Pasquale Scialò nella conferenza cantata “Sanzioni, passioni e tammurriate in bianco e nero”, per il ciclo “Città cantante 2” – giovedì 13 aprile, ore 17:00 al Trianon Viviani.
La seconda conferenza cantata di Pasquale Scialò, intitolata “Sanzioni, passioni e tammurriate in bianco e nero”, racconterà la Canzone napoletana tra gli anni Venti del Novecento e la Seconda guerra mondiale.
In questo arco temporale ci si trova immersi in una scena musicale che registra la convivenza di più correnti: accanto a creazioni dal timbro classico – come Napule è na canzone, Silenzio cantatore, Canzone appassiunata, Chiove, Passione e L’addio – si trovano brani dai colori esotici, coloniali e di regime, come La danza Ma-ka-bù, Serenata a Hitler, ‘E ssanzione, ed Evviva ’a tessera, quest’ultima composta per promuovere l’istituzione della carta annonaria.
A fine guerra è ancora la canzone, più di ogni altro mezzo, a fissare il doloroso mutamento sociale e culturale con brani che alludono alla miscegenation, ossia ai rapporti sessuali tra giovani napoletane e soldati di colore presenti in città nel corso della cosiddetta liberazione, come in Tammurriata nera.
Ospite musicale della serata il trio Suonno d’ajere.
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Gilda Ciccarelli ci parla del ruolo della donna nel teatro napoletano
Rieccoci con una nuova puntata di un caffè a teatro con Gilda Ciccarelli della compagnia teatrale La Fermata. Questa è la prima puntata che realizziamo post Covid e abbiamo deciso di parlare di donne nel teatro ma in modo diverso e guardando il ruolo della donna da un’altra prospettiva.
Con Gilda Ciccarelli avevamo già parlato, in una puntata precedente di un caffè a teatro, di storie di donne a teatro e al cinema passando da Eleonora Duse a Meryl Streep.
Oggi non parleremo soltanto dell’evoluzione storica che hanno avuto le donne all’interno del teatro napoletano ma anche di come si sono evoluti determinati stereotipi femminili nel teatro partenopeo e lo faremo da un punto di vista più femminista, lasciateci passare questo termine.
Quello che andremo ad analizzare con la prima attrice della compagnia teatrale La Fermata è il ruolo della donna in determinati periodi che hanno fatto la storia del teatro napoletano. Ci soffermeremo, soprattutto, su un personaggio abbastanza controverso, per certi aspetti.
La figura femminile di cui stiamo parlando è quella di Filomena Marturano ma procediamo con ordine partendo dal teatro napoletano prima di Eduardo De Filippo.
Il ruolo della donna nel teatro napoletano spiegato da Gilda Ciccarelli
Il ruolo della donna nel teatro napoletano si è evoluto insieme al ruolo che, in quel periodo, il gentil sesso aveva nella società. Infatti all’inizio, nel primo teatro napoletano, il personaggio femminile non ricopre un ruolo drammaturgicamente rilevante perché era un personaggio che faceva da spalla ai ruoli principali che erano quelli maschili. I ruoli interpretati dalle donne in questo periodo erano quello della moglie, della figlia o della zitella ed erano personaggi che, all’interno del canovaccio, non avevano una crescita o un’evoluzione. I personaggi femminili di questo periodo infatti rappresentano i tre classici stereotipi sociali del tempo e le aspettative che si riponevano in lei.
La donna nasceva come figlia e doveva diventare moglie ma, per diverse ragioni, poteva non avere pretendenti e quindi restare zitella a vita e da qui i personaggi prendevano i classici connotati di moglie tradita, figlia obbligata a sottostare ad imposizioni familiari e così via. In breve quella proposta è una donna derivante da una società e cultura maschilista.
Gilda Ciccarelli afferma:
L’evoluzione della donna nel teatro napoletano la iniziamo a intravedere in alcune commedie, non popolari e quindi meno famose, di Salvatore Di Giacomo in cui la donna inizia a ricoprire un ruolo differente: quello della femmina napoletana portavoce di una società matriarcale.
In realtà questo ruolo, quello matriarcale, è sempre esistito solo che si tendeva a schiacciarlo per dare spazio agli stereotipi della donna succube.
