Il 30 marzo a Firenze, nella Cattedrale dell’Immagine di Piazza Santo Stefano al Ponte, verrà presentato in anteprima il volume Gioielli a Firenze, Archivio Fratelli Peruzzi (1880-1970), edito dalla casa editrice Sillabe di Livorno.
Scritto dalla storica del gioiello Bianca Cappello, è un testo critico approfondito – al tempo stesso scorrevole e di facile lettura – che permette sia al grande pubblico che agli addetti ai lavori, l’accattivante lettura di un tassello in più nella ricostruzione dell’affascinante storia dell’oreficeria fiorentina nel contesto italiano e internazionale di epoca moderna e contemporanea.
Quasi un secolo di produzione orafa, raccontato dall’autrice in 237 pagine attraverso l’importante archivio di disegni, foto e campioni di gioielli della gioielleria e argenteria Fratelli Peruzzi.
Fondata a Firenze nel 1880 in ogni fase della sua lunga attività tra l’Italia e l’America, si è perfettamente inserita nel contesto storico, politico e di costume e tuttora la Gioielleria Peruzzi è aperta con il suo laboratorio e il suo esercizio commerciale sul Ponte Vecchio a Firenze.
Il volume in italiano e inglese con oltre 300 immagini a colori (prefazione di Luigi Salvadori, introduzione di Dora Liscia Bemporad), è stato editato grazie all’Associazione Osservatorio dei Mestieri d’Arte e alla Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze e Intesa Sanpaolo, attraverso i quali è stato possibile accedere ai fondi del Bando Rinascimento.
Commenta Laura Giannoni Peruzzi:
Ci sono storie che non si possono conservare in soffitta, per questo ho voluto che tutto il materiale documentario dell’attività della Fratelli Peruzzi venisse studiato e valorizzato. Così, uscendo dal suo scrigno, potrà essere conservato per sempre nella memoria di tutti.
Dichiara la storica del gioiello Bianca Cappello:
È stato un onore poter studiare questo notevole archivio di disegni, foto e modelli di gioielli e argenterie fiorentine, valorizzarlo non ha significato solo riportare alla luce la storia della famiglia Peruzzi attraverso un’attenta ricerca documentaria, ma anche poter raccontare qualcosa in più sulla storia del gioiello ‘all’italiana’ (così veniva chiamato nel XIX secolo), caratterizzato da elementi distintivi originali e autonomi rispetto alla gioielleria “alla moda di Parigi o di Londra.
Insieme all’autrice Bianca Cappello, storica del gioiello, con la moderazione della giornalista Lucia Lunghini Viani, nell’immersivo contesto della Cattedrale dell’Immagine, dialogheranno le autorevoli voci di Luigi Salvadori, Presidente di Fondazione CR Firenze e Vicepresidente dell’Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio, la professoressa Dora Liscia Bemporad, già docente dell’Università degli Studi di Firenze, dal 1981 direttore del Museo Ebraico di Firenze di cui è stata la fondatrice e Laura Giannoni Peruzzi A.D. della Fratelli Peruzzi e anima del progetto di studio sull’imponente materiale della storica azienda fiorentina.
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Cocktail e Cultura al Castello D’Aquino: 5 drink per 5 film internazionali
In collaborazione con il Castello D’Aquino caffè letterario di Grottaminarda, dopo 5 drink per 5 film italiani, abbiamo deciso di associare altrettanti drink a cinque film internazionali.
La scelta questa volta ci ha condotti verso trame di film che, in qualche modo, sono attinenti al periodo che stiamo trascorrendo: lontani dal nostro concetto di vita normale, libera e lontani dalla cultura condivisa.
I lungometraggi che abbiamo scelto, per gli amanti del cinema, rappresentano sicuramente dei classici che non possono non essere conosciuti perché mostrano diversi modi raccontare, di girare e diverse suggestioni in cui è possibile osservare e conoscere il mondo, anche quello surreale.
Che sapore avrebbe un film internazionale se fosse un drink?
Ecco cosa abbiamo scelto insieme a Michelangelo Bruno, bartender del Castello D’Aquino.
Buona scoperta!
5 drink per 5 film internazionali
1. Per L’angelo sterminatore di Luis Buñuel un Daiquiri Heminghway
Cocktail e Cultura al Castello: cinque drink per cinque film internazionali
L’angelo sterminatore di Luis Buñuel (1962) è tratto da un soggetto teatrale di José Bergamin, intitolato Los naufragos. Il film scava nella psicologia umana, soprattutto in quella borghese. Il regista infatti attraverso questo lungometraggio vuole rendere non morale ciò che appare come morale.
