Grounded di George Brant sarà in scena dal 29 marzo al 3 aprile al Teatro Mercadante.
Messo in scena per la prima volta nel 2013, questo sconvolgente monologo ha avuto un fortissimo impatto sulla scena britannica e americana, con oltre centocinquanta allestimenti, dal clamoroso debutto al Festival di Edimburgo nel 2013 alla produzione del Public Theatre di New York con protagonista Anne Hathaway.
La guerra contemporanea vista dalla prospettiva di una pilota dell’American Air Force, che dopo una maternità imprevista si ritrova costretta a restare a terra e guidare i droni, in un crescendo di sensi di colpa e alienazione. Orgogliosa Top Gun al comando di un F16, la protagonista della storia è fiera di una divisa e una carriera che si è conquistata duramente.
Sino al momento in cui un uomo entra nella sua vita e con la nascita di una figlia tutto cambia drasticamente. Rientrata in servizio, diventa pilota di droni: per difendere il suo Paese e “rendersi utile” deve rinunciare a volare in quel cielo azzurro che adorava. Sarà così che, in una base nascosta nel deserto americano, dentro una roulotte senza finestre, scopre un altro modo di volare e distruggere, di controllare e punire. È una nuova guerra, apparentemente
asettica, scientifica. Ma qualcosa in lei si modifica, il disagio la attanaglia, in un crescendo di angoscia e consapevolezza. Recensito entusiasticamente dai giornali inglesi e americani, Grounded porta sulla scena la crudezza di un tempo che non può lasciare testimoni.
Eppure, resta quel velo di umanità che potrebbe forse cambiare qualcosa. Davide Livermore si avvale della traduzione di Monica Capuani e di un impianto scenico che coinvolge straordinariamente ogni singolo spettatore: un’esperienza immersiva, che vola dal cielo ai meandri più dolorosi
dell’animo umano.
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L’importanza di un padre e del suo ruolo nei testi di Fabrizio Moro
Quanto la consapevolezza di un padre determina e poi legittima la consapevolezza del proprio figlio? Dalla comparazione dei testi musicali di un’artista, quale Fabrizio Moro, e prendendo spunti da essi ci chiediamo come e quando è necessario identificarsi nel e per il bene del proprio figlio.
Lungi dal voler produrre considerazioni psicoanalitiche circa lo stato emozionale di Fabrizio Moro, un padre come tanti, un padre come pochi.
Nel 2017 il cantautore dedica alla figlia il singolo Portami via mentre nel 2019 scrive Filo d’erba, dedicato al secondogenito. Da qui le labili differenziazioni che, forse, ogni padre dal proprio canto fa.
Fabrizio Moro: la paura di essere padre in Portami via
Fabrizio Moro, neopapà nel 2017, è un genitore impaurito dalla vita che chiede e prende la mano della figlia, adducendole la comprensione del “silenzio che determina il confine tra i dubbi e la realtà”, in breve l’incipit a non arrendersi.
La sua è una gioia intrisa di paura per un futuro misconosciuto che pesa all’uomo e all’essere umano. L’interscambio, il miracolo della vita e il peso della responsabilità sono capaci di guarire dalle ferite vissute.
Il Fabrizio Moro del 2019, partendo dal proprio senso di colpa per la separazione dalla sua compagna nonché madre, nel testo Filo d’erba vede il figlio stanco, silenzioso e debole. Sembra quasi che l’artista proietti l’introspezione di se stesso nella descrizione del figlio, come se volesse svuotare lo zaino e liberarsi di un peso che non è dipeso da lui e che potrà essere trasformato, forse un giorno, dallo stesso figlio.
Per dirlo con le parole del testo:
Spiegare ciò che oggi sta imparando…
È un padre che è consapevole che il proprio figlio è più grande della sua età anagrafica perché sta vivendo un momento difficile quello della separazione dei suoi genitori e ciò probabilmente gli sta insegnando che crescere non è semplice.
Come si fa a spiegare ad un figlio il significato di mancanza o a dargli una spiegazione che non sia dolorosa? Quanto e cosa un bambino impara dalla mancanza quotidiana di una figura genitoriale? E ancora padre e figlio come possono aderire al terreno della vita? Se l’evolversi implica un ruolo, chi deve determinarlo il bambino-adulto o il bambino-bambino?
Ci sono processi non solo di mistificazione dei ruoli ma veri e propri processi legati al senso di mistificazione delle responsabilità. Il bambino che arriva per salvare tutti e il padre che invece non è capace di salvare se stesso, nascondendosi dietro le fragilità del momento.
Il figlio che comprende il silenzio e il papà adulto che non sa ascoltare realmente il silenzio e il mutismo del figlio.
Altra questione è la diversità di genere dei figli che trasmette al cantante sentimenti diversi: in Portami Via la figlia rappresenta la speranza di un padre che protegge, lauda e a cui lui chiede, forse, di più per preservarla dalle brutture del mondo e cercare di renderla autonoma rispetto al figlio maschio che, invece, il più delle volte vive il suo tempo per come vuole e con meno responsabilità morali.
