Il commercio simbolico della fama nel cinema hollywoodiano.
Integrando abilmente gli studi relativi alle star con quelli relativi all’industria cinematografica, Hollywood Stardom svela il legame indissolubile tra cultura e commercio nel concetto contemporaneo di stardom cinematografica.
Lo studioso di cinema Paul McDonald esamina lo stardom nell’industria cinematografica moderna, attraverso le carriere delle star di maggior prestigio o successo: George Clooney, Mel Gibson, Tom Cruise e Daniel Dey-Lewis, Tom Hanks, Will Smith e Julia Roberts.
Le star sono intese come brand.
Costruito con precisione accademica, Hollywood Stardom offre un importante contributo agli studi cinematografici contemporanei e rappresenta il ruolo mutevole dello stardom nella moderna industria cinematografica hollywoodiana.
A cura di Andrea Minuz.
Prefazione di Giacomo Manzoli.
Paul McDonald: biografia
Paul McDonald è professore di Cultural and Creative Industries presso il Dipartimento di Culture, Media and Creative Industries di King’s College di Londra.
Prima di intraprendere la carriera universitaria, Paul ha fatto pratica come attore professionista alla Royal Academy e ha lavorato in diverse aree dell’industria dei media, compresi la produzione di film di animazione, proiezione cinematografica, studi di fotografia ed editoria.
Le sue principali pubblicazioni: World Film Distribution (1999); Video and Dvd Industries (2007); co-curatore di The Contemporary Hollywood Film Industry (2008); Hollywood Stardom (2013) e co-autore di Hollywood and the Law (2015).
Andrea Minuz: biografia
Insegna Storia del cinema presso l’Università «Sapienza» di Roma.
Ha scritto e curato numerosi volumi, tra cui La Shoah e la cultura visuale. Cinema, memoria, spazio pubblico (2010); L’invenzione del Luogo. Spazi dell’immaginario cinematografico (2011); Viaggio al termine dell’Italia. Fellini politico (2012), tradotto in inglese nel 2015 per Berghahn Books (Political Fellini. Journey to the end of Italy).
È membro del comitato scientifico della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro e scrive di media e televisione per il quotidiano «Il Foglio».
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I cinquant’anni del bar Settebello di Napoli con la mostra della pittrice Nadia Basso
E’ sempre lo stesso rito che si ripete. Ogni volta che torno a Napoli, da turista, è come se all’inizio vivessi in una bolla di sapone, e mi anniento nel caos cittadino a cui non sono per niente abituato. Tuttavia, tale barriera viene via appena il traffico si fa meno intenso e salgo per Calata Trinità Maggiore giungendo nella stupenda Piazza del Gesù Nuovo; mi assicuro che la libreria Dante e Descartes sia ancora lì, poi mi reco nell’illustre chiesa di fronte e mi siedo, in preghiera.
Di solito la mia tappa successiva è via San Sebastiano, la strada degli strumenti musicali e dei liutai, quelli che restano e resistono, ma questa volta mi sono fermato proprio all’angolo, tra questa stradina e via Benedetto Croce, per una cedrata ghiacciata al Bar Settebello.
Il Bar Settebello
Ho letto tanto, nell’ultimo anno, di questo luogo piacevole ed originale, ed ho colto l’occasione per entrarvi e respirare quella particolare atmosfera da circolo bohémien, con i tavolini da tipica terrasse francese, piccoli e tondi. Seduti ad essi un’atipica concezione di genere umano, persone tranquille, di qualsiasi età, che parlano di arte, discutono di politica in maniera neanche tanto accesa; c’è chi si tiene per mano e si guarda vicendevolmente in silenzio, chi resta da solo ed osserva la strada piena di turisti, testimoni di un tempo che lì resta sempre all’apparenza immutato ma porta tuttavia piccoli ma catastrofici cambi di stile; c’è chi si siede al pianoforte addossato alla parete e suona una composizione classica; chi addirittura organizza veri e propri concerti, numerosi musicisti che si susseguono e alimentano d’intensità armoniosa un sito accogliente, un buen retiro a pochi centimetri dalla bolgia di corpi che quasi si sfiorano, indifferenti l’uno all’altro.
Di qua una sensazione di essere a casa, di là il ritorno alle faccende, agli stralci di vita.