L’evoluzione più grande nel teatro napoletano l’abbiamo con Eduardo De Filippo. Infatti il primo personaggio che viene in mente è quello di Filomena Marturano. Una donna costretta, per necessità, a doversi prostituire.
Filomena Marturano è una donna che lotta per i suoi diritti e lotta rivendicando il suo essere donna ma per scoprire alcuni aspetti di questo personaggio controverso non vi resta che guardare il video in home.
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Francesco Teselli interpreta All’amato me stesso di Vladimir Majakovskij
Eccoci con un nuovo appuntamento di un caffé a teatro che, in questi giorni complicati per potersi parlare face to face come un tempo, cambia d’abito ma non di contenuto.
Oggi abbiamo deciso di pubblicare l’interpretazione della poesia All’amato me stesso fatta da Francesco Teselli della Compagnia Teatrale La Fermata.
All’amato me stesso è una poesia di Vladimir Majakovskij (1893-1930), scrittore, poeta, regista teatrale, attore e giornalista sovietico. L’artista da subito ha aderito al Futurismo, corrente artistica e letteraria, che rigettava il classicismo e l’arte di un tempo e che nel linguaggio effettuò una vera e propria rivoluzione lessicale.
Nel 1912 Vladimir Majakovskij insieme a Burljuk, Chlebnikov, Kamenskij e Krucenych firmò il manifesto Schiaffo al gusto del pubblico in cui veniva dichiarata e sottoscritta la volontà di allontanarsi dalle formule poetiche di un tempo, contemplando la libertà artistica in tutte le sue manifestazioni.
Abbiamo posto alcune domande a Francesco Teselli per comprendere qualcosa in più sulla scelta e sul contenuto della poesia.
Francesco Teselli: intervista
1. Perché hai scelto di interpretare All’amato me stesso di Vladimir Majakovskij?
La scelta è legata all’iniziativa che stiamo portando avanti noi della Compagnia Teatrale La Fermata sui Social Network con Teniamoci a Teatro Di Sicurezza, che ha una politica ben precisa, in questo periodo così difficile.
Scopo di questo progetto, infatti, è fare performance in diretta Facebook, per ricreare in noi attori e negli spettatori quello stato emotivo che ci accomuna durante uno spettacolo e, soprattutto, far passare il messaggio importante che bisogna restare a casa senza però rinunciare alla cultura. Scegliere di fare una poesia così complessa, di un autore così semanticamente stratificato, semplicemente girando un video con il cellulare, era una sfida che mi andava di raccogliere.
2. Qual è la tua interpretazione del testo?
Di questa poesia, All’amato me stesso, che si affranca dalla tipica impronta poetica di Vladimir Majakovskij – pur trattenendone la forza militante – mi affascina molto, da sempre, il contrasto violento, l’incontro feroce tra un’anima immensa e l’essenza percepita dell’inutilità.
È una caporetto, quella del poeta: il suo spirito è troppo grande, alla fine soccomberà trascinando il suo “enorme amore” unicamente in chissà quale “notte delirante e malaticcia” (di dostoevskiana memoria). La ripetizione ossessionante dell’ipotesi d’essenza sono tutte anticlimatiche (s’io fossi piccolo, come il grande oceano; povero come un miliardario; balbuzziente come Dante o Petrarca) è tutto in antitesi: è la dicotomia del mondo.
3. Che cosa significa, per te, questa poesia?
All’amato me stesso per me rappresenta esattamente l’opposto. Mi ha convinto proprio questo a farla: un ulteriore contrasto, quello che divide la mia condizione emotiva attuale dall’inesorabile inferno di Vladimir Majakovskij, che lo porterà al suicidio.
D’accordo sui chiaroscuri della vita, ma io adesso sto bene. Pandemia a parte, gira tutto nel verso giusto. E dato che l’attore veramente bravo non mette mai in scena se stesso: ecco a voi il mio contrario, in tutto e per tutto.
All’amato me stesso di Vladimir Majakovskij
Quattro. Pesanti come un colpo.
A Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio.
Ma uno come me dove potrà ficcarsi?
Dove mi si è apprestata una tana?
S’io fossi piccolo come il grande oceano,
mi leverei sulla punta dei piedi delle onde con l’alta marea,
accarezzando la luna.
Dove trovare un’amata uguale a me?
Angusto sarebbe il cielo per contenerla!