Quest’ultima osservazione è lungi dal voler essere un discorso sessista o sulla differenza di genere ma vuole sottolineare un’implicazione sentimentale che oggi è interferenza e non più un atto d’impegno verso una condizione di evoluzione di se stessi e della specie.
Il propendere dell’essere umano verso le proprie paure potrebbe giustificare il tutto ma, spesso, le paure individuali che un genitore riversa sui propri figli, se non spiegate, dosate e centellinate, rischiano di limitare e bloccare i molteplici strumenti conoscitivi che esistono ed appartengono all’essere umano. Camminare in questa direzione significa generare caos e turbamento in quelle creature che si desidera proteggere, educare e formare.
La vita non è semplice nel suo modo di manifestarsi e, forse, limitarsi nel dire che è sacra potrebbe bastare come presupposto per tentare una sovversione degli schemi, per quanto un dogma implichi la sua mistificazione.
Se si è non credenti basterà essere liberi nelle intenzioni e determinati sul carico di responsabilità che, però, non implicano stati emozionali legati allo sconforto.
Il coraggio di una vita può bastare a se stesso per rimediare al conformismo di una società che ci vuole, per soggiogarci. Critiche, giudizio, rabbia, disapprovazione e paura vanno attutite o dissolte per quel seme nato o che è in procinto di arrivare.
La mente duale nell’infanzia, può generare rancore o tradimento verso uno dei propri genitori. Spesso uno dei due genitori viene considerato il buono perché è colui che appaga ma, ad un certo punto o se i due genitori decidono di separarsi, il buono diventa traditore. In che modo? Alleandosi con l’altro genitore, allontanandosi dal nucleo familiare, volendo essere super protettivo non giustificando i suoi no, togliendo la possibilità di dialogare costruttivamente. Tutti questi fattori generano il tradimento (la mancanza).
Condannare comportamenti assenti, condonare comportamenti deficitari si può attraverso la ferma convizione di voler elevarsi, soprattutto, attraverso la cultura e la flessibilità mentale. La cultura diventa un elemento vitale perché ossigena la mente di un figlio nei primi anni di vita ed è in grado di fornire feedback utili per ricercare il lato positivo dell’esistenza.
Il sogno di un genitore non sarà mai il sogno di un figlio. Incoraggiare un figlio rappresenta l’iniziazione verso il processo di crescita condiviso.
L’uno che eleva l’altro in uno scambio emozionale quantico.
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Nella mia tempesta: il nuovo singolo di Valentina Rizzi
Quando una vocalità unica, incisiva e coinvolgente si unisce a quella iconica di uno dei più rappresentativi esponenti di un genere, emblema di un’intera generazione, il risultato è un brano in grado di magnetizzare mente ed anima sin dalle prime note, accompagnando l’ascoltatore in un viaggio guidato da pathos, ritmo ed emozione.
Ed è in questa cornice suggestiva, sospesa tra dinamismo, introspezione e nostalgia, che si inserisce “Nella mia tempesta” (Gotham Dischi), il nuovo singolo di Valentina Rizzi in feat. con uno dei pesi massimi del rap-game italiano, Mondo Marcio.
Reduce dall’incredibile successo della pop-ballad “Addio (Ti sto lasciando andare)”, che ne ha riconfermato capacità espressiva, autorale e tecnica, Valentina Rizzi, corista ufficiale delle tournée europee del rapper meneghino classe ’86, torna con una collaborazione che era già scritta in un destino condotto dall’autodeterminazione, dall’impegno e da quell’urgenza comunicativa connaturata nei grandi artisti, nonché nei desideri dei moltissimi fan del rapper, ammaliati dalla sensibilità e dall’abilità vocale della cantautrice milanese.
l brano, prodotto da Mattia “Mene” Menegazzi – con mix e master a cura di Andrea Mitidieri -, è un intimo ed intenso dialogo tra i protagonisti di una relazione impetuosa e turbolenta, sorretta dall’ardore di quella passione, travolgente e totalizzante, incapace di cedere spazio all’arcobaleno dei sentimenti, lasciando così, nel cuore della partner, desolazione, tristezza e sconforto.
Una donna ferita e innamorata, ma al tempo stesso consapevole di se stessa e delle sue ambizioni, magistralmente resa dalla struggente interpretazione di Valentina Rizzi, che intreccia il suo vissuto a quello di un uomo dallo spirito libero e dai trascorsi difficili e intricati, totalmente conscio di non poter donare quella stabilità, quel tipo di rapporto, solido e romantico, che gli occhi di lei gli chiedono senza bisogno di proferire parola, perché l’amore sa esprimersi attraverso uno sguardo, ben prima che la bocca porga richieste.
Esitazioni, tentennamenti, contrasti e riappacificazioni si susseguono nella narrazione di un legame sostenuto dal desiderio fisico fine a se stesso, dando vita ad uno spaccato autentico e sincero che evidenzia le prospettive di entrambe le parti.
