Il duo, fusione sinergica tra musica elettronica e musica da camera, è formato dalla violinista e performer Stella Manfredi e dal bassista e producer Luigi Castiello, e debuttano con tre brani per l’etichetta discografica INRI Classic.
Le digital-release, che formano una trilogia con pubblicazioni cadenzate, hanno come titolo Imperfect Disconnect e rappresentano un lavoro concettuale anticipato dal primo brano “Onne“.
Il sound di KamAak affonda le radici nella musica classica ed attraverso la sperimentazione fonde elementi contemporanei alla tradizione. Le loro composizioni sono caratterizzate da suoni ipnotici, crescendo intensi, temi accattivanti mescolati ad un sapore pop che si evolve ed affascina.
Il loro è un lavoro di ricerca che genera composizioni evocative, elaborate nello stile tipico delle musiche da film, pubblicità, contenuti social e televisivi.
“Onne” è un brano che racconta il legame che unisce l’uomo al fuoco, una connessione che avviene lungo due linee, che più volte si intersecano, creando, un unico filo conduttore, che lega i tre brani selezionati per questa prima release discografica del duo.
Partendo da campioni di voci di mercanti e di pescatori dell’aria vesuviana, si è costruito un viaggio caratterizzato da forze contrastanti che rimandano la mente ai moti marini (ONNE).
Il lavoro audiovisivo conduce lo spettatore in questo viaggio nel quale la protagonista, scortata da una anziana figura, attraversa un mare misterioso. Un video che lascia molto spazio all’interpretazione e gioca con l’allegoria:
il rosso dei capelli della protagonista richiama il magma del Creator Vesevo, l’anziana donna è una chiara citazione a Caronte nell’inferno di Dante, l’orologio donato alla protagonista dall’anziano venditore di ortaggi è un riferimento al tempo liquido di Dalì.
Ispirati dalle loro radici, territoriali e culturali, “Imperfect Disconnect” presenta elementi del territorio Vesuviano con tutto il suo fascino. L’intento è produrre musica per un viaggio sonoro durante il quale si incontrano/scontrano la potenza della natura, con la sua capacità distruttiva, e le spigolose, calde e algide ambientazioni estive e invernali che il vulcano – tra miti e leggende – ci regala da millenni. Partendo dai suoni tipici dell’Area Vesuviana inizia così un viaggio sensoriale che accompagna l’ascoltatore in luoghi visionari, onirici e distanti dal proprio essere.
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Lindsay Dances: il docufilm di Rita Rocca in prima visione su Rai 5
Lindsay Kemp è nel suo salotto livornese e sta parlando di David Bowie, uno dei suoi più carissimi allievi.
Indossa un abito leggero con fantasie primaverili ed è seduto sul suo divano, mentre discute in maniera molto educata ma teatrale, senza nascondere un bel pò di euforia, mentre alza gli occhi al cielo e ricorda l’attimo in cui conobbe quel ragazzo fascinoso, quel musicista che avrebbe stravolto il mondo della musica e dei costumi. Gli stessi per cui Lindsay Kemp lo avrebbe indirizzato, contribuendo così alla riuscita di uno dei suoi più grandi capolavori: un effetto incredibile di musica, bravura, ingegno, danza, teatro, mimo ed eccitante androginia.
Espresse il desiderio di imparare da me, e il giorno dopo iniziò a frequentare le mie lezioni di danza.
Parla di quell’incontro del 1966, il primissimo, che avrebbe sconvolto la vita di entrambi: il grande ballerino e coreografo, paragonandolo ad un Arcangelo Gabriele, restò abbagliato dalla bellezza di David Bowie, mentre quest’ultimo, che apprezzava a dismisura i suoi spettacoli, sentiva che quella sua volontà di imparare da un genio avrebbe rivoluzionato per sempre il suo atteggiamento verso un pubblico ancora troppo scettico. Non aveva tutti i torti: quando durante i concerti del tour di Ziggy Sturdust, capì di essere finalmente una star, fu anche per merito del suo maestro di danza, che partecipava allo spettacolo. La scena descritta s’intitolava Starman, e Lindsay Kemp scendeva dall’alto con un costume argentato, a forma di ragnatela, mentre si calava da un’altezza di circa venti metri, e infine, una volta atterrato danzava con David Bowie. Mastro e allievo in una fusione sensuale di corpi che in armonia davano vita alla mitizzazione di quell’universo alieno creato da entrambi, per quel mondo terreno che forse era ancora impreparato, ma che assimilò il tutto per stravolgere il futuro delle arti e della musica.