Pino De Stasio è alla cassa: non mi sorprendo di trovarlo lì, perché sapevo, sentivo che sarebbe successo presto, quindi sorseggio la bevanda fredda servita dal gentilissimo Ciro e con una scaltrezza che non mi appartiene corro a stringergli la mano. Lui si mostra felice del gesto, ci presentiamo, intanto qualcuno corre a fargli gli auguri, e al mio sguardo interrogativo mi spiega che proprio quel giorno il Bar Settebello compie cinquant’anni.
Probabilmente, se non certamente, l’unica realtà commerciale esistente da mezzo secolo lì nei dintorni, a pochi passi dal campanile di Santa Chiara, e mi accorgo che senza volerlo mi sono calato in un’invidiabile storia fatta di un susseguirsi di passioni, di un compendio di stimoli esposti, di un’esposizione di un pensiero di sinistra non sempre maggiormente combattivo e basta, ma ragionato, teorizzato, francamente esposto non solo nei gesti, nelle dottrine, nel rispetto delle scelte sessuali altrui, nella conservazione dei beni culturali, il tutto come in un’ambientazione da film di Ettore Scola.
Qui vi passò Pasolini, con un seguito di attori, mentre girava la novella Elisabetta da Messina, compresa nel suo Decameron; Pino era un bambino, e all’epoca c’era suo padre ad occuparsi del bar. E così, mentre finivo di bere quel toccasana che mi fa dimenticare la calura esterna, mi è saltata in mente una curiosa casualità. Mentre il 5 luglio del 1969 a Londra, in Hyde Park, i Rolling Stones tenevano il primo concerto senza Brian Jones, il loro fondatore, morto in circostanze misteriose appena due giorni prima e sostituito già da un pezzo da Mick Taylor, a Napoli, nel cuore del centro storico, in via Benedetto Croce, il signor Antonio De Stasio inaugurava il suo Bar Settebello, un luogo che probabilmente neanche lui sapeva sarebbe diventato di culto, proprio come gli Stones.
A Pino spiego la mia idea di scrivere un articolo in occasione del mezzo secolo di vita, e gli chiedo notizie dettagliate, ma lui con un sorriso taglia corto:
scrivi ciò che ti racconta il tuo cuore.
A pochi passi da noi due c’è una mostra temporanea di quadri, di ritratti per l’esattezza.
Sono di un’ammirevole bellezza, di un’esplosione di chiaroscuri colorati, e lì dove c’è luce o ombra c’è l’intensità di uno sguardo, di una vita che vi corre attraverso, del carattere che vi è esposto nel suo mutismo, nella fissità dell’immagine che sembra tuttavia parlarci, interrogarci.
Le Icone di Napoli, la mostra dei ritratti di Nadia Basso
“La pittrice è Nadia Basso” chiarisce Pino, poi mi passa degli inviti, mi suggerisce di scriverle.
Ammiro le opere che sono esposte, che abbracciano il pianoforte al di sotto, al centro; in tutto sette, in acrilico su tela 50 x 70 e vi sono ritrattii l’attrice Puella Maggio, il musicista James Senese, l’attrice Sofia Loren, il maestro Roberto De Simone, autore dell’opera lirica La Gatta Cenerentola, Titina De Filippo, Peppino De Filippo, e Totò.
La mostra s’intitola Le Icone di Napoli; a telefono la pittrice è molto contenta del mio interessamento, pur non conoscendomi, mi parla di sé, della sua avventura nel mondo dell’arte, dell’idea della mostra al Bar Settebello. E’stata fortemente voluta anche da Pino De Stasio, oltre che dai coniugi Pasquale Ferrara e Maria Giovanna Visconti, i quali, avendone apprezzato il talento nella precedente mostra interamente dedicata a Totò, in occasione del Maggio dei Monumenti del 2017, a cinquant’anni dalla sua scomparsa, hanno iniziato a seguirla nelle tappe successive, come la mostra a Palazzo Venezia, sempre dedicata al Principe del Sorriso, accolta con successo dai media e dalle recensioni; una sua opera da street art la si può ammirare al Vico Buongiorno, sempre a Napoli; ha lavorato a ritratti storici e di particolare importanza come, ad esempio, quando ha trattato in una sua esposizione il tema della legalità con i ritratti di Salvo D’Acquisto e Giancarlo Siani; oltretutto lavora in veste di scenografa nel campo del teatro e del cinema; ha insegnato Arte e Immagine in varie scuole del capoluogo.