Dopo una prima teatrale, una comitiva dell’alta borghesia viene invitata a casa di amici. All’improvviso tutti si accorgono che la servitù improvvisamente si è eclissata. Nessuno riesce ad uscire dall’abitazione, come se qualche forza oscura li stesse trattenendo tra quelle mura. Ciascuno dei presenti si ritrova a piangere sul proprio destino finché la situazione degenera in un sacrificio carnale.
Da un punto di vista psicologico L’angelo sterminatore mette a nudo la pochezza umana, esasperata dall’angoscia e dall’ansia di non poter e di non riuscire a fare ciò che si vuole.
Il film sotto questo aspetto rispecchia in pieno quello che stiamo vivendo, soprattutto dal punto di vista umano non legato al lavoro, a causa della pandemia.
Al film di Luis Buñuel abbiamo abbinato un Daiquiri Heminghway perché è una bevuta complessa che, in apparenza, sembra essere innocua e dai tratti organolettici caraibici ma in realtà è un drink strong non adatto a tutti.
Allo stesso modo L’angelo sterminatore sembra un film fruibile a tutti ma, in realtà, c’è bisogno di una determinata propensione e sensibilità, per poterne godere pienamente così come lo è il drink che abbiamo abbinato.
2. Per L’impero della mente di David Lynch un Canchanchara
Che drink sarebbe L’impero della mente se fosse un cocktail?
L’impero della mente (2006) di David Lynch è un film diverso da quelli cui siamo abituati normalmente perché non ha una trama lineare e comprensibile. Il lungometraggio non segue schemi perché il suo fine non è quello di comunicare o dire nulla ma solo trasmettere sensazioni.
Il film può essere visto come un viaggio intimo che si svolge in mondi paralleli, per chi li ha. Ne L’impero della mente realtà e finzione si mescolano e si fondono, divenendo un’unica cosa.
L’impero della mente, dopo la sua visione, lascia un senso di disorientamento e confusione, ciò che vuole David Lynch, perché ciò che si svolge sullo schermo della TV dei protagonisti diventa parte integrante della vita degli spettatori.
Abbiamo abbinato a questo film un Canchanchara perché è un drink che risale alla metà del ‘700 e rappresenta il primo punto di riferimento della categoria Sour.
Come L’impero della mente è un film che esprime al massimo la potenza onirica di questo genere, allo stesso modo questo drink rappresenta la pietra miliare, per quanto riguarda la storia della miscelazione.
Ciò che lega il film e il cocktail è l’essenzialità senza fronzoli anche se sono di difficile approccio entrambi: per il film c’è bisogno di una determinata predisposizione mentale mentre per il drink la difficoltà risiede nel gusto dell’Aguardiente, un distillato molto diverso dalla sua categoria di appartenenza.
3. Per Fahrenheit 451 di François Truffaut un Campari Shakerato
Un Campari Shakerato per il film di Truffaut
Fahrenheit 451 (1966) di François Truffaut è un film anticipatore dei nostri giorni. Ci ritroviamo in un mondo in cui leggere libri rappresenta un reato ma anche il solo fatto di leggere rappresenta un’azione vietata dallo Stato.
Le persone sono tutte ammaliate dalle immagini che non portano a nessun tipo di ragionamento ma al semplice subire, inglobando acriticamente ciò che viene mostrato. Lo scopo della demonizzazione dei libri è un chiaro tentativo dei poteri forti di indurre i cittadini a non pensare, a non sviluppare alcun pensiero critico, diventando delle amebe. Un po’ come quello che sta accadendo, da un paio di anni, con il mondo costruito dei social, in cui vengono mostrate immagini divertenti, per certi versi ironiche ma prive di morale o d’insegnamento.
L’editoria sta perdendo sempre più lettori perché sono in molti ad affidarsi alle immagini, preferendole, non contemplando più la lettura, grande nutrimento per la mente, considerata troppo impegnativa.
Abbiamo abbinato a Fahrenheit 451 un Campari Shakerato perché è annoverato tra i grandi classici della miscelazione: la bevuta amara per eccellenza.
L’amarezza del drink è intensa come la forza della trama del film. Come questo lungometraggio è importante per la filmografia internazionale, allo stesso modo risulta essere iconico questo cocktail, sottolineando l’importanza del Bitter Campari all’interno della storia della mixology.
