cinema

Donald Trump preferisce Via col vento rispetto a Parasite ma la platea non gradisce

Dopo la lettere scritta da Neil Young a Donald Trump, in cui il cantautore americano palesa il suo disprezzo, mai nascosto, nei confronti dell’uomo. Il presidente USA, durante un comizio elettorale, si sofferma su considerazioni infelici sul Premio Oscar Parasite e su Brad Pitt.

Donald Trump sul film pluripremiato agli Oscar si esprime, rivendicando film come Via col vento e definendo Brad Pitt un saputello, di cui non è stato mai un grande ammiratore.

Il presidente USA evidentemente non ha gradito le considerazioni fatte dall’attore, durante la premiazione degli Oscar, in cui prima dei ringraziamenti ufficiali Brad Pitt aveva mostrato il suo disappunto, criticando l’assoluzione del Presidente durante il processo al Senato.

Donald Trump

Donald Trump

Per quanto riguarda Parasite Donald Trump ha commentato così la vittoria del lungometraggio:

Quanto ha fatto male l’Academy Awards quest’anno? È stato giusto? Non lo so. Ridateci i classici dell’epoca d’oro di Hollywood. Possiamo tornare a Via col vento? E invece? Il miglior film viene dalla Corea del Sud. Pensavo fosse il miglior film straniero, e invece no, miglior film! Abbiamo avuto abbastanza problemi con la Corea del Sud per il commercio, e loro l’hanno premiata con il miglio film dell’anno.

Fabrizio De André e PFM: gli amici fragili ritrovati in un concerto filmato

Esiste una linea sottilissima tra autori, cantautori e musica rock.

Probabilmente tutto è cominciato con la breve ma efficace diffusione della musica cosiddetta progressiva, che in Italia ebbe il suo boom nel 1971, una sorta di musica colta e classica mischiata con la cultura del rock; una miscellanea di idee moderne che si fondono negli studi classici.

Poi esiste la scrittura, anche, e tale disciplina rende benissimo sé stessa se sommata ad una storia da narrare, ancor meglio se quest’ultima si rifà ad una qualsiasi vicenda che è di “uso comune”, una narrazione in cui ci si rispecchia e ci si confronta, da cui attrae l’idea che un giorno essa possa ritornare in mente e farci crescere in esperienza.

È doveroso ricordare Lucio Battisti, che proprio nel periodo poc’anzi espresso, rielaborò subito il concetto di musicista ed interprete, e fuse la musica ragionata e costruita con la canzonetta pop, insieme ad una costante matrice sessuale ma non certo sessista, in cui si ribaltano le regole autoelette degli ascoltatori di facili entropie e disattenti ai cambi di rotta.

Il dimenticatissimo Ivan Graziani inizia la sua avventura definitiva intorno alla seconda metà degli anni Settanta: questo musicista può definirsi come caposaldo della musica italiana d’autore, concentrata in un contesto rock, in cui la visione unilaterale della conseguente ascesa di una corrente diffusa (allora) da oltre venticinque anni abbraccia la scrittura intesa come storia da narrare e non in quanto sdolcinata coesione di parole facilmente abbordabili, abbracciate ad una scarsa voglia di sapere. Con una certa probabilità sarà un giovane di Zocca, Vasco Rossi, alla fine di quel decennio, a decretare la definitiva unione dell’importanza della scrittura, presentandosi come un cantautore che non esclude la funzionalità e l’immediatezza del rock come materia d’intesa semplice colorata da una giusta dose divulgazione del verbo.

La storia che sto per raccontarvi inizia infatti proprio nel 1979, e precisamente il 3 gennaio, quando tutto ciò di cui abbiamo parlato finora ha un principio storico, cominciato in verità già dall’anno precedente, dove s’incontrano la musica d’autore con la matrice rock, addirittura progressiva.

Fabrizio De André incontra la Premiata Forneria Marconi sia in un tour che abbraccia il biennio ’78-’79, che nei dischi che ne scaturirono, ossia “Fabrizio De André in concerto / Arrangiamenti PFM” e “Fabrizio De André in concerto / Arrangiamenti PFM vol. 2”, e fu la prima volta che un cantautore affrontò un percorso formativo con una band rock. Altra curiosità: questi due dischi sono in realtà la prima testimonianza di un Fabrizio De Andrè ripreso dal vivo e riportato in un formato album per la prima volta.

De André e PFM il concerto ritrovato: il trailer

De André e PFM il concerto ritrovato

Una curiosità arriva inoltre in questi giorni, e riguarda questa storia, perché finora soltanto immaginata. La vicenda unisce la quasi leggenda di più di quarant’anni fa con l’odierna ed incredibile riuscita di un film che ripercorre quel periodo con delle immagini inedite del concerto del 3 gennaio nel Padiglione C della Fiera di Genova, per un’esperienza che unisce i palati fini con i ribelli di ieri e di oggi.