L’idea dei volti noti della Napoli degli artisti, Le icone di Napoli, sarà in continua evoluzione, mi spiega, e comprenderà, nel giro di sei mesi per volta, un cambio dei sette ritratti esposti precedentemente, per dare valore a chi si merita un posto di riguardo nella mostra, quindi chi giungerà al Settebello, fino al prossimo anno, potrà ammirare ancora questa sorta di esposizione a lungo termine, in tutto il suo splendore, e in un’atmosfera senza pari.
Nadia Basso mi dice con una certa emozione e con un trasporto davvero notevoli:
La mia passione per il ritratto nasce da sempre. Ho sempre amato i volti, immortalandoli nei ritratti, soprattutto quando hanno qualche particolare caratteristica, come nel caso degli attori, che hanno questa espressione sulla quale c’è sempre da indagare, la maschera e il volto umano, tutto insieme.
Vedi Napoli e poi…
Prima di lasciare la Città del Sole passo sempre a Portalba, tra i libri nuovi e vecchi, poi faccio una lunga passeggiata fino a Piazza dei Martiri, per una bevanda al Gran Caffè La Caffettiera e una sosta alla Feltrinelli, per rifiondarmi tra i libri, quelli però delle ultime uscite, e da lì porto a casa qualche disco, che ascolterò in auto mentre correrò a lavoro nella settimana successiva.
Questa volta però, come per evocare un ricordo, sono ritornato in Piazza del Gesù Nuovo, e tra la folla ho riconosciuto Pino De Stasio, indossava occhiali da sole ed era uscito per una breve commissione.
E’sembrato felice di rivedermi. Non ho esitato a dirgli un sincerissimo “grazie”.
E grazie a te, Napoli.
Carmine Maffei
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Passeggeri della Notte di Mikhaël Hers: in anteprima esclusiva
Martedì 4 aprile, ore 21, per l’anteprima esclusiva de Passeggeri della Notte di Mikhaël Hers, con protagoniste Charlotte Gainsbourg e una Parigi anni ’80 ricostruita al dettaglio. Un film che trascina lo spettatore indietro nel tempo, una storia d’amore, di amicizia, coraggio. Le fervide notti parigine raccontate alla radio da instancabili speaker (tra le quali il mito Emmanuelle Béart) e vissute da giovanissimi in cerca di loro stessi.
Si aprono le proiezioni del martedì alla Cineteca di Milano Arlecchino alle 17 con Dancer, documentario del regista candidato all’Oscar Steven Cantor. Il film racconta la vita e la carriera di Sergei Polunin, il “James Dean della danza,” raccogliendo le immagini della sua infanzia, documentando i suoi tanti successi, i tatuaggi, e l’amore con Natalia Osipova.
Alle 19, in occasione della Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo, si terrà la proiezione speciale di Sul sentiero blu, un film di Gabriele Vacis, in collaborazione con CAI, Club Alpino Italiano, che racconta di giovani protagonisti autistici, che insieme ai loro medici ed educatori, percorrono oltre 200 km a piedi in 9 giorni. Un cammino di crescita, tra fatica e divertimento, in cui i protagonisti affrontano ed imparano a gestire emozioni e difficoltà grazie a specifici programmi abilitativi per sviluppare le competenze sociali. Saranno presenti in collegamento ospiti provenienti da realtà legate al progetto e al film stesso.
Dopo la pausa della prossima settimana, l’11 aprile riprende la serie ICONS presentata da Wanted e MUBI Italia – un percorso in 5 film, per 5 serate, dedicata a figure iconiche della cultura contemporanea. Dopo la prima serata di marzo, si prosegue con il secondo appuntamento, The Wolfpack il documentario di Crystal Moselle (2015, 80′) che racconta l’incredibile storia dei fratelli Angulo, costretti dal padre a vivere reclusi in un appartamento di Manhattan, e che trovano la loro fonte di ispirazione e vita nel guardare e recitare i classici del cinema.
Passeggeri della Notte di Mikhaël Hers uscirà nelle sale il 13 aprile.
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Parle moi d’amour. Vite esemplari di grandi libertine: la graphic novel di Vanna Vinci
Parle moi d’amour. Vite esemplari di grandi libertine è un romanzo a fumetti di Vanna Vinci, edito da Feltrinelli, che uscirà nelle librerie il prossimo 19 novembre.
Protagoniste del volume sono donne che hanno vissuto la propria vita incuranti del giudizio altrui che le etichettava come donne scandalosamente libere. Le libertine sono state definite in modi diversi: cortigiane, donne fatali, cocotte, grandi orizzontali o semplicemente donne dai facili costumi che hanno ispirato versi e menti di molti intellettuali tra l’800 e il ‘900.