Questo e tanto tanto altro potrete vedere nel docufilm Lindsay Dances – Il Teatro e la Vita secondo Lindsay Kemp (2020), che andrà in onda in prima TV assoluta sabato 2 maggio alle 22:40 su Rai 5.
È un film di rara importanza, realizzato in esclusiva per Rai Cultura e Rai 5. Dedica un ricordo che abbraccia la carriera entusiasmante di un personaggio geniale ed iconico, un artista come pochi, che ha saputo lasciare un segno indelebile nell’universo della danza e dello spettacolo.
Ideatrice e regista di questo documento storico è Rita Rocca, giornalista e documentarista Rai, oltre che conduttrice radiofonica del GRRai, che nel 2018 aveva presentato sulla stessa rete Bowienext-Nascita di una Galassia, da cui poi sarebbe nato il libro antologico omonimo edito da Arcana nel dicembre dello stesso anno, firmato insieme al critico musicale e biografo bowiano Francesco Donadio.
Ambedue gli omaggi presentavano ricordi e pensieri da ogni parte del mondo dedicati a David Bowie.
Lindsay Dances è un altro film di Rita Rocca perché sulla scia di quello dedicato al Duca Bianco, continua col narrare, quasi come se fosse un sequel, in un modo squisitamente antologico il repertorio storico del grande danzatore, coreografo e regista inglese.
Sono, ad esempio, descritti gli spettacoli della Lindsay Kemp Company, fin dalla fine degli anni ’70 fino a tutti gli anni ’90; inoltre sono stati recuperati filmati provenienti dalle Teche Rai ed è stata effettuata una ricerca meticolosa tra alcuni archivi privati, mentre lo stesso Lindsay Kemp, intervistato dalla giornalista Rai, racconta nella sua maniera simpatica, teatrale ed entusiasta gli spettacoli che gli resero più fortuna, come gli stessi concerti di Ziggy Sturdust, oppure del Flowers a Duende, il Midsummer’s Night’s Dream, e anche il The Big Parade, fino all’ultimo Kemp Dances. Non mancano stupefacenti foto del backstage, con tutti i suoi segreti, poi delle scene e infine dei momenti di vita privata del grande artista, immortalati da due fotografi da nomi altisonanti come Guido Harari e Richard Haughton.
Si sottolineano circostanze dedicate alla sua infanzia, durante la guerra, i combattuti inizi della carriera tra le rovine post belliche londinesi, la povertà e gli spettacoli che iniziò a presentare a Roma, in Piazza Navona, negli anni ’70, da cui nacque la passione di Romolo Valli, che portò nella stessa città la Lindsay Kemp Company.
L’artista inglese, infatti, memore di ciò, non nascose il suo grande amore per l’Italia, che sarebbe diventata la sua seconda patria, scegliendo di vivere a Livorno, la città di Amedeo Modigliani (Lindsay Kemp era anche pittore), dove sarebbe morto nell’agosto del 2018.
Nella sua dimora livornese, poco tempo prima, sarebbe giunta Rita Rocca per intervistarlo, e cominciare questo lavoro maturo ed indispensabile, per cui ha raccolto con grande passione e dedizione più materiale possibile.
Proietto la mia energia, la diffondo. Uso la mia energia per donarla agli altri sempre, e non solo in scena. Sempre, attraverso la mia presenza, il mio essere, e molto spesso mediante la mia immobilità. La mia immobilità dice di più dei gesti. Così come il mio silenzio dice di più delle mie parole.
La vita di Lindsay Kemp era un teatro, e nel teatro egli ne traeva conclusioni per la sua vita. Ambedue le condizioni si fondevano, dando forma ad un personaggio dai toni ora colorati, ora toccanti, ora trasgressivi, dove spesso la depressione cozzava contro la volontà di sapersi affermare, dove non sarebbero mancate le droghe, ma dove avrebbe conosciuto anche una lucidità artistica che avrebbe contraddistinto il suo personaggio, che non era altri che l’attore della sua stessa esistenza.
In Lindsay Dances ci sono oltretutto interviste a coloro che hanno condiviso insieme a lui momenti memorabili, nel lavoro e nelle amicizie, come i danzatori della sua Compagnia François Testory, Cecilia Santana e Ivan Ristallo; Daniela Maccari, che fu sua musa e instancabile assistente personale fino alla fine dei suoi giorni. Intervengono nel film, chiarendo il loro punto di vista da parte del pubblico il critico d’arte Vittorio Sgarbi e l’attrice Veronica Pivetti.