4. Per Tempi moderni di Charlie Chaplin un Dirty Martini
Se il film di Charlie Chaplin fosse un drink sarebbe un Dirty Martini
Tempi moderni (1936) di Charlie Chaplin è il secondo lungometraggio del regista ma è il primo che affronta tematiche importanti ed esasperanti per l’epoca in cui è stato girato e per la nostra che stiamo vivendo.
Ciò su cui pone l’accento Charlie Chaplin sono i risvolti e le conseguenze della rivoluzione industriale scandita da ritmi sempre uguali, dal continuo produrre sempre lo stesso pezzo in modo automatico e senza avere il tempo necessario per riposare e distaccarsi dal lavoro.
Tempi moderni è la trasposizione cruda di ciò che stiamo vivendo: esseri umani che hanno diritti civili legati al lavoro ma che sono stati privati completamente della libertà sociale, privata e interpersonale. Le domande che potrebbero scaturire dopo la visione del film potrebbero essere svariate. una di queste potrebbe essere: “A cosa ci porta la globalizzazione? Che senso ha il solo diritto al lavoro se non possiamo essere altro se non la maschera sociale e lavorativa che stiamo indossando da più di un anno?
Abbiamo abbinato a Tempi moderni un Dirty Martini (Martini sporco) perché il classico Martini viene sporcato dalla salamoia delle olive. In questo modo si ottiene a livello organolettico un sapore sapido, salmastro ma molto gradevole. L’aggiunta della salamoia, per assurdo, rende la bevuta fruibile ad un maggior numero di persone, senza togliere la forza intrinseca del drink.
La scelta del Dirty Martino è stata fatta per evidenziare quanto Charlie Chaplin sia riuscito ad alleggerire una disastrosa condizione socio-politica, rendendola meno asfissiante con la sua comicità e la sua grande bravura interpretativa.
5. Per Il posto delle fragole di Ingmar Bergman un Last Word
Per Il posto delle fragole di Ingmar Bergman un Last Word
Il posto delle fragole (1957) di Ingmar Bergman è un road movie esistenziale in cui i sogni-incubi rappresentano una sorta di agnizione per ciò che il gap esistenziale del protagonista. Ciò che permea il film è il cambiamento dettato dalle stagioni della vita e quindi dallo scorrere del tempo che ci appartiene anche a livello biologico in cui un uomo riesce a intaccare la maschera della sua indifferenza poco prima di morire.
Il sogno premonitore dell’orologio fermo e della bara che esce dal carro funebre rappresentano due scene cult del film.
Il posto delle fragole riesce a descrivere il dramma dell’insofferenza emotiva di vivere, scontrandosi ad una certa età con ciò che siamo stati e con le scelte fatte, che non sono altro che una summa di ciò che, storto morto, abbiamo deciso di essere.
Abbiamo abbinato a questo film internazionale un Last Word perché d’impatto lascia senza parole per la sua struttura composta da: gin, Maraschino e Chartreuse verde e lime. È un Sour molto personale e particolare che è l’equivalente del modo di girare di Ingmar Bergman. Questo cocktail non si sceglie per tedio o indecisione così come non si decide con leggerezza di optare per la cinematografia del regista svedese.
Ecco la nostra scelta di 5 drink per cinque film internazionali.
Alla prossima!
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Il Primo Giorno è il nuovo Ep di Andrea Biagioni
Il “Primo Giorno” è una raccolta di soli tre brani “nudi” registrati in diretta chitarra e voce per cercare di non perdere quell’immediatezza e onestà che va oltre anche agli errori e alla maniacale perfezione della musica dei giorni nostri.
In questi due anni e mezzo di pausa Andrea Biagioni ha continuato la ricerca artistica che aveva cominciato con il precedente disco andando ancora più a fondo nella propria persona e nell’esigenza espressiva spogliandosi di sovrastrutture musicali e non.
Sono musicalmente nato chitarra e voce e così ricomincio oggi…
Il primo giorno di un nuovo viaggio…Non so se definire Due Minuti una “canzone” o un semplice Pensiero/Riflessione musicata…
Due Minuti è nata così, come nascono le canzoni semplici su una nota del cellulare, senza cambiare niente dalla prima stesura ad oggi, senza un foglio di carta per scrivere e cancellare gli errori.
Cantata la prima volta quando l’ha composta e la seconda quando l’ha registrata in studio, Andrea Biagioni racconta di averla scritta in un momento molto complicato della propria vita, dove lo spavento e l’incertezza sono state un sentimento prevalente dentro l’artista per mesi.