Vanna Vinci cerca di dare una voce diversa a donne come Cora Pearl, Valtesse de La Bigne o Carolina Otero.
Ho deciso di raccontare la vita e il carattere di alcune donne celebri e ora praticamente dimenticate, vissute a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento.
Donne poco raccomandabili e poco perbene che offrivano se stesse in cambio di lusso e denaro, e la cui condotta era ritenuta scandalosa.
Donne intelligenti, avventurose e spregiudicate, pronte a tutto pur di ottenere indipendenza ed evitare vite dimesse, convenzionali o, peggio, da schiave.
Le hanno chiamate mangiatrici uomini, donne fatali, cortigiane, grandi orizzontali, cocottes, demi-mondaines, leonesse o semplicemente puttane…
Qualcuno potrà dire che facevano il mestiere più vecchio del mondo e che erano comunque alle dipendenze degli uomini che le pagavano…
Altri parleranno di emancipazione della donna, anche se sono certa che queste signore pensassero a emancipare solo se stesse.
Si può dire tutto, tranne che non siano state delle persone eccezionali. Per questo motivo, ho deciso di andare a cercarle e ascoltare il racconto delle loro vite.
Parle moi d’amour. Vite esemplari di grandi libertine è un romanzo che vede la stessa autrice protagonista della stori perché è lei che intervista le libertine, per scoprire la storia di ciascuna.
Il mood segue l’idea di un’intervista impossibile perché si fondono epoche diverse con i propri usi, costumi e retaggi culturali.
Parle moi d’amour. Vite esemplari di grandi libertine: trama
Parle moi d’amour. Vite esemplari di grandi libertine ci spiega la vita e i tormenti delle donne più chiacchierate tra l’800 e il ‘900 e dalle loro storie si evince una grande voglia di indipendenza e di libertà.
Sono donne che spesso provengono dalla strada, che hanno visto la povertà e che hanno vissuto storie d’amore finite male. Da questo mix di delusioni, in loro si accende il desiderio di riscatto sociale e d’indipendenza.
Ma una donna che non ha denaro o beni materiali può aspirare ad una vita migliore? A quei tempi no! Duque ad una donna intelligente non restava altra alternativa che sfruttare il proprio capitale e monetizzarlo, l’unica alternativa era quella di giocare l’arte della seduzione, vendendo a caro prezzo il proprio corpo, l’unica cosa di loro proprietà e a loro diposizione.
La storia di La Paiva: la celebre cortigiana del regime di Napoleone III
Una delle intervistate in Parle moi d’amour. Vite esemplari di grandi libertine è Esther Lachmann (1819-1884), più conosciuta come La Paiva, è stata la cortigiana più celebre del regime di Napoleone III.
Dalla Russia, Esther Lachmann, arriva a Parigi in cerca di riscatto sociale e di lusso, diventando l’amante del compositore Henri Herze riuscendo così a fare il suo ingresso nei salotti aristocratici. La poca parsimonia della donna compromette la relazione con lo scrittore che, partito per un tour lontano, si sposa con un’altra donna, lasciando l’amante a Parigi con un figlio.
Senza più protezione e senza un soldo Esther Lachmann lascia Parigi per andare a Londra e qui conosce e sposa, dopo diverse frequentazioni altolocate, il marchese Albino Francesco Araùjo de Paiva, dal quale ottiene il tanto ambito titolo nobiliare che manterrà come soprannome per il resto della vita.
Il matrimonio tra i due dura poco, La Paiva è rimasta alla storia per aver lasciato il marito con questo biglietto:
Tu torni i Portogallo, io devo rimanere a fare la puttana.
Il marito distrutto dall’abbandono si suicida e questo gesto non fa altro che alimentare la fama della cortigiana. Esther Lachmann chiede l’annullamento del matrimonio per poter convolare a nozze con il conte Guido Henckel von Donnersmarck rientrando nuovamente a pieno titolo nel mondo aristocratico.
Di lei si dice che sia stata una donna affascinante, misteriosa e con una personalità magnetica che unita all’astuzia le hanno consentito di farsi strada negli ambienti e salotti aristocratici.
In Parle moi d’amour. Vite esemplari di grandi libertine di Vanna Vinci invece abbiamo la possibilità di scoprire la vera storia di ciascuna di queste donne, scoprendola dalla loro prospettiva e dal loro punto di vita.
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