Il risultato è Fabrizio De Andrè e PFM – Il concerto ritrovato, docufilm diretto da Walter Veltroni, che unito ai racconti della band di Franz Di Cioccio, insieme a  Dori Ghezzi, arricchisce passo per passo la frenesia che lega le due realtà considerate allora troppo contrapposte.

Si narra che nel 1978 Fabrizio De Andrè si fece accompagnare a Nuoro da un pastore per veder dal vivo la Pfm, band italiana progressiva appena rientrata da un tour americano pieno di conquiste.

La band conosceva ovviamente Faber e gli propose un’idea originale e a dir poco funambolesca per l’epoca: addizionare la scrittura poetica con la musica rock per un esperimento senza precedenti.

Fabrizio De Andrè, che dal 1975 ha finalmente accettato di esibirsi dal vivo, dopo innumerevoli esortazioni del pubblico e dei manager, continua a provare una certa timidezza nei concerti. Dori Ghezzi avrebbe sostenuto che avendo le idee troppo chiare, era costretto a “stordirsi” per riordinare la mente.

La certezza che la forte musica di una rock band avrebbe potuto coprire l’importanza delle parole lo convince: sarà proprio questa ostinazione in contrasto con tutto che gli farà prendere una decisione.

Nessuno ci credeva e tutti, manager  e funzionari compresi, si convinsero che sarebbe stato un disastro totale, mentre il timido cantautore genovese accettò la temeraria sfida e iniziò l’avventura: i concerti iniziavano sempre con un’introduzione strumentale della Pfm (spesso un paio di brani) ed una schiera del pubblico applaudiva; poi Fabrizio De André iniziava con uno dei suoi più grandi successi (es. Bocca di Rosa) ed un’altra fazione si risvegliava dal frastuono dei feedback di chitarra elettrica, ed apprezzava con urla festanti.

Fu l’unione definitiva di due culture che si unirono e misero la parola fine ad un’epoca di confronti.

La cassetta è stata conservata per quarant’anni da Piero Frattari, documentarista, fatalmente ossessionato per tutto ciò che può e potrà essere importante, il quale si trovava quella sera del 3 gennaio a Genova e riprese tutto.  Grazie all’esortazione di Franz Di Cioccio, Franco Mussida e soci, che credevano che non esistesse nulla di visivo che avrebbe potuto testimoniare la magia di quei giorni, ora quel documento visivo è rinato a nuova vita.

Fabrizio De André e PFM – Il concerto ritrovato arriva nelle sale cinematografiche Nexo Digital, per sole tre date in febbraio: il 17, il 18 (giorno dell’ottantesimo compleanno di “Faber”) e il 19.

Docu-fiction di Walter Veltroni: il trailer

Fabrizio De André

Oggi, più di allora, quando si temeva la ribalta della disco music da un lato e del punk dall’altro, un documento simile ha la forza di sommare l’intensità dei suoni costruiti e ragionati insieme all’importanza della poesia, che Orazio riteneva la più somma testimonianza dell’esistenza di un autore, attraverso cui potrà sempre autoproclamarsi come immortale.

Carmine Maffei

Oscar 2020: tutti i vincitori per ciascuna categoria

Si sono conclusi gli Oscar 2020 che hanno visto come protagonista indiscusso Parasite, il primo film in lingua non inglese che si è aggiudicato l’Oscar come Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Film Internazionale e Migliore Sceneggiatura.

A dispetto delle candidature e dei pronostici che riguardavano The Irishman (10 nomination) di Martin Scorsese purtroppo non vince in nessuna delle categorie per cui era in gara.

Oscar 2020: i vincitori

Ecco i vincitori degli Oscar 2020

Per quanto riguarda Joker, altro film su cui si nutrivano grandi aspettative, di Todd Philips vince solo un Oscar che si aggiudica Joaquin Phoenix come migliore attore protagonista.

Procediamo con ordine e scopriamo tutti i vincitori degli Oscar 2020!

Oscar 2020: Miglior Film

Parasite è un film di Bong Joon-ho, che mostra un’istantanea del nostro tempo, mostrando due famiglie, appartenenti a ceti sociali diversi, che mostrano il grande divario economico e sociale del nostro tempo e non solo di quello coreano.

Ki-woo (Choi Woo-Sik) è un ragazzo che vive in un appartamento molto piccolo, sotto il livello della strada. Lui, insieme al resto della famiglia, vive di piccoli lavoretti che gli permettono a stento di mangiare e sbarcare il lunario.

Arriva ad un certo punto la svolta: un amico di Ki-woo che offre al ragazzo la possibilità di sostituirlo come insegnante d’inglese in una ricca famiglia. Da qui inizia il piano del nuovo insegnante d’inglese che cerca di collocare all’interno della ricca famiglia il resto della sua disagiata famiglia.

Ki-woo farà in modo che Ki-jung (Park So-dam), la sorella, diventi la nuova insegnante d’arte, Song Kang-ho (Ki-Taek), il padre, diventa il nuovo autista di Mr.Parl (Lee Sun-kyun) e la madre viene introdotta all’interno della casa come nuova governante.

Ma nonostante i piani qualcosa andrà storto.