In questo continuum di allontanamenti e riconciliazioni – «te che entri nella mia vita e poi dopo qualche mese so che è già finita» -, la penna fine e vibrante di Valentina Rizzi delinea i tratti di un rapporto sofferto e deleterio, che a causa della sua accezione discontinua e intermittente, provoca una sensazione di avvilimento nella quotidianità della partner femminile, portandola ad interrogarsi sul valore effettivo della storia stessa e su quella voragine affettiva che la trascina nei ricordi, impedendole di riprendere in mano la propria vita, di riappropriarsi della sua identità personale, scindendola, definitivamente, dall’ombra costante e oppressiva del passato.
Dall’altro lato, in un flusso di coscienza onesto e penetrante, l’icastica scrittura di Mondo Marcio cattura lo scenario emotivo di un uomo che non ha mai elargito promesse – «Sti ragazzi complessati, ma quando cazzo mai ti ho detto che mi piaci?» -, trasponendolo, con taglienti ed emblematiche barre – «Ti sei avvicinata alle mie fauci, io sono un virus che non cura neanche Fauci» -, su un beat capace di avvolgere il pezzo in un abbraccio a mezz’aria tra veemenza e dolcezza.
“Nella mia tempesta”, scritto dai due artisti a sei mani con Pietro Mirabello e accompagnato dalla straordinaria creatività rappresentativa della lips artist Martina Bacoccoli e della grafica Debora Fiorio che ne ha curato la cover, è un ciclone di rime e sentimenti che evidenzia l’eclettismo di Valentina Rizzi, un’artista raffinata e trasversale, in grado di raccontare tutte le sfumature delle emozioni.
Valentina Rizzi: biografia
Valentina Rizzi è una cantautrice italiana classe 1993, nata e cresciuta a Milano, con un breve intermezzo nelle isole spagnole. Tra grandi sacrifici e rinunce, riesce ad emergere con la sua voce ed il suo talento: per lei, la Musica è un’emozione che scaturisce dall’interno.
Con grande determinazione ed impegno, studia canto, recitazione, dizione e pianoforte, a cui accosta la formazione in danza moderna ed Hip Hop. Nel 2019, diventa corista ufficiale di Mondo Marcio, che la vuole al suo fianco durante il “Rap God Tour”, tournée europea che tocca le principali città del Vecchio Continente, fino ad approdare nelle più prestigiose location italiane, con moltissime tappe sold out. Ed è proprio con il rapper meneghino, tra i più rappresentativi esponenti della scena italiana, emblema di un’intera generazione, che nel 2022, dopo il successo della pop-ballad “Addio (Ti sto lasciando andare)”, Valentina Rizzi duetta sulle note di “Nella mia tempesta”, un ciclone di barre e sentimenti che si fa strada tra gli uragani del cuore.
Da quel momento, grazie soprattutto ad un costante impegno e ad una notevole maturazione stilistica ed interpretativa, ogni sua release viene accolta con approvazione e stima da pubblico e critica, che la consacrano ufficialmente come una delle cantautrici più brillanti del nuovo cantautorato femminile nazionale.
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Il Castello D’Aquino caffè letterario di Grottaminarda: ieri e oggi
Eccoci con la prima puntata di cocktail e cultura al Castello D’Aquino, il caffè letterario di Grottaminarda. Insieme a Michelangelo Bruno, in questa prima puntata della rubrica, abbiamo deciso di parlarvi della storica e suggestiva location in cui si trova il caffè letterario e spiegarvi com’è nato questo luogo di ritrovo, cosa è diventato e cosa rappresenta per gli avventori di sempre e per quelli nuovi.
Castello D’Aquino caffè letterario: come nasce
Il Castello D’Aquino caffè letterario di Grottaminarda nasce tre anni fa, attraverso un bando indetto dal Comune di Grottaminarda in cui veniva affidato in gestione come caffè letterario la parte inferiore del Castello D’Aquino.
I Minichiello, esperti del settore bar industry da anni, decidono di affrontare questa sfida prendendo in gestione il caffè letterario. La sfida si è rivelata un grande successo perché il Castello D’Aquino caffè letterario di Grottaminarda è diventato un luogo di ritrovo per tutti, riuscendo a sdoganare il luogo sia da un punto di vista culturale che di miscelazione.
Per quanto riguarda gli eventi culturali, in questo periodo al Castello D’Aquino caffè letterario, c’è in esposizione la personale artistica di un’artista di Grottaminarda che lavora la colla a caldo e si stanno svolgendo dei reading sulla Divina Commedia che prendono vita all’interno del progetto Dante per tutti.
La struttura in cui si trova il caffè letterario di Grottaminarda vanta quasi mille anni di storia, la location si presenta da sola per la sua straordinaria bellezza composta da varie sale spaziose all’interno in cui vi sono affreschi storici e da giardini che offrono la possibilità di osservare la valle in cui nasce la cittadina di Grottaminarda.
Il caffè letterario di Grottaminarda è una sorta di laboratorio culturale che cerca di offrire uno scorcio sul passato ma lo rivisita in chiave moderna, proponendo eventi culturali di un certo spessore e livello artistico.
Per scoprire qualche dettaglio in più non vi resta che guardare il video in home!
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