Associazione AssoMiMe

Ristorazione al tempo del Covid-19: un’analisi economica in vista delle riaperture

È cambiata radicalmente la cultura della ristorazione che deve far fronte a tutte le normative vigenti. Le restrizioni sono maggiori in questo settore e gli introiti, quasi sicuramente, non saranno quelli di prima. Questi ultimi andranno a sommarsi ai mesi di stop quindi ciò che si prospetta in questo futuro prossimo sembra tutto tranne che roseo e rassicurante per gli imprenditori coinvolti in questo settore.

Luigi Snichelotto, presidente dell’Associazione AssoMiMe (Associazione Mezzogiorno Italia Mediterraneo Europa) prospetta un’analisi economica in vista della riapertura, dicendo:

Quale futuro? Sarà indispensabile pensare ad una nuova frontiera della ristorazione. Il problema oggi è capire cosa fare. Troppi consulenti, troppe task force, associazioni di categoria da rivisitare perché il settore è troppo frammentario: occorre fare sistema.

La ristorazione, classificata come fuori casa, include al suo interno un’offerta così variegata, che necessita di una conoscenza approfondita. L’incognita della prospettiva temporale, su cui è difficile fare previsioni, è il vero rebus: quando usciremo fuori dall’emergenza? In estate, a dicembre o il prossimo anno?

Il futuro di tutti noi è incerto è rischioso. Manca la capacità di ipotizzare un modello, in una visione più ampia e in prospettiva.

Cambierà il nostro modo di vivere, le abitudini. L’uomo però è un essere flessibile e dalle grandi capacità di adattamento. Sarà necessario rivedere i processi e le procedure, per vivere in protezione sia il lavoro che lo svago. Ricordando che la sicurezza rappresenta il valore assoluto, il bene più prezioso.

Cosa bisogna fare per incrementare il settore della ristorazione durante questo periodo di crisi causato da Covid-19

La ristorazione al tempo del Covid-19

Quanto pesa il food in termini economici?

Il settore legato al food è sempre stato molto dinamico ed è un segmento che, nello scorso anno, ha prodotto circa tra gli 80/85 miliardi di euro con un totale che coinvolge 350 mila aziende di cui il 40% sono a conduzione familiare.

Non è, dunque, difficile dedurre che questo settore rappresenta un grande volano dell’economia. Il costo della burocrazia nella ristorazione si aggira tra i 55-60 milioni di euro. Oggi con l’emergenza Covid-19 ci sono circa 250 provvedimenti in Talia, tra i regionali e i nazionali.

Garantire i livelli della sicurezza attraverso la nuova cultura della ristorazione

Gli imprenditori attivi nel settore della ristorazione e dell’ospitalità dovranno puntare tutto sulla sicurezza della propria clientela e dei lavoratori e tutto l’environment che gli ruota intorno. Dovranno essere garantiti spazi che andranno rimodulati attraverso uno schema e delle disposizioni che siano efficaci per poter limitare il contagio e i contatti tra i presenti all’interno di uno tesso ambiente. Per fare ciò c’è bisogno di una ridefinizione degli spazi e degli aspetti ergonomici del lavoro e di apparecchiature e linne di preparazione che riguardano la lavorazione delle materie prime e del prodotto finito.

La nuova della cultura della ristorazione dovrà affidarsi all’ausilio dell’intelligenza artificiale e robotica ma l’uomo non dovrà scomparire.

Per Luigi Snichelotto:

L’innovazione non dovrà riguardare necessariamente l’offerta del food che si tenderà a prediligere in base ai prodotti d’eccellenza e alle peculiarità territoriali ma, soprattutto, alla capacità creativa degli chef capaci di intercettare e interpretare le nuove tendenze del gusto.

Ci sarà bisogno di formare risorse umane, mano d’opera specializzata che sia capace di interagire con i meccanismi di automazione e con una rieducazione che dovrà tener sempre presente igiene e sicurezza.

Luigi Snichelotto e la sua analisi economica akll'interno del settore food

La ristorazione e il nuovo concetto del food

Quali sono i fattori vincenti della nuova frontiera?

Accoglienza e standard continuativo di servizio che insieme alla tracciata e certificata qualità del cibo offerto dovrà avere un ottimale rapporto qualità prezzo, per non creare crash all’interno delle attività. Le strutture dovranno essere adeguate e fornite di arredi coerenti con la tipologia offerta, individuando una location che sia in grado di offrire parcheggi e aree di svago.

Ci sarà bisogno di un’azione imprenditoriale di marketing, di una reputazione sociale e di una forte e solida identità nell’immaginario collettivo, rappresentata spesso dal marchio e dalla storia di un’attività ben consolidata.

Bisognerà intensificare il rapporto con i clienti e con il territorio attraverso cooperazione e affiliazione.

Secondo Luigi Snichelotto, la figura dell’imprenditore, dovrà adeguarsi allo scenario mutato, acquisendo capacità di un gestore d’impresa in un settore che è costantemente in evoluzione.

L’analisi che vi abbiamo illustrato è interessante e può essere un prospetto realistico per quella fetta che compone la maggioranza della fetta del mercato ovvero quel 60% delle imprese legate al food e alla ristorazione, che non sono a gestione familiare.

Noi crediamo, sarà per la zona in cui operiamo dove ci sono molte aziende a gestione familiare, molte delle quali rischiano di fallire, che questo prospetto sarebbe fallimentare per il settore del food a gestione familiare.

Qualora il piccolo imprenditore decidesse di affidarsi all’intelligenza artificiale, taglierebbe una fetta importante e attiva all’interno dell’economia. Sicuramente avvalendosi dell’intelligenza artificiale, il piccolo imprenditore, andrebbe a colmare le carenze economiche derivanti dai pochi coperti e tavoli disponibili ma andrebbe, soprattutto, ad impoverire l’economia di un territorio rurale e di tutte le risorse umane impiegate. Ciò comporterebbe, secondo noi, a creare un vero e proprio collasso economico in zone come la nostra.

Inoltre l’impiego dell’intelligenza artificiale, può effettivamente servire per rendere più sicura la preparazione e lavoro delle materie prime? Se parliamo di imprese a gestione familiare, generalmente, ci riferiamo ad attività commerciali che non hanno nulla a che vedere con quelle legate al franchising e quindi facciamo riferimento a numeri e produttività diverse.

Le piccole realtà legate al food e all’ospitalità dovranno reinventarsi, stringere i denti e capire, una volta attivata la nuova macchina, come porre riparo e cosa mettere in gioco, basandosi sulle nuove esigenze del consumatore che, sicuramente, sono cambiate e che oggi, rispetto a ieri, ha a disposizione molte meno risorse.

L’anello più debole di questo settore è proprio quello che sul mercato dei numeri rappresenta il 40% ed è a quello che bisognerebbe pensare con più attenzione.

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