Bong Joon-ho sottolinea attraverso Parasite il perché migliorare economicamente la propria condizione sociale concede una qualità della vita migliore ma non eleva lo spirito e il benessere mentale. Questi aspetti devono essere bilanciati, per poter raggiungere quella tranquillità tanto agognata da tutti.

Parasite ha vinto anche i BAFTA 2020 come Migliore Sceneggiatura.

Oscar 2020: Miglior Attore Protagonista

Ad aggiudicarsi l’Oscar 2020 come Miglior Attore Protagonista è Joaquin Phoenix, che interpreta Arthur Fleck in Joker di Todd Phillips.

La pellicola mostra in che modo la società attraverso le illusioni, le delusioni e l’emarginazione sia in grado di generare esseri umani capaci di un degrado morale e una spietatezza fuori dal comune.

Joaquin Phoenix ci mostra come Arthur Fleck suo malgrado si trasformi in Joker, diventando fisicamente e moralmente altro da ciò che è.

È così difficile essere sempre felici (It’s so hard to be Happy all the time), una frase che ricorre spesso nel film e che in qualche modo lega e interconnette Arthur FlecK a Joker.

Oscar 2020: Migliore Attrice Protagonista

L’Oscar 2020 di Miglior Attrice Protagonista è stato consegnato a Renéè Zellweger, che ha interpretato Judy Garland, nel biopic di Rupert Goold.

Judy Garlan (1922-1969) è stata una cantante, ballerina e attrice nonché madre di Liza Minnelli. La donna, nonostante il talento artistico, non è riuscita a conquistarsi la sua fetta di felicità. Non sono stati sufficienti i cinque matrimoni che sono giunti tutti al capolinea, non è servito appoggiarsi ai farmaci che le hanno solo procurato dipendenza, non è servito confortarsi con l’alcol che le ha creato un’altra dipendenza culminata con una forte depressione.

L’attrice infatti è morta a quarantasette anni per abuso di barbiturici ma non le sarebbe rimasto molto tempo da vivere a causa della grave forma di cirrosi epatica da cui era affetta.

Oscar 2020: Miglior Attore Non Protagonista

l’Oscar 2020 come Miglior Attore Non Protagonista è stato vinto da Brad Pitt, che ha interpretato Cliff Booth in C’era una volta… a Hollywood di Quentin Tarantino. Il personaggio interpretato dall’attore è uno stuntman che vive insieme al suo fedele cane in una roulotte.

Quentin Tarantino ha definito così il suo film:

Io sono di Los Angeles, sono cresciuto qui, avevo 7 anni nel 1969 e questo è davvero un film di Los Angeles, dove ho già ambientato Jackie Brown e Pulp Fiction. È il film più vicino a Pulp Fiction che ho fatto, perché racconta di una coppia di protagonisti e dei moltissimi altri personaggi che incontrano, disegnando un grande arazzo di tutta la città.

Oscar 2020: Miglior Attrice Non Protagonista

L’Oscar 2020 come Miglior Attrice Non Protagonista è stato vinto da Laura Dern, che ha interpretato Nora Fanshaw in Storia di un matrimonio di Noah Baumbach.

Il lungometraggio mostra il deteriorarsi di una storia d’amore che, insieme a ciò che è stato, ridipinge i personaggi con quelle sfumature falsate e malinconiche, che può dare solo da disilluzione umana a fronte di sentimenti che mutano e si abbrutiscono.

Oscar 2020: il Miglior Film di Animazione

Ad Aggiudicarsi l’Oscar 2020 come Miglior Film di Animazione è stato Toy Story 4 di John Lasseter e Josh Cooley.

Quest’ultimo descrive così i film Toy Story:

Credo che il motivo per cui i film Toy Story siano così divertenti sono i personaggi. Parte dell’emozione di un episodio sta nello scoprire personaggi nuovi e vedere come interagiscono con i vecchi. È divertente ritrovare quelli che già conosciamo, ma sarà assolutamente eccitante per il pubblico incontrare quelli che abbiamo appositamente creato per questa storia.

Oscar 2020: Miglior Documentario

L’Oscar 2020 come Migliore Documentario è stato vinto da Made in USA – Una fabbrica in Ohio (American Factory) diretto da Steven Bognar e Julia Reichert.

Il docufilm ci trasporta nella città di Dayton (Ohio) che è stato il polo industriale automobilistico più importante degli anni ’90.

La crisi finanziaria del 2007/2008 porta molte fabbriche al tracollo finanziario e alla conseguente chiusura. I registi fanno un ritratto di una classe media di tute blu che, fino alla crisi economica, poteva vantare un’esistenza agiata, data per scontata, nonostante la mancanza d’istruzione.

Mister Cao, presidente cinese della Fuyao, rivela lo stabilimento della General Motors, assumendo operai del luogo che erano rimasti senza lavoro e includendo operai cinesi in modo da fondere entrambe le esperienze professionali e culturali.