Rita Rocca ha saputo unire, con questo film, un ricordo carico di affetto, che si fonde con un lavoro meticoloso, sentito, e dove l’incredibile talento nel comporre immagini, testimonianze, ricordi, interviste, suoni, sta creando un filone emotivo che apparterrà soltanto a sé stessa, e ne dichiarerà, in un futuro molto prossimo, senza dimenticare il presente, una stima profonda da parte di un pubblico che cresce. Forse lo stesso pubblico entusiasta che applaudì la riuscita di un mito della danza e dello spettacolo come Lindsay Kemp.
Carmine Maffei
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Premio Leo de Berardinis under 35: i vincitori
Si è svolta al Ridotto del Teatro Mercadante di Napoli la selezione finale del concorso Premio Leo de Berardinis under 35, istituito dal Teatro di Napoli–Teatro Nazionale diretto da Roberto Andò, a sostegno delle giovani compagnie e artisti campani, intitolato ad uno dei massimi interpreti e protagonisti della scena teatrale contemporanea, autorevole riferimento per molte generazioni di teatro. Il concorso è realizzato in collaborazione con Il Teatro Pubblico Campano.
La giuria di esperti e di addetti ai lavori – composta da Roberto Andò direttore del Teatro di Napoli, da Viola Ardone scrittrice, da Mimmo Basso direttore operativo del Teatro di Napoli, da Maurizio Braucci scrittore e sceneggiatore, da Ippolita di Majo sceneggiatrice e autrice, da Davide Iodice regista di teatro ha scelto e decretato vincitori della seconda edizione del Bando, i seguenti lavori:
Una morte dolcissima: drammaturgia e regia di Noemi Francesca con la seguente motivazione: “Perché in una società che non è più capace di metabolizzare il lutto, Noemi Francesca si confronta con il trauma della perdita dialogando in maniera personalissima e originale con il testo di Simone De Beauvoir ed esplorando il luogo del dolore alla ricerca dei riti ancora possibili per attraversare la paura della morte.
Una scrittura polifonica e polisemica fatta di voci, immagini, oggetti che concorrono armonicamente a suggerirci che forse, anche e soprattutto nel tempo che viviamo, quel rito ancora può essere il teatro.”
L’appartamento 2B, drammaturgia e regia di Andrea Cioffi con la seguente motivazione: “Per la capacità di raccontare in maniera diretta la propria generazione, quella dei nati negli anni ‘80 e ‘90, attraverso una scrittura scenica attenta al ritmo e all’ironia, ma anche capace di mettere a fuoco il disagio di uomini e donne, non più giovani, ma considerati tali, che non riescono a trovare spazio e ruolo sociale nella vita degli adulti”.
Menzione speciale della giuria al progetto Nuttata, drammaturgia e regia di Domenico Ingenito con la seguente motivazione: “Nuttata si propone come un adattamento di La Nuit juste avant les forêts di Bernard-Marie Koltès.
I temi della notte come labirinto in cui amore e violenza si sovrappongono emergono con forza dalla breve messa in scena a cui abbiamo assistito. Hanno molto colpito il lavoro sulla lingua e sulla corporeità che sembrano aderire pienamente tra loro, all’interno di un’ambientazione semplice ed energica.
La dimensione del soliloquio, del recit esistenziale è ancora da mettere a punto e tende a volte a confondersi con quella del monologo ben condotto che invece si sottrae ad una definitiva messa in gioco del personaggio, al “diario di morte e resurrezione” che è alla base del testo originario.”
Nell’ambito del protocollo d’intesa tra i Premi Leo de Berardinis 2022 istituito e promosso dal Teatro di Napoli – Teatro Nazionale e Nuove sensibilità 2.0 2022 – Under 40 istituito e promosso dal Teatro Pubblico Campano, il Direttore Roberto Andò, tra i cinque testi premiati dalla giuria del Premio Nuove Sensibilità 2.0, ha scelto Omissis drammaturgia di Alessandro Paschitto.
I due progetti vincitori del Premio Leo de Berardinis e il testo scelto tra i cinque vincitori del Premio Nuove Sensibilità 2.0 verranno prodotti dal Teatro di Napoli e inseriti nella programmazione della prossima stagione del Ridotto del Mercadante.
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La città insensibile di Carmine Zamprotta: un’instantanea senza filtri su Napoli
La città insensibile (2019) è l’ultimo libro di Carmine Zamprotta, sociologo e giornalista napoletano, pubblicato da Graus Edizioni nella sezione Black Line. Lo scrittore attraverso parole lucide e senza fronzoli conduce il lettore tra i vicoli di una Napoli che continua ad essere problematica nonostante la patina turistica che, negli ultimi tempi, sembra avere la meglio sull’immagine che molti cercano di dare alla città.