O s’io fossi povero come un miliardario… Che cos’è il denaro per l’anima?
Un ladro insaziabile s’annida in essa:
all’orda sfrenata di tutti i miei desideri
non basta l’oro di tutte le Californie!
S’io fossi balbuziente come Dante o Petrarca…
Accendere l’anima per una sola, ordinarle coi versi…
Struggersi in cenere.
E le parole e il mio amore sarebbero un arco di trionfo:
pomposamente senza lasciar traccia vi passerebbero sotto
le amanti di tutti i secoli.
S’io fossi silenzioso, umil tuono… Gemerei stringendo
con un brivido l’intrepido eremo della terra…
Seguiterò a squarciagola con la mia voce immensa.
Le comete torceranno le braccia fiammeggianti,
gettandosi a capofitto dalla malinconia.
Coi raggi degli occhi rosicchierei le notti
s’io fossi appannato come il sole…
Che bisogno ho io d’abbeverare col mio splendore
il grembo dimagrato della terra?
Passerò trascinando il mio enorme amore
in quale notte delirante e malaticcia?
Da quali Golia fui concepito
così grande,
e così inutile?
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Il Trianon Viviani “adotta” piazza Vincenzo Calenda
Il Trianon Viviani ha assunto l’adozione di piazza Vincenzo Calenda.
Il sindaco Gaetano Manfredi e il presidente della fondazione Trianon Viviani, Gianni Pinto, hanno firmato oggi un’apposita convenzione grazie alla quale il Comune affida in adozione alla fondazione teatrale lo spazio urbano della piazza, con il tratto inferiore di via Salvatore Trinchese, per assicurare, tra l’altro, interventi di pulizia – a integrazione di quelli comunali – e la piantumazione e cura delle fioriere esistenti e di altre da sistemare, nonché la riallocazione dell’ulivo posto in memoria di Maikol Giuseppe Russo, vittima innocente della camorra.
Partners del Trianon Viviani, per questa iniziativa, l’Altra Napoli onlus e l’associazione dei commercianti A’Forcella.
«Abbiamo portato a termine questo percorso in tre mesi con l’impegno di tutta l’Amministrazione – ha spiegato il sindaco –: una risposta concreta e utile per Forcella, luogo dalle grandi tradizioni ma anche attrazione turistica. Il che significa portare economia, cultura e sviluppo in questo quartiere vincendo la criminalità organizzata. Le persone perbene, gli imprenditori perbene, le associazioni del territorio sono i nostri alleati nell’ottica dello sviluppo di tutta la città».
«Da molti anni il Trianon Viviani aveva chiesto al Comune l’adozione di piazza Calenda – ha precisato Pinto – e finalmente, con il sindaco Manfredi e il contributo del sovrintendente uscente Luigi La Rocca, oggi si realizza: con l’Altra Napoli e A’Forcella siamo impegnati a contribuire fattivamente a restituire dignità e decoro alla piazza a partire dal famoso “Cippo a Furcella”, la testimonianza archeologica magnogreca di Neapolis (III sec. a.C.), rilevante nell’immaginario collettivo, che è una parte della struttura della porta Furcillensis presente anche all’interno del teatro con la torre della Sirena».
«Con questo atto – ha sottolineato Antonio Lucidi, vicepresidente dell’Altra Napoli e consigliere del Trianon Viviani –, abbiamo aggiunto un altro tassello a questa straordinaria collaborazione che vede coinvolta l’Amministrazione comunale, la fondazione teatrale e A’Forcella. Era un atto dovuto per la riqualificazione e il rilancio di una delle zone dalla forte vocazione turistica e attrattiva della nostra città. Con questa operazione e con il coinvolgimento delle realtà che operano sul territorio si darà maggiore slancio alle proposte culturali, sociali e artistiche dell’intero territorio».
Per Antonio Raio, presidente di A’Forcella, «l’adozione di piazza Calenda è un passo fondamentale per il territorio, che, per gli imprenditori e i cittadini, mette tanta speranza per il futuro per una vera riqualificazione complessiva».
All’incontro sono intervenuti Maria Caniglia, presidente della quarta Municipalità, Lorenzo Iorio, assessore alle attività produttive, turismo e legalità della seconda Municipalità, e Mario D’Esposito, membro del comitato di indirizzo della fondazione teatrale.
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