Oscar 2020: Miglior Cortometraggio nella categoria dei Documentari

Oscar 2020 come Miglior Cortometraggio è stato vinto da Learning to Skateboard in a Warzone (If You’re a Girl) diretto da Carol Dysinger.

Lo Skateistan è un’organizzazione no profit in Afghanistan che insegna alle ragazze a leggere, scrivere e a diventare anche delle skateboarder a Kabul.

Le ragazzine imparano ad avere coraggio e fiducia nelle proprie capacità.

Oscar 2020: Miglior Cortometraggio

 

L’Oscar 2020 come Miglior Cortometraggio è stato consegnato a Marshall Curry che ha diretto The Neighbors’ Window.

Il cortometraggio mostra come la vita di due ventenni dallo spirito liberoe disinibito sconvolgano la vita della vicina di casa, una donna di mezza età con  dei bambini piccoli e dai comportamenti di vita rigidi.

Oscar 2020: Miglior Corto Animato

L’Oscar 2020 per il Miglior Film di Animazione è stato consegnato a Matthew A. Cherry che ha diretto Hair Love.

Il tema del documentario è il rapporto tra padre e figlia in situazioni quotidiane. Il corto mostra un papà alle prese con i capelli della figlia.

Zia Lidia Social Club incontra Guido Lombardi al Movieplex di Mercogliano

Parte il ciclo La voce dell’autore, targato Zia Lidia Social Club, una rassegna cinematografica di cinema contemporaneo!

Il primo appuntamento si terrà il 7 febbraio alle ore 20:00 al cinema Movieplex di Mercogliano con la proiezione Il ladro di giorni di Guido Lombardi, che sarà presente durante la proiezione insieme a Gaetano Di Vaio, produttore del film.

Il ladro di giorni è stato presentato lo scorso ottobre alla Festa del cinema di Roma ed uscito nelle sale italiane il 6 febbraio.

Riccardo Scarmarcio è il protagonista de Il ladro di giorni

Il ladro di giorni di Guido Lombardi

Il ladro di giorni: la trama

Vincenzo (Riccardo Scamarcio) viene arrestato quando Salvo (Augusto Zazzaro), suo figlio, ha appena cinque anni. Il bambino rivede il padre dopo sette anni e vive una vita tranquilla finché Vincenzo non reclama il figlio, che deve accompagnarlo in un viaggio di quattro giorni.

La voglia di rivedere il figlio e di passare del tempo con lui non nasce da un sentimento di amore paterno: Vincenzo deve trasportare un carico di droga e viaggiare con un bambino desta meno sospetti.

Come andrà il viaggio? Vincenzo è davvero un padre senza scrupoli?

Per scoprirlo non vi resta che andare al Movieplex di Mercogliano e scoprire qualche particolare in più dalle parole di Guido Lombardi e di Gaetano Di Vaio!

César 2020: i film candidati per la migliore sceneggiatura

Il premio César è un riconoscimento cinematografico che riguarda esclusivamente il grande schermo francese. La prossima premiazione è prevista per il 28 febbraio a Parigi. Tra le varie nomination c’è quella per la migliore sceneggiatura.

Quali sono i film in gara per contendersi il premio per la migliore sceneggiatura?

1. I Miserabili

I Miserabili è un film diretto da Ladj Ly che ne ha curato la sceneggiatura insieme a Giordano Gederlini e ad Alexis Manenti.

Il regista ci offre uno spaccato di Montfermeil, una periferia di Parigi, che è un quartiere pieno di tensioni tra gang locali e forze dell’ordine che cercano di contendersi il potere sul territorio.

I Miserabili è un film che si ispira alle vicende del 2005 e alle rivolte di strada connesse a quel periodo. Quello che ci offre Ladj Ly è uno scorcio sociale e di denuncia.

Il lungometraggio è uscito nelle sale francesi nel 2019 mentre in Italia l’uscita è prevista per il prossimo 12 marzo.

2. Ritratto della giovane in fiamme

Ritratto della giovane in fiamme (2019) è un film di Céline Sciamma che ne ha curato anche la sceneggiatura.

Siamo in Francia ed è il 1770, Marianne, è una giovane pittrice che ha ricevuto l’incarico di ritrarre Héloise, una giovane donna che, appena uscita dal convento, ha ricevuto l’imposizione di sposarsi e lei non vuole.

Marianne e Héloise si troveranno a fare i conti con dei sentimenti nuovi e, a causa dei quali, dovranno intraprendere decisioni importanti per le loro vite.

Ritratto della giovane in fiamme è uscito nella sale italiane lo scorso 19 dicembre.

3. Grazie A Dio

Grazie A Dio è un film di François Ozon, che ne ha curato anche la sceneggiatura.

Siamo a Lione e Alexandre scopre che il prete che abusava di lui continua ad avere un ruolo che gli consente di stare a contatto con i bambini. Da qui inizia il coraggio d’intraprendere una battaglia con il prete, per evitare che altri bambini debbano subìre gli stessi abusi che, tempo addietro, sono stati destinati a lui.

Alexandre scopre molte vittime del sacerdote e insieme, visto il gran numero di abusati, formano un associazione che decide di costituirsi in giudizio legale.