Mia madre aveva dei problemi di salute, la vedevo spaventata e cercavo di rassicurarla trovando non so dove la forza per farlo… La vedevo coprirsi perché stava cambiando giorno giorno e lei non si riconosceva più. Stavano cambiando tante cose ma l’unica che è sempre rimasta in piedi forte come uno scudo medioevale è l’amore… Ho cercato di descrivere tutto con questo brano”. Ma mi ricordo come fosse adesso che l’unica cosa che spegneva il male che provavo nel petto era ascoltare quella nota registrata sul telefono…
L’ALTRA PARTE DI ME
L’altra parte di me è una canzone nata due anni fa nel periodo del primo lock down dove smisi di suonare per due mesi perché furioso di aver perso il primo disco (in pieno tour e promozione in quel periodo) perché stroncato dal disastro globale.
Dopo questa pausa ricominciai poco a poco a suonare e scrivere alternando con la potatura degli ulivi e il lavoro d’agricoltore (in piccolo). Ripensandoci oggi, è stata una grande fortuna poter permettermi una pausa così profonda per fare un vero e proprio “reset” e ripartire con una consapevolezza diversa, scrivendo testi ancora più’ a fuoco.
“L’altra parte di me” è una ballata semplice, con un arpeggio incalzante che descrive a posteriori, con dolcezza, lo stupore nel sentirsi denudati in un istante di fronte ad una persona sconosciuta che nello stesso momento ti sembra di averla sempre avuta accanto.
PRIMO GIORNO
“Primo Giorno” il brano che da il nome all’ Ep, é un viaggio nei pensieri dell’adolescenza quando la mia vita da studente si alternava tra scuola e amore. La scuola, non mi vergogno a dirlo, è sempre stata poco interessante per me e facevo molta fatica. Era una vera e propria battaglia giorno per giorno tra la pressione della famiglia, che giustamente teneva che andassi bene in tutte le materie, ed io che passavo 6 ore al giorno a suonare e le mattinate a guardare i giornali di chitarre a lezione… Un disastro.
Mi ricordo però la novità di quel periodo, era tutto da scoprire e forte. Erano gli anni in cui ti perdevi con il gruppo di amici sbagliati e avevi amicizie che credevi facessero il tuo bene. L’amore di cui avevi sempre sentito parlare diventava realtà sulla tua pelle.
Cominciava la vita vera.
Andrea Biagioni: chi è?
Semifinalista di X Factor Italia 2016, dove presenta l’inedito “Il Mare Dentro” nel team di Manuel Agnelli che lo vorrà poi come opening in diverse date del tour degli Afterhours di quell’anno.
Successivamente è concorrente al Festival di Sanremo 2018 nella categoria Giovani dove presenterà il brano “Alba Piena”, seguito poi, a ottobre 2019, dalla pubblicazione discografica del primo album “Pranzo Di Famiglia“, supportato con un lungo tour chitarra e voce nei piccoli posti intimi in giro per l’Italia fino all’estate del 2021.
Dall’autunno 2021 riprende a scrivere nuova musica che lo porta all’uscita dell’Ep “Il Primo Giorno” (Amor Fati Dischi / Ingrooves) il 18 novembre 2022.
L’Ep è composto da 3 tracce chitarra e voce che riportano Andrea Biagioni alla propria essenza musicale.
Un Ep dove si spoglia di tutto e racconta in musica i suoi pensieri più profondi che hanno caratterizzato alcuni momenti recenti della propria vita.
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Florentia Village festeggia il suo 10ecimo compleanno
Dieci anni fa è partito da Tianjin/Bejing il progetto italiano dei Florentia Village, una catena di Designer Outlet Malls di lusso che oggi conta 7 mall in 7 città della Cina.
Una serie di eventi per festeggiare il primo Luxury Outlet aperto nel 2011 e importanti investimenti per crescere sul mercato cinese.
Il Luxury Mall Florentia Village situato fra Beijing e Tianjin, un bacino con oltre 30 milioni di abitanti, in posizione strategica a soli 20 minuti da Beijing e 15 da Tianjin, ha festeggiato la scorsa settimana il decimo compleanno con una serie di eventi che hanno animato i negozi, le strade, i portici e le piazze della cittadella del lusso cinese all’insegna del Made in Italy.Florentia Village è la principale catena italiana di Designer Outlet Malls di lusso in territorio asiatico di proprietà del Gruppo Silk Road, holding partecipata da Fingen, dal management (Jacopo Mazzei, Maurizio Lupi e Jacopo De Vena) e da altri investitori internazionali. Il progetto imprenditoriale è nato dieci anni fa dall’expertise di RDM – ramo immobiliare del Gruppo Fingen – e del suo top management, che gestisce oggi in Cina 7 mall, con un patrimonio di 2,5 miliardi di dollari.