La malavita descritta da Carmine Zamprotta la potremmo definire con una semplice definizione: Camorra S.p.a. perché non esiste un settore economico che non la riguardi e in cui non si sia insinuata.
Iniziando dalle più note attività illecite che riguardano lo spaccio di droga e la prostituzione, la Camorra è diventata un’impresa a tutto tondo che ha esteso le sue mire espansionistiche in settori legati allo showbiz, basti pensare al mondo della musica neomelodica sino ad arrivare ai culti religiosi, tacitamente permessi dal clero locale, che fungono da riscossione del pizzo sfruttando il folklore religioso e l’ignoranza di molti partenopei.
Finalmente ci si sta rendendo conto che ciò che accade tra le strade delle nostre città non ha nulla in comune con la religione, poiché si tratta di un culto fai da te, dove si gestiscono processioni non autorizzate dal clero, ma tollerate dalle amministrazioni locali. Variopinti cortei, accompagnati da minorenni che chiedono soldi ai passanti, portano, in spalla o su automezzi, carri con statue addobbate e stendardi da cui pendono banconote da cinquanta e cento euro.
Queste processioni sono sempre accompagnate da improvvisate bande musicali che nel loro repertorio spaziano dai canti mariani ai brani dei neomelodici, mentre si fermano di fronte a qualche negozio dove è possibile recuperare un obolo sostanzioso, un pizzo mascherato da offerta libera. Uno dei portatori di stendardi si stacca dal corteo, abbassandosi verso l’entrata dell’esercizio commerciale, saltellando lentamente al suono della musica.
Una delle nuove frontiere della criminalità organizzata riguarda anche il calcio: da alcune relazioni della Commissione parlamentare sono emerse spesso indiscrezioni che vedono i capi ultras congiunti ai clan malavitosi ma gli inquirenti non hanno dato mai la giusta attenzione a questo fenomeno. Il tifo organizzato ed i rapporti che si instaurano con i calciatori vengono sfruttati per fini illegali con un’eventuale alterazione di una competizione sportiva, che andrebbe a favorire guadagni illeciti attraverso il canale delle scommesse legali che attirano migliaia di scommettitori.
Il libero accesso di questi personaggi negli impianti sportivi o nelle sedi dei club, come le frequentazioni con calciatori famosi, rappresentano un motivo di orgoglio per il boss e la sua famiglia, che in questo modo cerca di rafforzare la sua immagine sul proprio territorio, sfruttando l’ingenuità dei troppi atleti che si lasciano coinvolgere facilmente da questo mondo dorato fatto di droga e donne facili reclutate dai clan.
Il mondo dello sport è diventato un terreno fertile utile per riciclare capitali di dubbia provenienza, ciò è facilitato dall’azione di prestanomi che sono in grado di creare una rete sottotraccia tra imprenditoria e gruppi vicini alla politica.
Ad aiutare indirettamente la Camorra ci sono le istituzioni perché la disoccupazione giovanile, negli ultimi tempi, ha raggiunto livelli di grande criticità. Dalla precarietà e dal bisogno economico nasce una manovalanza a buon mercato perché i clan pagano bene i loro affiliati e non chiedono curriculum vitae con esperienze pluriennali, alti studi o competenze specifiche.
Le opzioni che si presentano davanti a molti giovani, nella maggior parte dei casi minorenni, sono due: lavorare in nero ed essere sottopagati o diventare affiliati del clan della zona di appartenenza e avere rispetto, fama, soldi in tasca, tecnologia e vestiti firmati all’ultima moda.
Da tempo è cambiata l’immagine di Napoli, restaurata ad hoc per i turisti che affollano i vicoli e le piazze della città perché in fondo il fascino degli spaghetti, della pizza e della sfogliatella non tramonta mai.
Il lungomare di Napoli si è trasformato, come lo definisce Carmine Zamprotta nel suo libro, in un mega bar ristorante all’aperto che, in realtà, rappresenta un ossimoro perché molte delle attività commerciali che si espongono a mò di vetrina gastronomica sono legate alla malavita o attraverso il pizzo o attraverso il riciclaggio di denaro illecito che viene reinvestito in modo “pulito” attraverso l’apertura di attività commerciali.
Questi accennati sono solo alcuni dei punti nevralgici toccati da Carmine Zamprotta ne La città insensibile, per scoprire il resto non vi resta che leggere il libro!
8 comments on KamAak al debutto discografico per la label INRI Classic
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