4. The Specials

The Specials è un film di Olivier Nakache ed Eric Toledano (2019), che ne hanbno curato anche la sceneggiatura.

Malik e Bruno (Vincent Cassel) sono amici e colleghi: sono educatori di bambini adolescenti con autismo. I due passano intere giornate, occupandosi di decine di ragazzi e cercando di trasmettergli un vago senso di responsabilità.

The Specials è un film che mostra le falle di un sistema che ormai fa buchi da tutte le parti nonostante ci siano persone che, ogni giorno, si sforzano nel cercare di cambiare, ciascuno nel suo piccolo, un modus operandi devastato.

Il lungometraggio non è ancora uscito nelle sale italiane.

5. La Belle Èpoque

La Belle Èpoque è un film di Nicolas Bedos e ne ha curato anche la sceneggiatura.

Victor e Marianne sono sposati ma con un’idea della loro storia diversa: lei vorrebbe andare avanti mentre lui, nostalgico, vorrebbe ritornare nel passato. La condizione di Victor si riversa anche sul suo lavoro: lui è un disegnatore diventato disoccupato perché rifiuta la grafica digitale moderna.

Marianne decide di cacciare il marito perché non riceve più stimoli da lui che, intanto, si è rifugiata tra le braccia di François, miglior amico di di Victor.

Quasi per gioco Victor accetta l’invito di un’agenzia che mette in scena il passato e da questa messa in scena riuscirà a focalizzarsi sulle derive che ha preso la sua vita lavorativa e sentimentale.

Rispetto all’elenco dei film con la migliore sceneggiatura di BAFTA 2020, quelladel premio César punta, prevalentemente sullla denuncia dei temi sociali.

Dalle ricerche e valutazioni svolte i più accreditati sono The Specials e La Belle Èpoque. Noi tifiamo per I Miserabili o per La Belle Èpoque.

Per scoprire chi si aggiudicherà il Premio César 2020 del film con la migliore sceneggiatura non ci resta che aspettare il prossimo 28 febbraio.

Voi a chi dareste il premio per la migliore sceneggiatura? Scrivetecelo nei commenti.

BAFTA 2020: i film che si sono contesi il premio per la migliore sceneggiatura

I premi BAFTA (British Academy of Film and Television Arts) 2020 sono l’equivalente degli Oscar ma britannici. Tra le diverse categorie è stato premiato il film con la migliore sceneggiatura.

La sceneggiatura è la componente più importante di un lavoro cinematografico e si compone del titolo di scena, la descrizione della trama e la struttura dei dialoghi. La sceneggiatura di un film, per certi aspetti, non si differenzia molto dal copione teatrale  perché all’interno della sceneggiatura di un film vengono riportati i dialoghi dei personaggi e indicazioni di recitazione, movimenti compresi.

Un buon film, nella maggior parte dei casi possiede una buona sceneggiatura.

I film premiati per la migliore sceneggiatura

I lungometraggi con la migliore sceneggiatura premiati nel 2020

Ecco i film che si sono contesi il premio per la migliore sceneggiatura per i BAFTA 2020!

Il vincitore lo troverete alla fine dell’articolo.

1. La rivincita delle sfigate

La rivincita delle sfigate (2019) è un film di Olivia Wilde e la sceneggiatura è stata curata da: Katie Silberman, Emily Halpern, Sarah Haskins e Susanna Fogen. Un cast tutto al femminile come le protagoniste della pellicola.

Amy e Molly sono due studentesse e amiche inseparabili. Le due ragazze come unico scopo hanno avuto quello di avere una condotta irreprensibile per poter accedere alla Yale e alla Columbia. La loro diligenza scolastica e il volersi impegnare socialmente nelle varie attività e associazioni ha avuto un prezzo da pagare: Amy e Molly non si sono mai divertire come i loro coetani.

Con loro grande stupore scoprono che molti dei loro compagni, meno impegnati di loro, sono riusciti ad entrare nelle loro stesse università senza per questo dover rinunciare alla spensieratezza e alla leggerezza tipica di quella età.

Le due amiche decidono di rimediare al tempo perso e sottratto agli eccessi, recuperando in una sola notte tutti gli anni dedicati a sgobbare sui libri.

La rivincita delle sfigate è una commedia che, in fondo, condanna qualsiasi deriva perché l’importante è riuscire a stare nel mezzo.

2. Cena con delitto

Cena con delitto (2019) è un film di Rian Johnson che ne ha curato sia la regia che la sceneggiatura.

Harlan Thrombey (Christopher Plummer) è un romanziere nonché patriarca di una bizzarra famiglia che viene ritrovato morto dalla giovane cameriera, dopo la sua festa di compleanno. Tutto lascia presagire che si sia trattato di un suicidio ma il romanziere di successo ha un’eredità che potrebbe far gola a ciascun membro della famiglia.

Se Harlan Thrombey sia morto per sua mano o meno lo potrete scoprire solo guardo il film.

