ma non è così perché la pestilenza è sempre dietro l’angolo, per mostrarci che la natura ci dona ma ci toglie, ridimensionando il nostro sguardo a quello della lumaca che vede il mondo gigantesco intorno a sé.
Bestiale Comedìa vuole essere un momento di riflessione, d’incanto, di stupore ma, soprattutto, di un viaggio senza tempo fatto nella modalità in cui solo Vinicio è capace di fare, traghettando il suo pubblico in luoghi onirici trasudanti di abominevole realtà.
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