In 10 anni, il progetto è cresciuto fino a sviluppare un network che oggi conta 7 luxury mall in 7 città (Tianjin/Bejing, Shanghai, Guangzhou, Wuhan, Chengdu, Hong Kong e l’ultimo inaugurato a febbraio 2021 a Chongqing), un fatturato di circa 2 miliardi di dollari, occupando complessivamente oltre 300.000 metri quadrati dedicati al retail, con più di 1.100 negozi che attirano e movimentano 21 milioni di visitatori l’anno.
Commenta Jacopo Mazzei, Presidente di RDM Asia:
Abbiamo scelto di celebrare questo importante traguardo dove tutto è iniziato ovvero nel primo Luxury Outlet che abbiamo aperto, con una serie di eventi con musiche e atmosfera Made in Italy. Quando siamo partiti, il 12 giugno 2011, i negozi erano 80 e a fine 2021 ne avremo più di 1.200.
Ogni Florentia Village è stato studiato nell’ottica di un nuovo approccio allo shopping i negozi sono inseriti in una cornice architettonica che richiama le bellezze e lo stile di vita italiano, che fa vivere al cliente un’esperienza unica e lo avvicina ai valori dei diversi marchi.
All’interno dei Florentia Village proponiamo una shopping experience che si basa sulla storia e sulle emozioni che scaturiscono da una narrativa coinvolgente. Ed è stata propria l’unicità del format che ha convinto i più grandi marchi del lusso internazionali ad aprire i loro negozi nei Florentia Village mall.
Florentia Village
La particolarità di tutti i Florentia Village è il concept, caratterizzato dal design e dall’architettura di forte impronta italiana, con la riproduzione di piazze, fontane, vie e portici suggestivi, per far vivere il Belpaese e fare dei Mall una destinazione unica per il consumatore cinese per acquistare i grandi marchi in un ambiente in cui trascorrere una giornata diversa, all’insegna degli acquisti ma anche del relax e del divertimento.
Sottolinea Jacopo Fratini, Amministratore Delegato di Fingen:
In questi primi dieci anni di attività, il progetto Florentia Village ha attirato l’attenzione di numerosi e prestigiosi investitori stranieri e sono stati investiti per lo sviluppo oltre 750 milioni di dollari.
Il primo mall, quello di Tianjin, è stato sviluppato prevalentemente con i capitali di Fingen (70%) e di un investitore sino-americano, Waitex (30%).Sulla base del successo di questa prima operazione, siamo riusciti a coinvolgere via via sempre più investitori istituzionali e a creare le condizioni per sviluppare una rete sempre più ampia di mall, in modo da coprire le più importanti città Tier 1 e Tier 2. Oggi come RDM Asia siamo il maggiore investitore italiano nel real estate in Cina e uno dei primi in assoluto. Il successo del progetto dimostra che la nostra visione era corretta ma anche che l’esperienza e la credibilità del nostro gruppo e della nostra famiglia, è riuscita a dar vita a una forte partnership con importanti fondi internazionali, che ci hanno affidato la leadership nella gestione dell’investimento.
Nei mall Florentia Village è stato anche creato un concept per l’intrattenimento denominato Jungle, un format che copre diverse fasce di età (dai bimbi agli adulti), con attrazioni di ogni genere, dalla classica playground fino alle emozioni di giochi in virtual reality. Non solo: all’interno dei mall è stato sviluppato sia il concetto di ristorazione italiana con il marchio BellaVita che quello di caffè-gelateria, sempre nello stile del Belpaese, a marchio Buonissimo.
Ad oggi sono attivi 3 ristoranti e 3 bar che diventeranno in totale 9 entro fine anno. I progetti dedicati al Food & Beverage a marchio italiano sono investimenti realizzati da Fingen con alcuni manager di RDM.
Per implementare i touchpoint del brand Florentia Village, sono stati sviluppati inoltre una piattaforma di e-commerce per offrire un’esperienza omni-channel e un programma di fidelizzazione che ad oggi conta oltre 2,2 milioni di loyal members, che ad oggi rappresentano una quota fra il 40 e il 50% del fatturato e crescono a tassi costanti di circa 8.000 nuovi membri a settimana. A loro vengono riservate molte iniziative: dalle VIP lounge a vendite speciali dedicate, promozioni, accesso a servizi e offerte particolari.