3. Storia di un matrimonio

Storia di un matrimonio (2019) è un film prodotto e sceneggiato da Noah Baumbach.

Protagonisti sono Charlie (Adam Driver), regista di teatro e Nicole (Scarlett Johansson), prima attrice nonché sua moglie. Lui lavora a New York mentre lei si è trasferita a Los Angeles. La coppia ha deciso di separarsi e la distanza tra i due rappresenta un problema perché i due hanno un bambino.

Il regista mostra come i due, una volta presa la decisione di separsi, non riconoscano più le caratteristiche umane che hanno fatto in modo che tra i due nascesse quel sentimento che li ha portati a stare insieme.

Storia di un matrimonio in modo naturale e sofferenze mostra una storia comune, oggi, a molte coppie di separati.

4. C’era una volta… a Hollywood

C’era una volta… a Hollywood (2019) è un film diretto da Quentin Tarantino che ne ha curato anche la sceneggiatura.

Il regista ci trasporta nel 1969 dove Sharon Tate (Margot Robbie), un’attrice talentuosa nonché sposa di Roman Polanski diventa la nuova vicina di casa di Rick Dalton (Leonardo DiCaprio), una star del piccolo schermo che sta andando in declino.

Il film non ha come protagonista la vicenda di Charles Manson, capo di una setta che ordinò l’omicidio di Sharon Tate, anche se quella vicenda fa parte del film. Ciò che Quentin Tarantino mette in evidenza è quel mondo hollywwodiano degli anni ’70 che oggi, purtroppo, non c’è più.

5. Parasite

Parasite (2019) è un film diretto da Bong Joon-ho che ne ha curato la sceneggiatura insieme a Jin Won Han.

Il film rappresenta in pieno le fratture sociali del nostro tempo, composto da stratificazioni sociali che non hanno più sfumature come un tempo. La pellicola mette a confronto due famiglie appartenenti a ceti sociali agli antipodi e dove a prevalere su ogni cosa, soprattutto la morale, è quel desiderio di denaro e di riscatto sociale che per la famiglia meno abbiente vale più della vita di un essere umano.

Parasite si è aggiudicato il premio BAFTA 2020 per il film con la migliore sceneggiatura.

 

Voi lo avete visto? Cosa ne pensate? Scrivetecelo nei commenti.

Agostino Ferrente incontra gli studenti dell’Istituto Luigi di Prisco di Fontanarosa

Martedì 4 febbraio presso il Multisala Gaveli di Benevento Agostino Ferrente, regista del docufilm Selfie (2019), incontra gli studenti dell’Istituto Luigi di Prisco di Fontanarosa.

L’incontro è realizzato dal festival Corto e a Capo che promuove un percorso di cultura cinematografica rivolto ai più giovani.

Selfie: trailer

il documentario di Agostino Ferrente

Obiettivo Crea è un’attività che nasce all’interno dell’iniziativa Per chi crea, promossa dalla SIAE (Società Italiana Autori ed Editori) e dal Ministero per i beni artistici e culturali, realizzata dall’Istituto Comprensivo Di Prisco insieme all’associazione di Cultura Cinematografica Daena, legata al festival cinematografico Corto e a Capo-Premio Puzo, che da sei anni opera in tutta la provincia irpina e ha come scopo quello di diffondere la cultura cinematografica.

Per chi crea nasce dalla voglia di diffondere la possibilità di acquisire i concetti base del linguaggio cinematografico, per creare una capacità creativa incentrata sulle immagini.  Agostino Ferrente oltre ad accompagnare gli studenti, durante la visione di Selfie, terrà una lezione didattica ai ragazzi, spiegando la tecnica utilizzata durate le riprese del documentario.

Selfie: trailer

Uno dei ragazzi protagonisti del documentario

Selfie è un lungometraggio, selezionato al Festival di Berlino e inserito tra i migliori 15 documentari italiani del 2019 ed è stato considerato dalla critica come film rivelazione dell’anno.

La tecnica utilizzata da Agostino Ferrente per la realizzazione di Selfie è sperimentale perché attraverso la sequenza delle immagini, il regista, riesce a dare una sua poetica capace di raccontare uno spaccato di vita di provincia, che si muove al limite della legalità.

Il documentario di Agostino ferrente

Locandina del film di Agostino Ferrente

Selfie: trama

Alessandro e Pietro sono due ragazzi di 16 anni che vivono nel Rione Traiano di Napoli.

Nel 2014 Davide Bifolco viene ucciso da un carabiniere che, inseguendolo, lo aveva scambiato per un latitante. La collaborazione con Agostino Ferrente nasce un giorno in cui il regista sta parlando con il padre di Davide Bifolco in un bar.

Il regista si rende conto che il cameriere, Alessandro, sta servendo di frettae scopre la motivazione: il ragazzo vuole partecipare alla processione della Madonna dell’Arco.

Agostino Ferrente chiede ad Alessandro se è disposto a riprendere l’evento religioso con il suo iPhone. Quando il regista visiona il materiale video di Alessandtro, in quel momento pensa, che quello può essere il modo migliore per poter raccontare la vita di un ragazzo della stessa età del ragazzino ucciso.

 

Il giorno dopo Pietro si presenta ad Agostino Ferrente, dicendogli che per realizzare un documentario veritiero sulla vita dell’amico deve essere ripreso anche lui perché i due amici sono inseparabili.

Nasce così Selfie, un documentario che racconta la vita di due ragazzi che non si presentano come degli eroi, come nel caso de La paranza dei bambini, ma come dei sedicenni che, nonostante girino senza casco, riescono a distinguere la differenza tra bene e male e che in modo onesto si sottraggono alle tentazioni malavitose di zone periferiche del napoletano.

Se volete approfondire questa tematica vi consigliamo la lettura de La città invisibile di Carmine Zambrotta.

Figli di Giuseppe Bonito: uno spaccato ironico sulla genitorialità di oggi

Giuseppe Bonito, dopo L’Arminuta (2017) tratto dall’omonimo romanzo, torna sul grande schermo con Figli, uscito nelle sale il 23 gennaio.

Il lungometraggio affronta in modo leggero ed ironico l’essere genitori al giorno d’oggi, offrendo anche uno spaccato sociale e politico, che sottolinea la problematica de calo delle nascite, dovute alla precarietà lavorativa e alla mancanza di prospettive reali per il futuro di una coppia che decide di mettere al mondo una vita.

Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea

Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea

Figli: la trama

Nicola (Valerio Mastandrea) e Sara (Paola Cortellesi) hanno già una bambina, la loro vita procede tranquillamente tra i vari impegni lavorativi di entrambi finché non arriva la notizia di una seconda e inaspettata gravidanza.

La gestione familiare in teoria è divisa al 50 e 50 tra i due coniugi ma, come sempre, il carico mentale dell’organizzazione grava interamente sulle spalle di Sara. Con la nascita di Pietro le problematiche si acuiscono perché i genitori bis non riescono a farcela da soli, per la gestione del tempo e dei compiti da svolgere nella quotidianità lavorativa e familiare.

Cercando di trovare una soluzione, tra cartelle esattoriali e affitti da pagare, chiedono aiuto alle rispettive famiglie che appartengono a quell’epoca sessantottina che si è mangiata tutto quello che poteva, che godono di una pensione e che rappresentano la categoria degli ultimi privilegiati di quel sistema politico ed economico che, oggi, non garantisce neanche la metà di ciò che, in passato, è stato dato a loro.

L’unica soluzione che trovano idealmente Nicola e Sara, nei momenti più critici, è quella di scaraventarsi fuori dalla finestra della loro abitazione e di fuggire, cercando una quiete apparente.

Figli: il trailer

Vario Mastandrea e Paola Cortellesi sono i protagonisti di Figli

Figli: lo spaccato sociale di oggi

Giuseppe Bonito, oltre a mettere in evidenza la criticità economica, politica e sociale del nostro tempo, si sofferma sull’individualismo e sul forte egoismo, che anima la maggior parte delle nostre scelte. Un esempio lampante è dato dalla scena in cui Nicola chiede aiuto a Cabo (Giorgio Barchiesi), suo padre, per aiutarlo a tenere il piccolo Pietro quando lui e Sara sono a lavoro.

Cabo, alla richiesta di aiuto familiare, risponde al figlio di non essere in grado di poterlo fare per mancanza di energie ma, subito dopo questa risposta, Nicola viene a sapere che Cabo sta cercando di diventare padre con la sua nuova compagna, molto più giovane di lui.

Figli è un film che lascia un sorriso amaro perché esasperando alcune situazioni, ci porta a riflettere sulla criticità sociale di oggi perché ciascun aspetto della nostra vita, anche quello più privato, è strettamente connesso a tutto ciò che ci gravita intorno anche se, apparentemente,la società ci sembra lontana dalla nostra quotidianità.

Paola Cortellesi, dopo Ma cosa ci dice il cervello, torna a farci sorridere con l’ironia che la contraddistingue infatti ne consigliamo vivamente la visione.

La stella di Andra e Tati: un corto animato sulla Shoah

La stella di Andra e Tati (2018) è un corto animato diretto da Rosalba Vitellaro e prodotto da Rai Ragazzi insieme al Miur e a Larcadarte che ha come tema la Shoah.

Il corto animato racconta la vera storia di Andra e Tati Bucci, due sorelle italiane sopravvissute allo sterminio nazista.

La stella di Andra e Tati è un lavoro coraggioso e che, nonostante l’uso dell’animazione, non fa omissioni e sconti nel trattare in modo diretto questa tematica.

La stella di Andra e Tati: corto animato

Il corto animato che parla dell’olocausto

La storia di Andra e Tatiana Bucci

Tatiana (1937) e Andra (1939) nascono a Fiume e sono figlie di Giovanni Bucci, un fiumano cattolico e di Mira Perlow, originaria della Bielorussia ed ebrea.

Mira Perlow si era trasferita a Fiume nei primi anni del ‘900, per sfuggire dai pogrom zaristi (attacchi nei confronti della minoranza ebrea attuati tra il 1881 e il 1921).

La scelta di vivere a Fiume sembrava essere la migliore perché avendo, la città, uno sbocco sul mare, poteva permettere una via di fuga in caso di pericolo.

Purtroppo, dopo l’8 settembre del 1943, a Fiume vengono applicate le leggi razziali tedesche che danno il via alle deportazioni.

Il 28 marzo del 1944, dopo una denuncia fatta dall’ebreo Plech, Anna, Tatiana, la madre, il cugino e la zia vengono arrestati e trasportati a Susak per giungere il 4 aprile del 1944 ad Auschwitz.

Andra e Tati Bucci

Il corto animato che racconta l’olocausto

La legge di Auschwitz prevedeva che donne e bambini venissero uccisi, appena arrivati al campo di concentramento, per chi avesse più di sessant’anni e meno di quindici.

Andra e Tatiana, probabilmente scambiate per sorelle gemelle, vengono mandate nel Kinderblock, una baracca dove c’erano i bambini destinati ad esperimenti.

Le sorelle sono riuscite a  sopravvivere per circostanze del tutto eccezionali perché, generalmente i bambini venivano immediatamente mandati alle camere a gas e uccisi, fatta eccezione per gemelli o bambini giudicati interessanti per esperimenti medici o per altre mansioni particolari nel campo.

Andra e Tatiana vengono liberate nel 1945 e oggi sono tra le più importanti testimoni dello sterminio degli Ebrei.

Il corto animato sulla Shoah

La stella di Andra e Tati

Concludiamo e ricordiamo il Giorno della Memoria con le parole del filosofo Emmanuel Lévinas, che ha basato la sua filosofia ispirandosi a temi biblici ed ebraici e muovendo da una contestazione della tradizione ontologica del pensiero occidentale come ricerca di una teoria generale dell’essere, dominata dal principio della totalità.

Per noi la crisi dell’ideale umano – greco o romano – si annuncia nell’antisemitismo, che è nella sua essenza odio dell’uomo altro, vale a dire odio dell’altro uomo.

Francesco Amato ci racconta la vera storia di Elisa Girotto

18 regali è l’ultimo film di Francesco Amato, che porta sul grande schermo la triste storia di Francesca Girotto, una giovane madre trevigiana che, durante la gravidanza, scopre di avere un tumore al seno in stadio avanzato, che le strapperà la vita, impedendole di veder crescere sua figlia.

Francesca decide di colmare la sua assenza, preparando, prima della sua morte, 18 regali per sua figlia affinché l’accompagnino durante la sua crescita. La scelta di Francesca nasce dal desiderio d’amore che vorrebbe dare una madre ad una figlia, dal desiderio di essere presente nei momenti cruciali della sua vita e dalla voglia di farsi conoscere come donna e come persona familiare, nonostante tutto e nonostante l’impossibilità della presenza fisica e quotidiana.

18 regali

Vittoria Puccini e Benedetta Porcaroli

18 regali: la trama

Elisa (Vittoria Puccini) ha quarant’anni, lavora in un’agenzia interinale ed ha un compagno: Alessio (Edoardo Leo), un trainer calcistico da cui aspetta un figlio. La loro vita familiare procede tranquillamente fino a quando la donna scopre di avere un tumore avanzato, che le impedirà di vivere e di godersi sua figlia. Elisa, infatti, muore lo stesso giorno in cui mette alla luce Anna (Benedetta Porcaroli), la bambina che porta in grembo.

Anna cresce e, ad ogni suo compleanno, scarta il regalo della mamma ma non si spiega il motivo per cui non è la mamma stessa a darglieli e perché non l’ha mai vista. Alessio è costretto a spiegare l’assenza della madre, accompagnandola al cimitero.

Andando avanti negli anni, Anna trova fastidioso aprire i regali della madre e nel giorno del suo 18esimo compleanno decide di non aprire l’ultimo regalo di Elisa e di non partecipare alla festa che Alessio e i suoi nonni hanno organizzato per lei, fuggendo di casa.

La ragazza decide di scappare di casa ma, durante la fuga, viene investita ed entra in coma.

Locandina 18 regali

Locandina dell’ultimo film di Francesco Amato

Attraverso l’espediente del coma Francesco Amato trova un filo conduttore straziante che mette in contatto Elisa e Anna. La ragazza, infatti, conosce la madre e rivive con lei quel tempo in cui Elisa scopre di avere un tumore e decide di prepararle i 18 regali.

18 regali è un film che, oltre a farci riflettere sull’importanza della vita, pone lo spettatore davanti l’importanza della comprensione all’interno di un nucleo familiare perché Anna, durante il viaggio temporale che le permette d’ incontrare la madre, conosce anche il padre e ne scopre lati che fino a quel momento non aveva compreso.

Il lungometraggio di Francesco Amato parla di quei legami visibili e invisibili, che si riassumono con il termine di legami familiari, e ci porta a riflettere sull’importanza che ha il donare senza remore e senza confini temporali.

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